12. Un nuovo lupo

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Mi avvicinai alla casa. Non ero mai stata così in ansia, ma sentivo che era giunto il momento di dirglielo. Feci un bel respiro e suonai il campanello.
Passò circa un minuto ed un piccolo bambino dai tratti hawaiani venne ad aprire la porta. «Ciao» disse vedendomi. Quando sorrideva si formavano sempre due fossette nelle guanciotte tonde e gli occhi sembravano assumere la forma di una piccola mezzaluna. Era davvero dolce.
«Ciao, Kanai'i, c'è Andrea, per caso?» domandai gentilmente.
Il bambino era il fratellino adottivo di Andrea ed arrivato nella famiglia circa tre anni prima. Lo avevo conosciuto quasi in concomitanza con lo scontro contro i Volturi.
Kanai'i annuì e si spostò per farmi passare. «È in camera sua».
Entrai nella casa e salii le scale per dirigermi dove mi aveva indicato. Ormai conoscevo perfettamente quella casa.
Bussai alla porta ed entrai mentre Andrea rispondeva "avanti".
«Ehi, Chiara, cosa ci fai qui?» domandò stupito, appena mi vide.
«Io... ti... devo parlare» risposi incerta. Non ero più sicura di volergli rivelare che cosa era accaduto con il professore.
«È successo qualcosa di grave?» chiese, rivolgendo tutta la sua attenzione a me, mentre chiudeva il libro di storia.
«Teoricamente no... Ma... non possiamo parlarne fuori? Non vorrei che una tua reazione strana attirasse l'attenzione di tuo fratello».
«Ok...» rispose incerto e si alzò. Mi superò e scese giù per le scale.
Ancora non capivo bene il suo comportamento. Riusciva a passare dal fare mille domande nei momenti peggiori a non farne quasi nemmeno una e fidarsi ciecamente.
Lo seguii in silenzio.
Attraversammo il salotto dove Kanai'i, felicemente accoccolato nel divano, guardava i cartoni.
«Hai finito i compiti?» chiese Andrea, fermandosi per un attimo.
«Sì» sorrise lui mentre osservava rapito il combattimento tra due robot.
«Se mamma si arrabbia perché non li hai fatti sono cavoli tuoi» lo minacciò il fratello.
«Li ho finiti» annuii.
Andrea sorrise e si strinse nelle spalle, per poi guidarmi verso la porta sul retro.
La superammo e camminammo nel suo giardino fino a raggiungere una panchina, posta al confine con il bosco. La maggior parte delle case di Forks si trovava vicino agli alberi del bosco.
«Allora? Cosa succede?» domandò Andrea sedendosi sulla panchina. Mi fece cenno di sedermi, ma scossi la testa.
«Preferisco restare in piedi» risposi ed iniziai a camminare avanti e indietro. «Non so bene come iniziare il discorso» ammisi «Ho paura che potresti arrabbiarti o rimanere sconvolto o non lo so...».
«È una cosa bella o brutta quella che vuoi dirmi?».
«Dipende dai punti di vista, credo...».
«Non... non avete deciso di trasferirvi, vero?».
Scossi la testa. «No, non ancora».
Andrea rimase in silenzio per un attimo, nel mentre che io mi preparavo mentalmente un discorso che contenesse tutto ciò che dovevo dirgli. L'unico problema era che riuscivo a pensare solo ad un inutile e confuso ammasso di informazioni.
«Aspetta, non è che...» Andrea sgranò gli occhi ed impallidì.
«"Non è che", cosa?» chiesi. È possibile che abbia capito da solo?
«Non è che... no... cioè, è da tanto che noi non... no, è impossibile, non puoi... a meno che...» iniziò a blaterare.
Notai che anche lui, come me, non riusciva a formulare un discorso completo.
Siamo messi bene... Pensai sarcastica.
Gli lessi velocemente i pensieri per poter capire di cosa stesse parlando. Non mi piaceva invadere la privacy delle persone, ma questa volta era l'unica soluzione veloce.
Spalancai gli occhi sentendo ciò a cui stava pensando ed arrossii. «No, Andre!» scoppiai a ridere senza un motivo logico «Io non sono incinta...».
Tra tutte le cose a cui poteva pensare, l'essere incinta era proprio l'ultima!
Feci una breve pausa e sorrisi divertita notando il suo viso che riprendeva un po' di colorito ed il suo sospiro di sollievo. «È un'altra cosa di cui ti devo parlare, ben peggiore di un figlio...».
«Cosa?» domandò preoccupato.
«Non so come dirtelo...».
«Provaci» rispose dolcemente, avvicinandosi a me.
«No, ti... ti pregherei di restare seduto» gli dissi spingendolo delicatamente verso la panchina. «Non vorrei che tu abbia una reazione strana che possa comportare svenimenti o cose simili».
«Stai peggiorando la situazione... che cosa vuoi dirmi?» domandò preoccupato, sedendosi. «Vuoi... Lasciarmi?» mormorò incerto.
«No... Non c'entra nulla con noi come coppia» sbuffai scuotendo la testa.
«Ok» sospirò di sollievo «Allora cos'è?».
«Ecco, beh... hai presente il prof di biologia? Quello che si è scoperto essere il cacciatore?».
«Quello che Ty ha ucciso?».
«Esatto...».
«Sì, me lo ricordo abbastanza bene, è morto solo una settimana fa. Che cosa devi dirmi?».
«Prima che arrivasse Tyler mi ha rivelato una cosa... una cosa che potrebbe sconvolgerti un pochetto».
«Che cosa?» domandò con un flebile sussurro.
«Tua nonna lo ha assoldato per uccidermi» dissi in un attimo. Bomba sganciata. Pericolo! Urlò una vocetta nella mia mente. Poiché non rispose aggiunsi: «Carlisle credeva che fosse giusto fartelo sapere e...».
Andrea alzò una mano, per intimarmi di stare in silenzio, così assecondai la sua decisione.
Dopo una decina di minuti riprese a parlare: «Mia nonna, quella italiana super convinta dell'esistenza del licantropi, ha assoldato un uomo per ucciderti?» scosse la testa, guardando in basso. Ridacchiò «Non posso crederci, è irrealistico».
«Lo so, anch'io stentavo a crederci, ma posso darti tutte le prove che vuoi...».
Andrea si passò una mano fra i capelli. «Prove? Hai delle prove?» chiese guardandomi.
Annuii. «Con gli altri siamo andati a casa del prof e abbiamo trovato tante cose... ciò che mi ha fatto capire la veridicità delle sue parole sono state delle lettere» presi lo zaino che avevo sulla schiena e glielo porsi «Sono tutte quelle che ho trovato. È una corrispondenza fra tua nonna e il cacciatore».
Scosse la testa. «Non... chi mi dice che siano vere?».
«Non ti fidi di me?» domandai ferita nel profondo. Come poteva non fidarsi?
Era una situazione assurda anche ai miei occhi, vero, ma avevo delle prove!
«Hai sempre odiato mia nonna... non so perché dovrei crederti...». Prese lo zaino ed aprì una lettera a caso. Fece un'amara risata «È in italiano, presumo. Io non l'ho capisco!». Colto da un attacco d'ira buttò a terra lo zaino ed il suo contenuto
Guardai la scena, confusa. Mi aspettavo una reazione strana, ma non così.
«Potrei leggertele io» proposi gentilmente, avvicinandomi.
«Certo! Così magari cambi le cose che ci sono scritte, sempre che non siano già false!» rispose alzandosi e dandomi una spinta.
Arretrai, perdendo leggermente l'equilibrio, ma rimasi in piedi. «Ehi, che ti succede?» gli domandai.
Prese lo zaino e si allontanò velocemente.
«Andrea!» lo richiamai inseguendolo. Gli presi un braccio, fermandolo. «Dove vai?».
«Lasciami in pace!» rispose allontanandosi bruscamente. «Devo... devo solo pensare per un po', da solo» aggiunse e si passò una mano sul viso, poi corse via. Rimasi dove mi trovavo, e sentii il rumore della sua moto che si allontanava.
Perché gliel'ho detto? Mi chiesi avvicinandomi al bosco.
Puntualmente tutte le volte che decidevo di fare qualcosa senza pensarci bene la situazione precipitava in una frazione di secondo.
Appena fui sicura di essermi allontanata abbastanza da qualsiasi presenza umana mi trasformai ed iniziai a correre verso casa.
«Ehi, salve!» disse Seth.
Ciao... risposi abbattuta.
Lo sentii fare una smorfia. «Andre non l'ha presa bene, vero?». Sentiva dai miei pensieri che la rivelazione non era stata propriamente accettata. Decisi di ripensare a ciò a cui avevo appena assistito, in modo da farglielo vedere con più chiarezza.
Seth sospirò. «Dove sei? Così ti raggiungo».
Troppo vicino agli umani.
«Allora vieni tu qui». Mi mostrò ciò che vedeva: due zone boscose separate da un fiume. Sapevo precisamente dove si trovava, oltretutto in quel punto il fiume segnava il confine fra il territorio dei licantropi e quello dei vampiri.
No, voglio seguire Andre. Risposi involontariamente, accorgendomi solo in quel momento di star seguendo il suo odore.
«Chiara, ti ha detto che voleva stare da solo, lascialo in pace».
Oh, Seth, non fare storie. Non lo conosci come lo conosco io.
«Peggiorerai la situazione».
Non è vero! Ringhiai. Avevo paura che potesse fare un incidente perché era arrabbiato e la sua spalla non era ancora guarita sul serio.
Non ascoltai le proteste di Seth e mi spostai in quella che definivo la mia "mente privata". Ossia un "luogo" dove non potevo sentire gli altri lupi e loro non potevano sentire me.
Avevo scoperto questa mia abilità quasi per caso, quando avevo provato ad innalzare delle barriere attorno alla mia mente e mi ero ritrovata isolata dagli altri membri del branco.
Probabilmente questa cosa, il poter comunicare mentalmente con chiunque e il poter sentire i pensieri facevano parte di un'unica abilità.

It's my lifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora