Capitolo 16

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Peccato che sul più bello si stacca, bruscamente mette distanza tra noi, cosa che mi lascia sul momento spaesata e piena di paranoie, non mi era mai capitato di prendere iniziativa, anzi non mi era mai capitato di baciare nessuno prima d'ora.
Forse non gli è piaciuto.

"Non dovevamo, voi mi confondete, siete una continua tentazione!", dice turbato, allontanandosi sempre più.

Io rimango ancorata al tronco senza parole, in preda allo sconforto, mi sento rifiutata, tutto quello che fino ad un attimo prima era entusiasmente adesso vorrei non averlo fatto.
Che stupida!
Lui si riveste mentre io cerco di non dare a vedere la mia delusione e col capo chino reprimendo le lacrime mi giro e inizio a correre verso l'uscita del bosco.

Riesco a fare un paio di metri che subito lui al galoppo mi raggiunge bloccandomi la via.

"Lasciatemi andare", dico tremante e in balia di forti emozioni.

"Perchè siete corsa via in quel modo?"

"Devo andare", dico in tono deluso, faccio un passo ma vengo bloccata da lui che con un balzo scende da cavallo.

Le sue mani imprigionano le mie spalle, mentre io continuo a tenere il capo chino.
Non voglio dargli la soddisfazione di vedere come sto in questo momento.

"Certo che siete strana!"

La sua affermazione mi ferisce ancora di più, mi divincolo, cercando di allontanarmi da lui, ma non ci riesco, stanca di tutto questo alzo lo sguardo e lo punto con tutto il risentimento che provo.

"Strana io? E allora voi cosa siete?"

Lui mi guarda per un attimo pensieroso, per poi con la mano asciugarmi una lacrima sfuggita al mio controllo.
Il suo tocco è maledettamente caldo che desidero ardentemente prolungare questo contatto.

"Intendevo strana perché un'altra al vostro posto mi avrebbe riempito di ingiurie, invece voi orgogliosa e testarda fuggite via...", continua a guardarmi in un modo che mi confonde, "Come vi ho già detto mi confondete e non mi capita spesso"

"Siete voi a confondere me cavaliere e non il contrario"

"Vi sbagliate, voi siete come un pettirosso in inverno", dice prendendo una ciocca dei miei capelli ramati, "Un segno di vita in mezzo al grigio che ci circonda, di certo non passate inosservata!"

"Non vi capisco!"

"Venite, vi accompagno a casa", si stacca ancora da me, voltandomi le spalle e montando a cavallo.
Mi porge la mano, "Montate!"

Frastornata e insicura di aver capito cosa realmente volesse intendere, decido di montare in sella ed elaborare il tutto una volta a casa, perché di certo la sua presenza non mi aiuta, anzi mi confonde.
Ancora una volta il suo contatto mi provoca brividi lungo tutto il corpo, lui dietro di me che tende le redini e io con una gran voglia di lasciarmi di nuovo andare.
Ma che mi succede?
Davanti a noi vedo in lontananza la mia casa, manca poco e qualcosa mi dice che non appena metterò i piedi per terra non lo rivedrò più.
Le sue parole vagano ancora nella mia mente, sono una tentazione!, che voleva dire, se gli piaccio perché respingermi allora. Non capisco.

Prima di entrare in casa sento di dover fare qualcosa, devo capire, altrimenti non mi metterò il cuore in pace, quindi lascio fare al mio istinto, appoggio il mio corpo sul suo petto, con l'orecchio appoggiato sul suo cuore, che reagisce al mio tocco accelerando il battito, e io, con un sospiro faccio la mia domanda:

"Non capisco perché darvi tanta pena per me se non vi piaccio"

Lo sento irrigidirsi e subito dopo fermare il cavallo. Alzo il viso verso il suo che trovo vicinissimo, quasi da sfiorarlo.

"Ho una missione da svolgere e non posso distrarmi, voi siete una dolce tentazione che io non posso assecondare, dimenticatemi perché dopo che vi avrò lasciata, io vi dimenticherò!"

Un tuffo al cuore, ecco cosa ho provato nello stesso istante in cui ha pronunciato quella frase e da quel momento non ho più parlato, non c'è altro da aggiungere, la vendetta è la sua unica fonte di vita e non c'è spazio per me, me ne devo fare una ragione.
Mi raddrizzo e in silenzio raggiungiamo la mia casa dove scendo e senza voltarmi vado alla porta mentre lui al galoppo esce dalla mia vita.

Breve ma intenso, il suo ricordo sarà custodito dentro di me così come il dolore che mi ha inflitto.
Ma così come si cade ci si rialza e io ormai in questo sto facendo pratica, ultimamente di delusioni ne ho avute e sono servite come insegnamento, e così anche questa servirà al suo scopo.

Prendo un gran respiro ed entro, ma al contrario da quello che mi aspettavo, ad accogliermi non trovo nessuno, la casa è vuota, il camino spento, dove sono tutti?
Vedere la casa spoglia, buia e fredda è come guardarmi dentro in questo momento, fa male, fa talmente male che lascio andare le mie lacrime abbandonandomi a loro.
Provo rabbia. Con lui riesco solo a mostrare il mio lato più vulnerabile, non riuscendo a mostrarmi distaccata e disinteressata.
Che maleficio mi ha fatto?
Perché non so resistergli?

È quasi notte e della mia famiglia non vi è ancora traccia e inizio a stare in pena, asciugo le ultime lacrime ed esco a cercarli, saranno in paese da Violet, non c'è altra spiegazione. Quindi mi incammino e in un niente intravedo il paese, passo davanti alla locanda che prende vita di notte, è gremita di gente con la voglia di divertirsi, al suo interno si sentono voci, schiamazzi e boccali che si frantumano per terra, davanti alla porta un omone grande e grosso intento a mantenere l'ordine mentre due cortigiane invitano i passanti ad entrare.

Aumento il passo, non mi è mai piaciuto questo posto né la gente che ci lavora.

"Ma guarda, guarda chi c'è!"

Sento una voce alle mie spalle, impaurita stringo ancor di più il mio mantello e velocizzo il passo, ma l'uomo dietro di me non molla e in un batter d'occhio mi blocca per il braccio, voltandomi lo riconosco. È Hector, piuttosto malconcio ma sempre con la stessa espressione poco rassicurante, dov'è lui ci sono solo guai.

"Dove via di bello?", mi chiede in tono viscido, al quale io non rispondo.

"Si dice che le occasioni non si sprecano e con te ne ho sprecate fin troppe. Non credi?", con le sue mani ruvide mi accarezza il viso e io mi sposto all'istante disgustata.

"Adesso basta!", urlo adirato, spingendosi dalla parte opposta, "Ora vieni con me contadinella!"

"No, no!, aiutoooo, aiutatemi vi prego!", urlo.

Ma nessuno, nemmeno l'omone ha il coraggio di mettersi contro di lui, così mi ritrovo a s alciare e a divincolarmi, ma l'ultima cosa che mi ricordo è la porta della locanda che si chiude davanti a me e poi il buio.

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