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"Cosa farai questa sera?"- John continuava a giocare con la pasta nel suo piatto di plastica, assumendo uno sguardo disgustato. Come biasimarlo? Il cibo della mensa, sembrava tutto tranne che cibo. Difatti preferivo digiunare, anziché beccarmi il voltastomaco. "Sweet paradise."- alzai le spalle, appoggiando il gomito sul tavolo e la guancia sulla mano chiusa in un pugno. "Andrai a mangiare lì?"- corrugò la fronte, lasciando perdere la forchetta e la pasta. Roteai gli occhi, scuotendo la testa. "No, Brown. Il signor Willson ha chiesto il bis."- sorrisi soddisfatta, portandomi i capelli dietro la schiena. Lui spalancò gli occhi, sporgendosi in avanti. "Dici sul serio? Cazzo, è fantastico, Bels."- esultò, sorridendo ampiamente. Sembrava più contento di me. La sua attenzione, però, si spostò oltre le mie spalle, tornando serio in volto. Smisi di sorridere anche io, corrugando la fronte. "Guarda lì."- sussurrò, invogliandomi a voltarmi. La scena che mi si presentò davanti era spiacevole e di cattivo gusto, ma anche abbastanza prevedibile. Era una scena vista e rivista, ma la 'vittima' in questione era cambiata e ciò non mi piaceva affatto. La nuova ragazza, Rosie, se ne stava seduta in silenzio con il suo pranzo davanti, circondata dal gruppetto delle cheerleaders che, senza ritegno, la toccavano, la spingevano e la deridevano. Un classico. Spiegatemi come una persona possa provare piacere nel maltrattare qualcuno, come una persona possa divertirsi nel ridicolizzare chiunque. "Ma non si stancano mai? È davvero di catt- hei, aspetta, dove vai?"- John cercò di fermarmi ma io ero già a metà strada, diretta verso quello scempio. Mi fermai proprio davanti al tavolo di Rosie, con le braccia tese lungo i fianchi e lo sguardo torvo. "Vi state divertendo?"- chiesi, incrociando le braccia contro il petto. La bionda, Ana, mi rivolse uno sguardo divertito, lasciando immediatamente la ciocca di capelli della ragazza che precedentemente stava annodando. "Che vuoi, Rivers?"- fece un passo verso di me, fronteggiandomi. Io accennai una risata sarcastica, scuotendo la testa. "Stai lontana da lei."- tornai seria, puntando i miei occhi chiari nei suoi. Se avessi potuto, l'avrei bruciata con un solo sguardo. Rosie alzò la testa di scatto, fissandomi insistentemente, senza dire una parola. Si limitò a sollevare il cappello della felpa sulla testa. Idiota. Ana sospirò, senza liberarsi mai di quel sorriso bastardo, facendo cenno poi alle sue amiche di seguirla. Mi squadrò ma restai impassibile mentre si allontanava da me e dalla nuova arrivata. Infilai le mani nella tasca della felpa, rivolgendo uno sguardo alla mora, avrei voluto dire qualcosa ma non ero brava in questo. Dunque mi voltai, intenzionata a tornare al mio tavolo, sotto lo sguardo attento di John che in quel momento pareva essere una pettegola curiosa. "Aspetta."- una voce mi richiamò, mi fermai tornando a guardare dietro di me. Alzai le sopracciglia, sorpresa dal suo intervento. Speravo mi ringraziasse e invece si fece seria, alzandosi dal suo posto. "Non farlo mai più."- sbottó, mettendosi lo zaino in spalla. Mi fissava come se volesse assicurarsi di essere stata chiara. Io invece ero solo tanto confusa dalla sua reazione, insomma, l'avevo solo aiutata. La guardai come se avesse avuto tre teste e lei se ne rese conto, difatti chiuse la bocca e si dileguò, lasciandomi impalata come una cretina. "Cosa le è preso?"- John mi affiancò, seguendo con lo sguardo Rosie mentre usciva dalla mensa. "Non ne ho idea, e non mi interessa."
[...]

Quella mattina, una volta uscita da scuola, non tornai a casa. Non ne avevo la minima voglia, anzi, desideravo camminare nel totale silenzio. Decisi di andare al parco abbandonato non molto distante dal mio quartiere. Ci andavo spesso, quando avevo bisogno di star sola. Durante il giorno non era male, si udiva solo il fruscio delle foglie. In un certo senso ti donava tranquillità, ed io ne avevo bisogno. Presi posto su una delle tante panchine arrugginite, incrociando le gambe. Abbassai il cappello della felpa, passandomi distrattamente una mano tra i capelli biondi. Inevitabilmente pensai a Rosie, alla sua strana reazione, al perché non si fosse difesa da quelle cretine, lasciandosi maltrattare il quel modo. Ricordavo ancora il suo sguardo impassibile e apatico di fronte a quelle brutte attenzioni ricevute da Ana. Io volevo solo aiutarla, non chiedetemi il perché. Ma pensavo sarebbe stato un gesto carino, quando forse avrei dovuto solo farmi gli affari miei. Una voce in lontananza attirò la mia attenzione, interrompendo però i miei pensieri. Corrugai la fronte, restando immobile nel caso avessi sentito male. Insomma, quel posto era abbandonato da sempre e solo le svitate come me ci andavano. Ma invece quella voce continuò e, un po' spaventata, mi guardai intorno. C'era qualcuno tra il verde, una ragazza dal profilo familiare. Cercai di mettere a fuoco l'immagine e Rosie apparve dinanzi a me. Parlava al cellulare, anche in modo molto confuso. Gesticolava fastidiosamente, facendomi anche un po' ridere. Cosa diamine ci faceva lì? La stavo fissando da troppo, dato che il suo sguardo si fermò su di me, immobilizzandosi. Infilai le mani nella tasca della felpa e feci un cenno verso di lei, ricevendo uno sguardo torvo in risposta. Chiuse la chiamata e infilò il suo cellulare nello zaino, camminando nella la mia direzione. "Chi non muore, si rivede."- borbottai, alzandomi dalla panchina sulla quale ero seduta comodamente. "Che cosa ci fai qui?"- finalmente parlò, anche se in modo brusco. Io alzai le sopracciglia, per niente intimorita dal suo tono di voce. "Questo dovrei chiederlo io, a te."- innaspai, rifilandole un'occhiata veloce. Si guardò intorno, come se si stesse nascondendo da qualcuno. "Non hai risposto alla mia domanda."- si avvicinò di più a me, serrando le labbra. Io indietreggiai, trovando quella vicinanza esagerata. "E non lo farò, dunque non sprecare fiato."- la mia arroganza si fece viva, assieme alle mie risate sarcastiche. Lei prese un lungo respiro, lasciando cadere lo zaino sulla mia panchina. Distolse lo sguardo da me, infilando le mani nelle tasche dei jeans strappati. "Ottima risposta, Rosie."- borbottai, mettendo il mio zaino in spalla. Non avrei passato un solo minuto in più, in sua compagnia. "Come fai a sapere il mio nome?-mi guardò, illuminandosi successivamente- giusto, in quella scuola del cazzo le notizie girano rapidamente. Non vi lasciate scappare nemmeno una, eh?"- alzò la voce, camminando lontana da me, verso il laghetto circondato da una ringhiera malandata. Io non risposi, anche se avrei dovuto. Restai lì, immobile. "Che c'è? Ti facevo talmente tanta pena da spingerti ad aiutarmi? E, per la cronaca, non ho bisogno dell'aiuto di nessuno."- si voltò verso di me, stringendo i pugni lungo i fianchi. I suoi lineamenti dolci contratti, le labbra chiuse in una linea dura e il respiro accelerato. "Stai lontana da me."

DANGEROUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora