Capitolo 67

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10 Gennaio 2016, 9:30.
Giorno del matrimonio.

«Alex...sono agitato! Una sensazione strana.»
«Tranquillo Marc! Tra 2 ore la vedi! Credo che sia più emozionata di te!»
«Non vedo l'ora...sai nulla del vestito?»
«So! Ma non voglio rovinarti la sorpresa.»

Erano entrambi in smoking blu notte.
Erano bellissimi.

«Giulia!! Mi sento male!!»
«Daaaaiiii!!! Lo sognavi da una vita questo momento! Lo hai sognato dalla prima volta che hai conosciuto Marc! Hai capito fin da subito che era l'uomo fatto per te! Non raccontarmi stronzate!»
«Lo sai!! Te l'ho sempre detto e non l'ho mai negato!»
«Andiamo signorine! La carrozza vi aspetta!»
Vincenzo era emozionatissimo, con lui c'era anche mio zio, l'uomo che mi avrebbe accompagnato all'altare.

Marc era agitato. Giocherellava nervosamente con l'oroglio.
Poi tutti in piedi, di colpo.
Sentivo il cuore battere all'impazzata, le gambe tremare. Guardai mio zio e presi coraggio. Un respirone e scesi dalla macchina seguita da Giulia.

La marcia nuziale scosse la piccola chiesa di Andorra.
Ad ogni passo mi sentivo lo stomaco contorcersi sempre più.
Marc era la, in fondo alla navata centrale, che mi aspettava per giurarmi amore eterno.

La mia mano passò velocemene dalla mano di mio zio a quella di Marc.
Anche lui aveva le mani sudate e gli occhi colmi dall'emozione.
Tutti i nostri progetti stavano iniziando ad avere una forma.

La cerimonia mi sembrava scorrere velocissima.
In un battibaleno ci furono le promesse.
Marc aveva la voce ferma, sembrava impassibile. Si era tranquillizato, aveva lo stesso sguardo di quando sa che farà la pole. Era bellissimo, ed era MIO.
Mi prese con fermezza la mano per poi mettermi la fede al dito.
Mancai un battito.
Toccava a me e le parole proprio non riuscivo a farmele uscire di bocca.
Avevo la bocca secca, le mani tremanti, la voce rotto da chi sa cosa.
Mi imposi di tranquillizzarmi.
Riuscii a terminare la mia promessa con una bellissima frase del Liga, che piaceva tanto a Marc "L'amore conta! Conosci un altro modo per fregar la morte?".
Scosse la testa, come era solito fare quando io li canticchiavo quella canzone.
Sorrisi mentre li mettevo la fede.
Poi il bacio.
Un singolo bacio.
Per noi fu un piccolissimo bacio. Di quelli quasi di circostanza.
Odiavamo entrambi quando qualcuno ci chiedeva di baciarci per fare qualche foto.
Nonostante tutto quello era un momento molto intimo. Per quasi un anno avevamo nascosto i nostri baci al mondo.

Una valanga di riso ci aspettò alla porta della chiesa.
Erano tutti li. Dai meccanici ai piloti, i parenti di Marc e quei pochissimi parenti miei.

Suppo li porse i caschi.
Stavo morendo.

«Occhio alla zavorrina! Non vorrai farli sciupare il vestito?!?»
Risero per poi accendere la moto.

Marc mi guardò:
«Arreggiti!»
«Non voglio certamente volarmene in terra il giorno del matrimonio!»

Montò e mi fece segno di salire.
Appoggiai la mia mano sulla sua coscia.
Mi tornò in mente la prima volta che montai con lui in moto.

Impennò.
Penso di averlo mandato a fanculo in tutte le lingue del mondo.

Dietro di noi Alex e Giulia, anche loro in moto.
Poi tutti gli altri.

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