Capitolo 11

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Ho ancora le sue parole impresse nella mente, ci penso e ripenso mentre un altro giorno è sorto, non faccio nemmeno caso al solito via vai e alle solite persone del paese, non mi curo nemmeno delle condizioni in cui si trovano le vedove, talmente sono presa e offuscata dall'incontro di ieri sera che non presto attenzione a nulla, tant'è che una carrozza si ferma in mezzo alla piazza e, io, nonostante il trambusto che si è creato, penso ancora a lui e al suo rifiuto di aiurarci.

Solo il rumore di una tromba mi fa tornare alla realtà e quello che mi si mostra davanti mi fa accapponare la pelle, conosco quella dannata carrozza, conosco colui che apre la portiera e riconosco soprattutto  l'uomo che si appresta ad uscirne.
Il Marchese Basile II che ci degna ancora una volta della sua presenza, di certo non è una visita cordiale, ma anzi, tutt'altro semmai, è qui per annunciarci le conseguenze delle nostre azioni.

Il suo viso austero, i suoi occhi stretti a fessura che punta squadrando uno per uno tutti i presenti, compresa me, e questo non fa presagire nulla di buono. Vestito di tutto punto, scende l'ultimo gradino della carrozza e si posiziona davanti a tutti con passo lento e sicuro, aumentando ancor di più i miei timori.

"A quanto pare la punizione che ho inflitto non è servita a nulla!", per la prima volta è lui che parla e non Hector.
"Continuano ad echeggiare lungo questi confini le stesse eresie, mi chiedo dunque quale sia il miglior modo per porre fine a tali calunnie nei miei riguardi se non la morte stessa!"

Al sentire la parola morte tutti ci allarmiamo, io istintivamente stringo le mani ad Amandine guardando mia madre, mentre lei fa lo stesso, nei suoi occhi leggo il vero terrore e capisco che ora più che mai vorrebbe nostro padre qui, accanto a noi, mentre, al coltempo il Marchese sogghigna soddisfatto del terrore e del caos che ha appena diffuso, ce chi piange, chi urla e chi implora, ognuno fa quello che può e quello che si sente in balia del panico.

"Zitti!", tuona ancora una volta la sua voce, "Siete solo degli inutili ingrati, utili solo come concime per il terreno che calpestate, quindi sarò lieto di gustarmi le vostre grida di dolore davanti al mio ennesimo atto!, Hector! procedi pure!"

Tuona ancora una volta un suo ordine e come soldati Hector e gli altri si intrufolano tra la folla che si è creata, chi prova a scappare, chi si nasconde, facendo viggere il caos, tutti corrono in direzioni diverse mentre i suoi tirapiedi prendono uomini e donne a caso, quindi ancor più terrorizzati non si presta più attenzione a bambini o anziani che si incrociano lungo il tentativo della propria salvezza, pur di sfuggire alla morte si crea un vero e proprio massacro, tra spintoni e urla ce chi cade per terra e chi come noi, me, mia madre e mia sorella veniamo divisi dalla furia della gente.

"Amandine!, Jaqueline!", urla mia madre a squarciagola.

"Madre!", urla a sua volta Amandine, mentre cerca di andarle incontro, riuscendoci per fortuna.

Mentre io spintonata dalla folla cerco con tutta me stessa di raggiungerle, e proprio quando si apre un varco davanti a me, ecco che vedo Hector bloccarmi il passaggio, lo guardo inorridita, mentre lui con un sorriso malizioso mi prende per il braccio e mi avvicina a lui.

"Il mio signore sarà felice nel vedere cosa ho trovato per lui!"

"Lasciatemi!, lasciatemi!", urlo e mi dimeno con scarsi risultati.

La sua forza supera di gran lunga la mia e io non posso che fermarmi e riprendere fiato, mentre lui approfitta di questo momento per spingermi nella direzione opposta.

"Chissà cosa mi darà in cambio, non sai da quanto desiderava mettere le mani su di te ragazzina!"

Su di me?

"Non capisco!, cosa vorrebbe mai da me?!", urlo, cercando di liberarmi dalla sua presa.

"Lo vedrai!", esclama con una voce e uno sguardo agghiacciante.

"Jaqueline!!!", sento mia madre urlare, "No, no lasciatela!, prendete me, prendete me al suo posto!", piange disperata mentre cerca di raggiungermi.

Vedere mia madre in quello stato, mi devasta e all'ennesima spinta riesco a liberarmi e correrle in contro.

"Non fatela avvicinare!", ordina Hector ai suoi uomini.

"Cosa dobbiamo farne?", chiede il più basso.

"Tsk!, fatene quello che volete, che cosa vuoi che me ne importi di quelle due!, ma lei la voglio viva!"

"No, nooooo!", urlo con tutto il fiato che possiedo fermandomi a metà tra mia madre e Hector, "Ve ne prego farò tutto quello che volete ma lasciatele stare", imploro.

Ma né Hector, né tantomeno i suoi uomini esprimono la volontà di fermarsi, quindi continuano il loro avanzare verso di noi e io non so davvero cos'altro inventarmi, in preda al panico mi inginocchio e imploro ulteriormente, esortandoli a risparmiare mia madre e mia sorella, ma ancora una volta lo sguardo di Hector avanza minaccioso, beandosi della situazione in cui mi trovo.

"Ve ne prego!, lasciatele stare, io sono qui e farò qualsiasi cosa voi mi ordiniate di fare!", urlo a squarciagola con copiose lacrime che rigano il mio viso.

Fu un secondo ma a me parve un minuto, un'ora, un secolo.
Ai miei occhi la scena si è svolta a rallentatore, davanti a me, proprio nel preciso istante in cui uno degli uomini di Hector estraeva la spada pronto a colpire, un cavallo si para davanti a noi, con in groppa il suo cavaliere.

"Avete ottenuto ciò per il quale siete venuto, mi par che ne siate ampiamente soddisfatto, mio caro e vecchio amico!"

Alzo lo sguardo e quello che all'inizio mi sembrava essere le masquè altri non è che Dominique.
Ancor più bello di quanto mi ricordassi, scende da cavallo e mi porge la sua mano per aiutarmi ad alzarmi da terra, e nello stesso istante in cui le nostre mani si sfiorano un brivido freddo mi pervade, bloccando ogni mio movimento.

"Non temete ora siete al sicuro", sussurra vicino al mio viso.

Ma per quanto non riesco a staccare gli occhi dalle sue labbra carnose e il mio corpo dalla sua stretta possente, devo dissentire dalle sue ultime parole, in questo momento non mi sento affatto al sicuro, ma incastrata in un intreccio dalla quale so che non sarà facile uscirne.

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