Capitolo 21

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COLE

Due pozze scure erano i suoi occhi, troppo crudeli e profondi, ignari del proprio destino e dei sentimenti contrastanti che erano costretti a vivere. Un ghigno al posto del sorriso, una smorfia derisoria pronta a dimostrare qualcosa. E forse lo aveva fatto, anzi ne ero sicuro. Gli era costato la vita ma aveva ottenuto ciò che voleva, ciò che da sempre aveva cercato di mettermi in testa: che fossi uguale a lui.
In vent’anni della mia vita non lo avevo mai accettato, ignoravo quella possibilità nascondendola nella parte più profonda di me, sperando che mai sarebbe potuta risalire in superficie. Ma lo aveva fatto e dovevo affrontarne le conseguenze. Ero diventato la mia più grande paura, un’ombra dalle mani sporche che mai avrebbe potuto salvare sé stesso, condannato a vivere nel buio del suo stesso essere, per sempre.
Aveva sempre avuto la ragione dalla sua parte ed ero stato così stupido e orgoglioso da contraddire me stesso.

“Spara!”

Chiusi gli occhi. Nelle orecchie solo l'eco di uno sparo, tuonava ripetutamente nella mia mente facendomi rivivere ogni minuto, ogni secondo. Potevo ancora sentire il metallo freddo fra le mie dita, quel leggero fruscio provocato dalle scarpe sulla neve, il fiato visibile come nebbia che dalle labbra si dissolveva poi nell'aria, infine quello sguardo fisso su di me.
Non lo avrei mai dimenticato.

“Tieni.”

Riaprii gli occhi e alzai lo sguardo su Ella in piedi davanti a me intenta a porgermi una tazza fumante. Mi sporsi in avanti rimanendo seduto sul divano e presi la tazza portandomela al viso.

“Cioccolata calda?” alzai lo sguardo su di lei.

“Da quello che ricordo ne andavi matto.”

“Non mi pare di averne mai preparata una.”

Ella si sedette accanto a me piegando una gamba sul divano. “Da Sparkle quando ci siamo conosciuti. Ti sei bevuto anche la mia.” Disse con un leggero sorriso.
La guardai pensando a come riuscisse a ricordare alcune piccole cose che io al contrario non ricorderei mai. Di fatti avevo completamente rimosso quel pomeriggio allo Sparkle. Portai la tazza alle labbra e bevvi qualche sorso. Adoravo la cioccolata calda.

“Ci stavi pensando ancora?”

Riportai lo sguardo su di lei. “A cosa ti riferisci?”

“A tuo padre.”

Guardai la tazza fra le mie mani e mi rilassai al calore che essa emanava contro la mia pelle. Erano passati alcuni giorni dalla morte di mio padre, le acque erano abbastanza calme e i ragazzi non erano più così turbati. Eppure c'era qualcosa dentro me, dentro la mia testa, che non mi rendeva pace.

“È importante?”

“Non voglio che ti perdi nel pensare cose sbagliate.”

“Non sono sbagliate se riflettono la realtà.”

Ella mi guardò quasi severa. “A volte la realtà è soggettiva.”

“La realtà è limitata, uguale a tutti, è quel che è. Magari la sua interpretazione può essere soggettiva ma nulla più al di fuori di essa.” La guardai allo stesso modo.

Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo e si avvicinò un po' più a me. Riuscii a sentire il suo profumo invadere i miei spazi, e alzando lo sguardo due iridi azzurre e arrabbiate erano puntate contro le mie.

“Puoi ancora recuperare! Ci lavoriamo un po' su e..”

“Ci abbiamo già provato.” La interruppi. “E non ha funzionato, ricordi?” mi alzai dal divano e lasciai la tazza ancora mezza piena sul tavolino li davanti. “Anzi è finita anche peggio.”

“Non è a causa di ciò che tuo padre è morto.”

“Infatti non mi riferivo a lui, ma a te.” La guardai rimanendo in piedi. Lei corrugò la fronte senza capire cosa intendessi.

“Abbiamo lavorato su di me e su come potermi migliorare e com’è finita?” allargai le braccia facendo un sorriso quasi amaro. “Che ti hanno allontanata da me, ecco com’è finita.”

“Cole..” mi guardò dispiaciuta alzandosi poi dal divano.

“Saresti pronta a rifarlo? Pur sapendo che potrebbe finire di nuovo così?” la guardai serrando le labbra in una linea sottile.

Ella aprì la bocca ma non disse nulla, quasi come se non fosse abbastanza convinta di ciò che stava per dire. Scossi la testa e uscii dalla stanza lasciandola da sola. Io di certo quel rischio non lo avrei corso, non di nuovo.

**** 

“Se vendiamo una Cabrio possiamo guadagnare fino a tre volte di più.”

Josh guardò Rayan perplesso e scosse la testa. “Non possiamo vendere la Cabrio. Chi comprerebbe una Cabrio usata? Da quattro ragazzi per giunta.”

Il biondino alzò gli occhi al cielo e sospirò profondamente. “Josh, ti ho già detto che della vendita se ne occupa Charlie.”

“Ciò non significa che non dobbiamo preoccuparci di eventuali rischi.”

Charlie digitava velocemente al computer mangiando di tanto in tanto una patatina al formaggio. Era talmente concentrato su quello schermo che avrei detto non ci stesse minimamente ascoltando. Ma sapevo che in realtà lo stava facendo.

“Cole, ti prego, glielo spieghi tu?” Rayan mi guardò supplichevole. “Altrimenti lo strozzo col formaggio.”

“Come se fosse possibile.” Josh lo guardò male.

“Se ti infilasse un pezzo di formaggio più grosso del normale in bocca e ti costringerebbe a inghiottirlo con la forza senza alcuna masticazione, magari, ipoteticamente parlando, stringendoti  una mano intorno alla gola e chiudendoti con forza le narici si potrebbe verificare quasi sicuramente una scorretta deglutizione dove la glottide sarebbe impossibilitata a chiudere le vie aeree e l'esofago sarebbe sottoposto a una dura pressione della mano, dunque il bolo alimentare, che tra parentesi bolo non è perché non è stato masticato, sarebbe costretto a passare attraverso l'unica via disponibile ovvero la trachea che tuttavia conduce ai polmoni. Il tuo corpo reagirebbe istintivamente facendo bloccare il pezzo di formaggio a metà strada impedendoti però di respirare, inizieresti a tossire e dunque a soffocare, cosa che senza alcun aiuto esterno è molto difficile da combattere a meno che tu non abbia seguito qualche tipo di corso e imparato qualche manovra di pronto soccorso ma so per certo che non hai fatto nulla di tutto ciò.” Disse Charlie continuando a guardare lo schermo concentrato, poi prese una patatina al formaggio dal sacchetto sul tavolo e con molta tranquillità se la mise in bocca.

Lo guardammo tutti ad occhi sgranati senza dire una parola. Non ci si abitua mai a sentirlo parlare in quel modo, neanche dopo svariati anni.
Charlie alzò lo sguardo su di noi e inarcò un sopracciglio.

“Mi piace la biologia.” Si giustificò

“A te piace tutto cazzo. Chimica, fisica, biologia, i motori.” Disse Josh elencando le materie sulle dita delle mani.

“Siete fortunati che io abbia questi interessi. Guardate che ho trovato.” Girò il computer verso noi facendoci vedere. Mi sporsi in avanti e lessi, c'erano alcuni manifesti di eventi, fiere e convegni. Non capivo il nesso.

“Cosa dovrei leggere in particolare?”
“Ho preso alcuni articoli di giornale unendoli tra loro e ho elaborato un piano.” Premette qualcosa sulla tastiera e uno degli articoli si ingrandì.

“C'è la fiera dell'auto antica a Daytona Beach il 3 Marzo. Possiamo vendere lì la nostra auto e guadagnarci di più, senza scappare o risultare dei criminali.”

“Vendere un auto ad una fiera pubblica?” lo guardai contrariato. “Non ci metteranno molto a capire che l'auto è rubata e avranno già visto tutti la nostra faccia.”

“Già, rischiamo la cattura.” Aggiunse Rayan.

“Ma stavolta l'auto non la rubiamo.” Charlie premette un altro pulsante e fece aprire il secondo articolo sullo schermo del computer. “Tra qualche giorno ad Orlando ci sarà una gara automobilistica. Non è roba illegale o clandestina, è una gara che si organizza una volta l'anno intorno al Lake Eola Park in onore della ristrutturazione del parco. Il vincitore si becca un auto nuova di zecca e indovinate che tipo di auto hanno messo in palio quest'anno?”

“Se è una Cabrio..” mormorò Josh.

“Una Cadillac del ’50.” Il moro premette un altro tasto facendoci vedere la foto, una Cadillac rosso fiammante con lineamenti d'argento e il volante in pelle si ingrandì sotto i nostri occhi. “Vale una fortuna, ormai nessuna agenzia la comprerebbe, è obsoleta e non ha un motore abbastanza potente, automaticamente non la comprerebbe nessuno, non in un’agenzia automobilistica. Ma ad una fiera si, soprattutto se è piena di persone in fissa col collezionismo e con la passione per le auto d'epoca.”

“È una fiera dell'auto antica, ci saranno solo persone del genere.” Annuì Rayan.

“E tutti saranno interessati ad un auto del genere.” Aggiunsi.

“Non dovremo neanche nasconderci, è tutto legale.” Disse il moro guardandomi.

Josh sorrise ampiamente. “Charlie sei un genio!”

Rayan avvicinò a sé il computer e riaprì gli articoli dandogli un’altra occhiata. “Rimane solo da capire come poter vincere la gara."

“Può partecipare chiunque immagino, quindi direi di partecipare tutti." Li guardai. “Avremo più probabilità di vittoria.”

“Questa cosa mi attizza alquanto.” Disse un Josh eccitato.

Charlie si mise un’altra patatina in bocca e mi guardò nuovamente. “Non contare su di me, non amo guidare né tanto meno correre. Mi occuperò di preparare i motori e le vostre auto in generale in tempo per la gara.”

“Vuoi imbrogliare?” sorrise Rayan. Josh si allungò verso le patatine per prenderne una ma Charlie gli schiaffeggiò la mano.

“Ho detto che sarà tutto legale. Rispetteremo la legge ma nessuno ha parlato di rispettare le regole.” Disse quest'ultimo mentre Josh lo guardò offeso.

Rayan annuì e poi diede il computer nuovamente a Charlie. Lui lo prese e tornò a digitare sulla tastiera con uno sguardo concentrato. Poi ci guardò.

“Quindi ci iscriviamo?”

Lo guardai e annuii convinto che fosse una buona idea, lo stesso fecero gli altri e con soddisfazione Charlie compilò il modulo di iscrizione alla gara. Era la prima volta forse che guadagnavamo soldi facendo qualcosa di legale. Forse aveva ragione Ella, un modo per migliorare le cose c'era.

Wings [Cole Sprouse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora