Capitolo 28

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ELLA

Ogni mio tentativo di concentrarmi sulla lezione di storia dell'arte mi fu inutile quella mattina. Cole si era messo in testa di non rendermi affatto le cose facili e di provocare la mia pazienza. Ogni volta che il mio sguardo si concentrava sulle slide proiettate sul muro, una pallina di carta atterrava sul mio banco o, ancor peggio, la sua penna tormentava la mia spalla con dei click assordanti.

Buttando le palline di carta a terra con un movimento del braccio sul banco, mi chiesi se dentro ci fosse qualcosa scritto, un messaggio. Magari insisteva così tanto proprio perché non mi decidevo a leggerli. Ma d'altronde mi importava? Beh il mio lato spirituale gli dava corda, ma l'altro lato, quello "umano" era arrabbiato con lui.

"Sono ufficialmente trenta minuti che mi ignori. Ne hai ancora per molto?" sussurrò alle mie spalle.

Fortunatamente quando entrai in classe, in ritardo, trovai il posto accanto a lui già occupato. Sfortunatamente però l'unico libero rimasto era quello davanti a lui.

Evitai di rispondere e guardai il muro dove venne proiettata una nuova slide. Giuditta e Oloferne di Caravaggio, una donna ebraica impugnava una spada affilata pronta a tagliare la gola di un uomo. Per un secondo il mio volto fu in quello della donna e Cole in quello dell'uomo. Scossi la testa chiedendo mentalmente scusa a Dio.

L'ennesima pallina arrivò sul mio banco e sbuffai buttandola a terra. Attorno ai miei piedi tutta quella carta aveva ormai formato una montagna.

"Smettila." borbottai sottovoce e tornai a guardare le slide.

"Non capisco perché tutta questa rabbia."

Storsi il naso e mi voltai di scatto verso lui. "E me lo chiedi?"

"Signorina Ayalon, qualche problema?" l'insegnante mi volse l'attenzione e con lui anche il resto della classe. Con imbarazzo e rabbia repressa mi limitai a tornare dritta e scuotere la testa con le mie guance ormai rosse.

"Non essere maleducata, angelo." potevo sentire il suo sorrisetto anche girata di spalle.

Strinsi i pugni e cercai di concentrare ogni mia attenzione sulla lezione. Poi mi venne un'idea, che a parer mio potevo anche pensarci prima.

Che diavolo vuoi?

Gli parlai telepaticamente.

Linguaggio. Non essere volgare.

Vuoi discutere o no?

Voglio parlare, non discutere.

Che differenza fa?

Parecchia per me.

Mi lanciò un'altra pallina. Mi chiesi come l'insegnante non si accorgesse del cuscino di carta formatosi a terra. La levai dal banco come tutte le altre e continuai.

Per me è la stessa cosa.

Discutere significa litigare, o parlare con rabbia. Parlare è un dialogo più civile. Dovresti saperlo angelo.

Sospirai scegliendo di non badare alle sue provocazioni.

Va bene, parliamo.

Non credi sia meglio un contatto visivo?

Siamo nel mezzo di una lezione, Cole.

Ho un piano.

Disse.

Corrugai la fronte, poco prima che potessi chiedergli quale fosse lo sentii gemere dal dolore rumorosamente. Il resto della classe si voltò nuovamente nella mia direzione ma con lo sguardo su di lui. Cole si mise una mano sul petto e tentando di alzarsi cadde a terra dolorante.

Wings [Cole Sprouse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora