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Una settimana. Non vedevo Rosie Marshall da una lunghissima settimana e mentirei se dicessi che non sentivo la sua mancanza, malgrado mi fossi messa in testa obbiettivi ben chiari, e dimenticarla era tra questi. Feci ribalzare la balla da basket contro il pavimento, cercando poi di fare canestro, e ci riuscii al primo tentativo. Mi passai una mano tra i capelli, sbuffando. Ebbene si, avevo trovato rifugio nella palestra della scuola, saltando le lezioni. "Ancora qui?"- una voce familiare alle mie spalle mi distrasse, invogliandomi a voltarmi. John se ne stava appoggiato al muretto, con le braccia conserte e uno sguardo preoccupato. Feci cenno verso di lui, a mo' di saluto, afferrando nuovamente la palla. "Che ti prende?"- continuò, raggiungendomi. Prese la palla dalle mie mani, facendo un tiro che azzeccò alla grande. Fece un mezzo sorriso, contagiando un po' anche me. Infilò le mani nelle tasche dei jeans, schiarendosi la voce, aspettava una mia risposta, che non arrivò. Sospirò pesantemente, abbassando per un attimo lo sguardo sul pavimento, tornando a guardarmi subito dopo. "Si tratta di Rosie, vero?"- borbottò, alzando le sopracciglia. Distolsi lo sguardo da lui, annuendo. Per un attimo mi sentii in colpa, non volevo tradire la sua fiducia. Avevo fatto di testa mia, come sempre, senza dare ascolto a lui. "Ascolta, Bels. Quella lì, non è una bella persona."- fece un passo verso di me, abbassando il tono della voce. Con quell'affermazione attirò tutta la mia attenzione, dimostrandomi di saperne molto di più di quanto mi avesse detto. Corrugai la fronte, incitandolo a continuare. "No, non ti dirò di più. Ma devi starle lontana."- disse con fermezza, sistemandosi lo zaino sulle spalle. "Quello che si dice di lei in giro, non è affatto rassicurante."- continuò, ma lo bloccai immediatamente. "Lo sai meglio di me che tendono tutti ad esagerare su qualsiasi cosa."- sbottai, passandomi una mano sul viso. Lui scosse la testa, roteando gli occhi. "Cazzo, Bels. Un fondo di verità c'è sempre!"- alzò la voce, alzando le braccia per poi farle ricadere lungo i fianchi. "Questa ragazza sta diventando una fottuta ossessione malata. Non puoi semplicemente lasciar stare ed evitare di farti del male? Sei masochista, per caso? -Sbraitò, tirandosi le punte dei capelli con le dita- Fai quello che vuoi, okay? Ma, quando ne uscirai ferita, non venire a piangere dal sottoscritto."- concluse, sparendo dalla mia vista. Chiuse in modo brusco la porta alle sue spalle, facendomi sussultare. Aveva ragione, in fondo. Cosa avrei mai potuto dire in mia difesa? Effettivamente quella ragazza non mi aveva mai dato modo di pensare si potesse aprire con me, ed io stavo solo camminando a vuoto, senza nulla di concreto tra le mani. Stavo perdendo lentamente la mia salute mentale, non facevo altro che pensare a lei e a quel che nascondeva - qualsiasi cosa fosse. [...]

Dunque mi ritrovai nuovamente lì, sulla stessa panchina di sempre, in quel parco abbandonato e cupo, a causa delle nuvole scure. Lasciai che il vento scompigliasse i miei lunghi capelli, facendo spegnere anche la sigaretta appena accesa. La portai alle labbra, facendo un lungo tiro. La nicotina fungeva da anti stress, anche se al momento non risultava tanto utile. Sospirai, afferrando la mia chitarra classica, che appoggiai sulle ginocchia. Mi rigirai tra le dita il plettro, cercando un po' di ispirazione che solitamente quel posto mi dava. Solo una canzone mi passava per la testa, in quel momento. La conoscevo a memoria e mi faceva piacere suonarla e cantarla, infondeva tranquillità. Dunque, iniziai a muovere le esili dita sulla chitarra, lasciandomi trasportare dalle note di let her go (passenger) "Well you only need the light when it's burning low.
Only miss the sun when it starts to snow.
Only know you love her when you let her go.
Only know you've been high when you're feeling low. Only hate the road when you're missing home.
Only know you love her when you let her go
And you let her go."- inevitabilmente sorrisi, sollevando lo sguardo sul laghetto davanti a me, illuminato dai pochi raggi del sole. Ma una voce poco gradita -o forse no- si intromise, bloccando quel momento. "Wow.."- mi voltai di scatto, ritrovandomi davanti all'unica persona che volevo evitare. Deglutii, restando in silenzio mentre mi guardava. Si mosse sul posto, alzando le maniche della felpa fino ai gomiti, abbassando anche il cappello che copriva i suoi capelli chiari. "Non sapevo cantassi."- continuò, distogliendo lo sguardo da me. Per quale assurdo motivo mi parlava con la totale tranquillità? "Tu non sai niente di me."-borbottai, tornando a guardare davanti a me. Sospirai silenziosamente, stringendo tra le dita il plettro. "Hai ragione."- rispose lei, prendendo posto accanto a me, sorprendentemente. "Dai, suonami qualcosa."-mi rivolse un cenno di sorriso, incrociando le gambe sulla panchina. Io mi voltai verso di lei, corrugando la fronte. Consideravo la musica come qualcosa di estremamente intimo, malgrado cantassi spesso davanti ad un publico. Ma non avevo mai cantato per qualcuno in particolare, e il pensiero di farlo per lei, non mi dispiaceva poi così tanto. In quel momento mi sentii totalmente incoerente con me stessa, ma sospirai e mi schiarii la voce, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "E cosa riceverò in cambio?"- alzai le sopracciglia, cogliendo l'opportunità al volo. Lei rise, guardando davanti a se. Ci stava riflettendo su, pressando le labbra assieme. Il suo viso era illuminato per metà, ed era semplicemente bellissima. "Ti concedo una sola domanda, alla quale risponderò sinceramente."- tornò a guardarmi, appoggiando una mano sul suo cuore, giurando solennemente. Io non dissi nulla, annuii e basta, riprendendo a muovere le dita sulla chitarra. (ho hey - the lumineers)
"I been trying to do it right.
I been living a lonely life
I been sleepin' here instead
I been sleepin' in my
I been sleepin' in my bed
so show me family
all the blood that I will bleed
I don't know where I belong
I don't know where I went wrong
but I can write a song - lei, riconoscendo la canzone, cantò il ritornello assieme a me, facendomi sorridere ampiamente- I belong with you, you belong with me, you're my sweetheart
I belong with you, you belong with me, you're my sweet'."- mi fermai, puntando i miei occhi su di lei che, come me, stava sorridendo. Forse per la prima volta. Non era poi così male, stare in sua compagnia. "Dai, fammi questa domanda."- piantò i piedi a terrà, divaricando le gambe. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia, leccandosi le labbra piene. Io la mia domanda già ce l'avevo, e speravo mi rispondesse realmente sinceramente. "Perché quel tizio ti puntava una pistola contro?"- borbottai, lasciando a terra la mia chitarra. Lei non fu sorpresa, anzi, abbozzò un sorriso, sospirando successivamente. "Davvero non hai mai sentito parlare di me?"- mi guardò, raddrizzandosi con la schiena. "Avrei dovuto?"- incrociai le braccia contro il petto, alzando le sopracciglia. "Non credo a quel che si dice in giro, solitamente."- continuai, pressando le labbra assieme. Lei, si, in quel momento rimase quasi sorpresa. Distolse lo sguardo da me, puntandolo davanti a lei. Nel frattempo, quel leggero venticello era sparito, e le nuvole si erano spostate, lasciando il posto al sole pomeridiano. "Non scorre buon sangue tra me e mio padre. Insomma, dopo avermi sequestrata da mia madre, senza il mio volere, ha abusato di me per parecchi mesi, impedendomi di uscire alla luce del sole. O almeno, così pensava -mi rifilò uno sguardo veloce, leccandosi ancora le labbra- Quando usciva per lavoro, riuscivo a scappare. Ho passato un anno della mia vita in uno strano covo, assieme a dei ragazzi che mi hanno insegnato alcune cose che ad oggi mi sono utili. Quel tizio è solo qualcuno che lavora per mio padre, malato quanto lui."- alzò le spalle, come se stesse parlando della sua normalissima e monotona vita quotidiana. Prima che potessi parlare, però, riprese a camminare. "Si parla male di me, in giro. Lo so benissimo. Il mio arresto ha influenzato il giudizio della gente, sul mio conto. Ma non mi pento affatto, di quel che ho fatto. L'ho fatto per delle buone ragioni."- si alzò da lì, strofinando le mani sui pantaloni da basket, sospirando. Io rimasi lì, in silenzio. Distolsi per un attimo lo sguardo da lei, scuotendo la testa. "Per cosa ti hanno arrestata?"- alzai nuovamente lo sguardo su di lei. "Una sola domanda, Bels."- mi ricordò, alzando l'indice. Sorrise appena, infilando le mani nelle tasche della felpa. "Credo di averti detto più di quanto volessi dire realmente."- concluse, voltandosi per lasciarmi da sola, come tutte le altre volte, d'altronde.

DANGEROUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora