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"Grazie ancora, Bella."- l'uomo davanti a me, nonché proprietario del bar nel quale avevo appena suonato, mi sorrise cordialmente, porgendomi la mia paga che afferrai successivamente, ricambiando quel sorriso sghembo, anche se lo forzai un po'. In fondo, perché mai avrei dovuto sorridere? Ai miei occhi sembrava essere un impresa ardua. "Grazie a lei."- borbottai, voltandomi. Aprii il mio zaino e frugai al suo interno in cerca delle chiavi della mia auto malandata ma la sua voce mi richiamò ancora, facendomi roteare gli occhi. Insomma, non poteva lasciarmi andare e basta? Se il suo intento era quello di ringraziarmi ancora una volta, be', ne avevo abbastanza. "Aspetta, Bella. -fece una pausa, tossendo- mi chiedevo se ti andrebbe di tornare, domani sera."- concluse, attirando la mia attenzione. Mi voltai solo con il busto verso di lui, alzando le sopracciglia. Inutile dire che il mio sguardo divenne incredulo e pensai mi stesse prendendo in giro. Cantavo e suonavo ovunque da tre anni e mai nessun locale mi aveva chiesto il bis, malgrado io volessi. Perché, si, un 'posto fisso' non mi avrebbe fatto mica male, e nemmeno alla mia famiglia a dir la verità. "Dice sul serio?"- chiesi, corrugando la fronte. Lui sorrise speranzoso, annuendo subito dopo. "Certo!"- fece un passo verso di me, tirando fuori dalla tasca dei suoi pantaloni di velluto altre banconote che infilò nella tasca della mia giacca. Io osservai i suoi gesti, spalancando gli occhi. "Ti aspettiamo domani, allo stesso orario."- annunciò, avviandosi verso l'entrata senza darmi l'opportunità di controbattere. Anche se, in fin dei conti, non avevo nulla da ridire a riguardo.

Chiusi lo sportello della mia macchina, afferrando il volante tra le mani. Guardai davanti a me, fissando la grande insegna luminosa del locale. Sospirai, scuotendo la testa mentre giravo la chiave nel nottolino, mettendo in moto l'auto. Ebbene si, i miei genitori gestivano un piccolo bar in periferia ma, a causa del poco flusso di gente, ciò che riuscivano a racimolare a fine mese, non era mai sufficiente. Dunque, subito dopo aver compiuto quindici anni, decisi di sfruttare la mia passione per aiutare economicamente. Riuscivo a portare a casa quel che bastava per pagare le bollette e la spesa. Insomma, lo stretto necessario. Quella sera, dopo l'attesa proposta del signor Willson, un barlume di speranza si accese. Malgrado il banale rapporto tra me e i miei genitori, in quella casa ci vivevo anche io e sapevo di dover aiutare, inutile dire che lo facevo maggiormente per Tom, mio fratello. I suoi cinque anni mi facevano tenerezza. Scossi la testa e feci più pressione sull'acceleratore. [...]

Varcai la soglia del grande cancello della mia scuola. Strinsi tra le dita lo zaino nero, guardandomi intorno con la solita espressione annoiata. I soliti e stupidi gruppetti da una parte, i nerd dall'altra. La mia scuola era divisa in fottute categorie, si, e non c'era cosa più odiosa. Io? io non facevo parte di nessuna categoria, ma avevo un gruppo molto ristretto. Infatti, John, il mio migliore amico, stava camminando verso di me. Puntai il mio sguardo su di lui, accennando un sorriso. "Buongiorno, biondina."- mi scompigliò i lunghi capelli biondi, facendomi sbuffare. Lui, in risposta, rise. "Buongiorno anche a te, John."- roteai gli occhi, cercando di ripristinare la forma dei miei capelli. Mi portai una ciocca dietro l'orecchio, infilando poi le mani nelle tasche della felpa. "Che cosa hai fatto ai capelli?"- corrugò la fronte, prendendo una delle tante ciocche colorate di verde. Io gli schiaffeggiai la mano, così da liberare i miei capelli dalla sua presa. "Sono verdi."- continuò, camminando poi dietro di me. Cercai di ignorarlo mentre mi avviavo verso l'entrata della scuola, prendendo a spallate metà degli studenti che non si preoccupavano di spostarsi. "Che corso abbiamo ora?"- cambiai discorso, aprendo il mio armadietto. Ci infilai i libri che non mi servivano e lo richiusi, facendo anche rumore a causa della troppa forza. "Storia."- rispose lui, sbuffando nel mentre. Appoggiai le spalle contro l'armadietto, chiudendo per un attimo gli occhi. Odiavo quel posto, odiavo chiunque lo frequentasse. Se il diploma non fosse stato necessario, probabilmente non l'avrei nemmeno guardata per sbaglio, quella scuola. Prima che potessi roteare gli occhi e lamentarmi del brutto andazzo di quella struttura, una ragazza attirò la mia attenzione. I lunghi capelli castani legati in una crocchia disordinata, così da mostrare la rasatura ai lati molto inusuale. Notai il piercing al naso e il suo viso dai lineamenti dolci. Indossava una felpa bordeaux e dei jeans più strappati dei miei, ai piedi delle vans consumate e stilizzate da lei - si capiva benissimo grazie ai disegni fatti in penna. Se ne stava lì, da sola, con il suo iphone tra le mani e lo sguardo scocciato. Non l'avevo mai vista prima ed ero una persona troppo curiosa per lasciar stare. "Chi è quella?"- borbottai facendo cenno verso la ragazza. John spostò l'attenzione su di me, infilando un libro nel suo zaino. "Davvero non lo sai?"- alzò le sopracciglia, accennando una risata. Stava ridendo di me, per caso? Presi tra le dita un lembo di pelle dal suo braccio, stringendolo fino a farlo sussultare. "Cazzo, smettila!"- imprecò, massaggiandosi il punto in cui lo avevo pizzicato. Incrociai le braccia contro il petto, attendendo una risposta. "Si chiama Rosie, ha frequentato solo il primo anno in questa scuola. I suoi hanno divorziato subito dopo e lei è stata portata via dal padre per ben due anni, senza lasciare tracce. A quanto pare la madre è riuscita a trovarla ed è tornata qui. Non è una ragazza di molte parole."- spiegò senza mai distogliere lo sguardo da lei, proprio come me. Sospirai, spostando poi lo sguardo sul mio migliore amico. "Come diavolo fai a sapere tutte queste informazioni?"- roteai gli occhi -stupido vizio- e presi lo zaino che avevo buttato precedentemente sul pavimento. "Le voci girano."- alzò le mani in segno di innocenza, guardandomi con uno sguardo esilarante. Lasciai stare, prendendo a camminare verso l'aula di storia, seguita da lui come fosse un cagnolino. Mi voltai per l'ultima volta alle mie spalle, verso di lei, ma non c'era più.

DANGEROUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora