s e v e n

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"Avanti, John. Non puoi mica lasciarmi di fuori!"- sbuffai sonoramente, guardandomi intorno. La pioggia continuava a cadere in modo violento contro l'asfalto, e sopra di me. I miei capelli erano ormai completamente bagnati, così come i miei vestiti, e mentirei se dicessi che sentivo freddo. Perché la verità è che stavo gelando, ma avevo bisogno di chiarire la situazione con John. Era il mio migliore amico, l'unico ad essere rimasto al mio fianco, e di certo non avrei mandato tutto a puttane per una cosa da niente. "Nessuno ti ha obbligata a camminare fin qui!"- borbottò, sbuffando lievemente. "Appunto, cazzo. Apri questa dannata porta."- continuai a bussare incessantemente, chiudendo per un attimo gli occhi. Strinsi il cellulare tra le dita, passandomi una mano tra i capelli fradici. Non rispose, silenzio totale, anche se la chiamata era ancora aperta. Fissai il display con la fronte corrugata, pensai fosse caduto dalla sedia, ironicamente. "Fanculo."- borbottai tra me e me, terminando la chiamata. Buttai distrattamente il cellulare nello zaino e mi allontanai dalla porta di casa sua, guardando per l'ultima volta la finestra della sua camera. Perché diamine doveva comportarsi come un bambino capriccioso? La mia pazienza era pari a zero, lui lo sapeva. E il fatto che io mi sia fatta cinque chilometri a piedi, sotto la pioggia, solo per raggiungerlo e affrontarlo, avrebbe dovuto fargli capire. Dunque, ripresi a camminare sul marciapiede, mentre le macchine sfrecciavano al mio fianco, a causa della pioggia la mia viste divenne sfocata, in più il temporale non migliorava la situazione. Infilai le mani nelle tasche della felpa, abbassando le testa sulle mie vans grigie ormai del tutto ricoperte di terra. Dannazione. Prima che potessi attraversare la strada, una voce mi richiamò. "Ehi, Rivers!"- mi voltai, assottigliando lo sguardo per vederci qualcosa e, con mia grande sorpresa, notai una testolina blu spuntare dalla porta della casa accanto a quella di John. Cercai di tralasciare questo piccolo ma importante dettaglio e scossi la testa, facendo un passo verso di lei. Accennai un sorriso, così come lei. Alzai le braccia, lasciandole ricadere lungo i fianchi. "Hai intenzione di restare lì per tutta la vita?"- urlò lei, trattenendo una risata. Ma le sue labbra si curvarono ugualmente in un sorriso, che fece sorridere anche me. "Non è male, sai?"- mi guardai intorno, socchiudendo gli occhi a causa dell'acqua che mi bagnava incessantemente. Lei roteò gli occhi chiudendosi la porta alle spalle. Si guardò intorno, facendo una smorfia quasi divertente. Prese un lungo respiro e si mise a correre verso di me, non preoccupandosi della pioggia. "Che cazzo.."- borbottai, spalancando gli occhi. "Volevo verificare la veridicità delle tue parole -alzò la testa verso il cielo, arricciando il naso- e devo dire che c'hai ragione."- continuò, tornando a guardarmi dritta negli occhi. Io risi appena, scuotendo la testa. I capelli bagnati appicciati al viso, il naso rosso e il mascara colato, mi rendevano ancora più cretina ai suoi occhi -non che me lo avesse detto- , ma anche ai miei. "Cazzo, Bels. Sta attenta!"- mi afferrò per i fianchi, tirandomi verso di lei rapidamente, quando una macchina sfrecciò poco distante da noi. Sussultai, appoggiando le mani sulle sue braccia. Le sue mani, malgrado fossi al sicuro, restarono sui miei fianchi, stringendoli di tanto in tanto. Il suo sguardo si fece serio, ma rilassato al tempo stesso. Mi guardava insistentemente, deglutendo. Io rimasi inerme davanti a quegli occhi azzurri, che mi scrutavano con un certo desiderio, lo stesso che provavo io, inconsciamente. "Ti accompagno a casa."- disse soltanto, a voce bassa, prima di staccarsi dal mio corpo freneticamente. Smise di guardarmi, di toccarmi e di parlare. Non rideva più e sembrava infastidita dalla mia presenza. Decisi comunque di restare in silenzio, seguendola. [...]

Il viaggio in macchina fu silenzioso, quanto imbarazzante. Non riuscivo a smettere di muovermi sul sedile, bagnando il tessuto di questo e il tappetino sotto i miei piedi. Rimasi a fissare la strada davanti a me e i sospiri di Rosie alquanto pesanti, sembrava volesse liberarsi di me al più presto. Se ne stava con un gomito appoggiato sul finestrino e la testa sulla mano chiusa in un pugno. "I tuoi sbalzi d'umore sono impressionanti."- finalmente parlai, incrociando le braccia contro il petto coperto dalla felpa umida. Lei mi guardò di sottecchi, passandosi la lingua tra le labbra. "Dovrei ringraziarti? Non riesco a capire se si tratta di un complimento o meno."- parlò, la sua voce piatta. Guardava davanti a se, senza distogliere mai lo sguardo. Le nocche delle sue mani bianche a causa della pressione usata per stringere il volante. "Lascia stare."- borbottai, innaspando. Chiusi la bocca, pressando le labbra. Probabilmente sarebbe stato meglio restare zitta. "È quello che dovresti fare tu."- mi rifilò uno sguardo non proprio rassicurante.

Rosie.

Quella ragazza stava diventando un incubo. Un piacevole incubo. Non faceva altro che piombare nelle mie giornate senza preavviso, rendendomi nervosa e in ansia. Non sapevo mai come comportarmi in sua presenza, avrei voluto solo urlare dalla frustrazione e mandare al diavolo qualsiasi cosa, ma non lei. Non ce l'avrei fatta comunque. Davanti a quei occhi verdi sembrava quasi impossibile separarmici. Ma non potevo ammetterlo ad alta voce, qualsiasi cosa stessi provando, non doveva vincere contro l'armatura che m'ero costruita con il passare del tempo. Volevo farle capire che non ero poi una bella persona con la quale portare avanti un amicizia normale, ma al tempo stesso non volevo scoprisse più di quello che già sapeva, non volevo mi lasciasse da sola. Avevo dimostrato fastidio nei confronti della sua insistenza, rifiutandola, ignorandola. Potevo prendere in giro lei, ma non me stessa. Perché, da quando Bella Rivers fece irruzione nella mia vita, dimenticai la solitudine.

DANGEROUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora