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"Si, cazzo. Mi ha fatto male!"- continuai a lamentarmi con John, stringendo tra le dita il cellulare contro l'orecchio. Buttai sul pavimento la giacca di pelle, sedendomi sul letto. "Stai lontana da lei, allora."- rispose lui. Sbuffai, scuotendo la testa. "No. Perché non capisci? Quella ragazza nasconde qualcosa."- gesticolai anche se lui non poteva vedermi. Sbuffò, restando in silenzio per un momento. "Si, Bels. Ma non credo siano affari nostri, dunque lascia stare."- il suo tono di voce sembrava quasi scocciato. Serrai le labbra in una linea dura, sospirando. Giocai con il tessuto del cuscino, mordicchiandomi il labbro inferiore. "Ascolta. Ti andrebbe di venire ad una festa, sta sera? Parker ha organizzato qualcosa di fantastico, o almeno così si dice in giro."- cambiò discorso, e anche il tono di voce. Parlava con entusiasmo. "Tu e queste stupide voci."- roteai gli occhi, continuando. "Per me è okay, comunque. Ci vediamo lì."- e chiusi la chiamata, anche in modo maleducato, ma avrebbe capito. Avrei veramente lasciato perdere Rosie? Assolutamente no, sarei andata contro me stessa e non era da me. Ma non avrei detto nulla a John, semplicemente per evitare le sue prediche alquanto stupide e noiose. A interrompere i miei pensieri fu la porta della mia camera, che si aprii per opera di mia madre. Alzai lo sguardo su di lei, se ne stava appoggiata sul muro, con un lieve sorriso stampato in volto e i capelli spettinati legati in una coda disordinata. Alzai le sopracciglia, sperando parlasse, dato che non avevo intenzione di passare la serata a fissarci come due cretine. Il dialogo era sempre mancato, in quella casa, in fondo. "Che vuoi, mamma?"- innaspai, alzandomi dal letto. Distolsi lo sguardo da lei, buttando il cellulare sul materasso. "Uscirai?"- chiese, seguendomi con lo sguardo attento. Sfilai le converse, lasciandole cadere sul tappeto rigorosamente nero. "Quando?"- borbottai mentre aprivo il mio armadio, con atteggiamento di disinteresse nei suoi confronti. "Questa sera. Uscirai?"- ripetette, incrociando le braccia sotto il seno. Roteai gli occhi, fortunatamente le davo le spalle, altrimenti avrebbe incominciato con uno dei suoi stupidi discorsetti riguardo l'atteggiamento nei confronti delle persone adulte. Tirai fuori dall'armadio ciò che avrei indossato quella sera, chiudendo le ante con un piede. Lei era ancora lì, in attesa di una risposta, con sguardo assente, quasi stanco. "Si, mamma. Uscirò. Ora puoi, per favore, andar via?"- sorrisi forzatamente, indicando la porta. Lei sospirò, annuendo, prima di sparire e chiudersi la porta alle spalle. Non avevo mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, per mancanza di dialogo e ascolto. Avevo imparato a crescere da sola, a cavarmela da sola in tutte le circostanze, dimenticandomi di avere qualcuno a casa. Non che odiassi la mia famiglia, ma potevo benissimo fare a meno di loro. [...]

"Cavolo, Bels. Almeno questa sera avresti potuto indossare un vestito."- John roteò gli occhi, fermandosi davanti all'entrata di quella enorme casa, appartenente a Parker - un figlio di papà, viziato e bastardo quanto bastava per far si che lo odiassi. Ma si, le sue feste erano carine, ed erano aperte a tutti. "Scordatelo."- sbuffai una risata, sorpassandolo per entrare per prima. Un ondata di odori mi inondò, era un mix di alcol, marijuana e fumo, per non parlare dei vari profumi maschili esageratamente forti e mischiati tra loro. Arricciai il naso, guardandomi intorno. Nel frattempo John era al mio fianco, con un ghigno stampato in volto. "Cos'hai da ridere?"- gli tirai una gomitata, alzando gli occhi su di lui. "Ci sarà da divertirsi."- urlò per farsi sentire, strofinando le mani tra loro. "Non fare stronzate!"- gli puntai un dito contro mentre lui se la rideva, annuendo, ma senza guardarmi. Avrebbe combinato una delle sue. La sua espressione, però, cambió velocemente. Spostò l'attenzione su di me, incrociando le braccia contro il petto. Io mi guardai attorno, leggermente confusa dalla sua improvvisa reazione. "C'è anche Rosie. Dunque-fece un passo verso di me, puntandomi un dito contro con fare autoritario- non fare di testa tua e divertiti."- concluse, allontanandosi dal mio corpo. [...] Girai tra le dita la cannuccia del mio cocktail, sbuffando sonoramente - tanto nessuno mi avrebbe sentita. Continuavo a guardarmi intorno, anche se, in realtà, fissavo solo una, di persona. Rosie, aveva passato tutta la serata su un divanetto, circondata da bottiglie di alcolici e due ragazzi che, invece, erano troppo occupati a scommettere qualcosa giocando a carte. Sembrava stordita, fissava un punto indefinito della stanza, con le labbra socchiuse, così come gli occhi. Tornai a guardare il barman, sorridendo appena. Probabilmente avrei dovuto lasciare stare come aveva suggerito John, invece di dannarmi nel trovare una spiegazione. Ma scossi la testa, contraria ai miei stessi pensieri. Dunque tornai a guardarla ma era sparita, la cercai con gli occhi e la trovai quasi subito. Si avviava verso il piano superiore, barcollava e si fermava di tanto in tanto, strofinandosi il volto. Afferrai tra i denti il mio labbro inferiore e lasciai perdere quello che stavo facendo. Superai la folla velocemente, ricevendo anche qualche spallata in cambio, ma poco m'importava. Percorsi la scale lentamente, guardandomi intorno. Il corridoio era illuminato da una sola lampada, si vedeva ben poco. Ma la luce proveniente da una sola stanza, attirò la mia attenzione. Dunque si, mi avviai verso questa, attenta a non fare rumore. Mi sentivo una fottuta stalker del cazzo. Ovviamente finii nel bagno, mi bloccai sulla soglia, fissando la ragazza inginocchiata, curvata contro il water. Sembrava in procinto di vomitare, ed io non riuscivo a starmene con le mani in mano. Mi avvicinai frettolosamente, abbassandomi al suo livello per tenerle la testa. Lei non si oppose, anzi, rigettò tutto ciò che aveva nello stomaco, compresa l'anima. Dovetti voltarmi per non guardare, oppure avrei vomitato anche io. [...]

Giocai con i bracciali che indossavo, sospirando di tanto in tanto. Appoggiai la testa contro il muro, stringendo le ginocchia contro il petto. Restai seduta sul pavimento di quel bagno, assieme a lei. Non disse nulla e non dissi nulla. Quindici minuti di totale silenzio e imbarazzo. Lei, di fronte a me, con le ginocchia divaricate e lo sguardo perso nel nulla. Si schiarí la voce, spostando immediatamente l'attenzione su di me, quasi mi colse di sorpresa. "Non ti arrenderai, vero?"- sussurrò, fissandomi insistentemente. Mi soffermai a guardare i suoi occhi contornati da ciglia scure, il naso piccolo, le guance arrossate e le labbra piene, con gli angoli sempre rivolti verso il basso. "No, non credo sia da me."- scossi la testa, leccandomi velocemente le labbra secche. Lei rise appena, scuotendo la testa. si passo una mano sul volto, sistemandosi il cappello bordeaux come la felpa. "Dovresti. Ti farai solo del male."- continuò, alzandosi da lì. Io la osservai, restando immobile. Mi sentii improvvisamente piccola e indifesa, malgrado fossi tutt'altro. "Questo lo hai già detto, Rosie."- roteai gli occhi, raddrizzandomi per poterla guardare negli occhi, ma lei non voleva saperne nulla. "Ros."- sbuffò, correggendomi. "D'accordo, Ros."- accennai un sorriso, cercando i suoi occhi che trovai subito. Lei non sorrise, ma rimase in silenzio, senza respingermi, senza bruciarmi con lo sguardo com'era solita fare. "Non dovresti parlarmi."- riprese a parlare, questa volta a voce bassa. Si avvicinò a me, pericolosamente, e per un attimo pensai volesse farmi male come la mattina prima, a scuola. Mi ritrovai incastrata tra il muro e il suo corpo, riuscendo a sostenere il suo sguardo pesante. Una sua mano si appoggiò sulla mia guancia, facendomi sospirare dal sollievo. Strofinò il pollice contro la mia pelle, provocandomi una scia di brividi lungo la schiena non indifferenti. Restai zitta, immobile, completamente ammaliata. "Cazzo."- sputò, allontanandosi di scatto dal mio corpo, e nel giro di pochi secondi sparí dalla mia visuale, lasciandomi con l'amaro in bocca e le ginocchia tremanti.

DANGEROUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora