Capitolo 14

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Lontana. Sono troppo lontana.

Continuo a ripetermi mentre sono ancora qui, ferma ad ossevare uno scontro che tarda ad arrivare. Le mie mani si sfregano tra loro, ma non per il freddo, per la tensione causata da ciò che vedo malgrado la mia posizione. Le loro sagome sono al centro del palco, mentre tutto attorno il nulla, non è rimasto più nessuno, persino il Marchese ha pensato bene di andarsene. Che vigliacco!, lascia che sia qualcun'altro a sporcarsi le mani al posto suo.

Con il cuore in gola, osservo quei due da un tempo che non ha memoria. Lui è sempre circondato dalla solita sicurezza che lo contraddistingue, la sua postura da vincente, che è solito fare ogni qual volta si prepara ad uno scontro ed in fine il suo viso mascherato.
Cosa darei per sapere chi si nasconde dietro quel travestimento!
Ha tutta l'aria di chi non ha mai perso e non ha intenzione di farlo ora, soprattutto contro l'avversario che si ostina a guardare dritto negli occhi da secoli ormai.

Ma come lui, anche Hector dall'alto della sua statura mi ha sempre dato l'aria di chi sa maneggiare bene un'arma, e soprattutto mi ha sempre dato l'impressione di chi non accetta tanto facilmente una sconfitta.
Mille congetture e mille probabilità mi frullano per la testa, ma una cosa sola è certa, non sarà facile sconfiggerlo, quello a cui assistero' da qui a poco sarà uno scontro senza eguali.

Li vedo avvicinarsi cauti l'un l'altro senza mai perdersi d'occhio, si muovono in tondo, ogni movimento è allineato con quello dell'avversario. Smetto di respirare, ho paura anche a guardare, perché anche se non lotta per noi non voglio che perisca oggi, malgrado tutto, malgrado i suoi modi e le sue parole, non posso non ammettere che lui è l'unico che può contrastare la furia e la potenza del Marchese.
Quindi deve vincere!

Sotto i miei occhi lo scontro ha inizio. Il primo ad attaccare è Hector, ma le masquè riesce prontamente a parare il colpo, precipitandosi a colpire a sua volta l'avversario.
Lottano incessantemente, attaccano e si difendono, nessuno compie errori, nessuno ha l'intenzione di perdere.
Si muovono veloci e agili, le masquè per riuscire a schivare la lama è costretto a saltare giù dal palco, dove viene rapidamente raggiunto e messo ancora a dura prova da un altro colpo. Respiro, è riuscito ancora a schivarlo ma con molta difficoltà stavolta. Neanche il tempo di capire le dinamiche, che li vedo spada contro spada, forza contro forza, faccia a faccia.

Inizio seriamente a preoccuparmi e la mia posizione non mi aiuta, vorrei poter capire se è sfinito oppure sta solo fingendo, vorrei essere più vicina, come se la mia vicinanza potesse aiutarlo in qualche modo.

Stanca dell'ansia che pian piano mi sta divorando mi precipito a raggiungere un posto più vicino.
Corro, e velocemente raggiungo la valle nascondendomi dietro folti cespugli. Da qui ho una visuale frontale del loro duello, che per mia gioia vede al momento in difficoltà Hector, il quale è in ginocchio esausto e malconcio, le due ferite sanguinano, la testa e il braccio sono quelli messi peggio, con le mani tenta di reggersi dalla sua spada e a stenti riesce ad alzarsi, ma sa che deve farlo se vuole salva la vita, perché le masquè parte all'attacco, pronto a sferrare il colpo di grazia e proprio quando mi preparo a chiudere gli occhi per non imprimere nella mia memoria un'altra immagine di morte ecco che vedo sentiamo in lontananza in suono di tromba, le masquè fa l'errore di distrarsi verso la direzione di quel suono e Hector ne approfitta per prendere un pugno di sabbia da terra e a lanciargliela in faccia nell'attimo stesso in cui si rivolta.
Accecato il cavaliere con le mani tenta invano di togliere la polvere dagli occhi ma nel frattempo Hector si è già alzato e corso verso di lui con la spada tesa e pronta ad uccidere.

"Attento! È davanti a te!", urlo uscendo dal mio nascondiglio.

Le masquè si sposta, ma non sono sicura che ne sia uscito illeso, tant'è che subito dopo si tocca il fianco destro, ma Hector non gli da il tempo di capirne la gravità che parte nuovamente all'attacco affiancato stavolta da tre dei suoi uomini che lo hanno raggiunto.
L'incappucciato adesso è spacciato, si trova in inferiorità numerica e per giunta ferito.
Che posso fare?!

Una delle poche cose che giocano a mio vantaggio nell'essere cresciuta qui è che conosco questa terra come il palmo della mia mano, ne conosco ogni nascondiglio, ogni scorciatoia, ogni singolo elemento che possa sfruttare a mio beneficio, e così eccomi qui, con in mano dei sassolini pronta a prendere la mira e lanciare.

"Hei ma che diavolo....", esclama uno, quello più a tiro

"È quella ragazza, prendiamola!", risponde l'altro indicandomi.

Mentre io non smetto di prenderli a sassate.

"Andiamo!", urlano correndomi in contro.

"Hei!, no, che fate? Vi ordino di tornare qui!", urla Hector.

Ma è inutile, ormai loro sono dietro di me, con i volti carichi d'ira e con tutto l'intento di prendermi. Con tutta la forza che ho in corpo corro cercando l'entrate del bosco più adatta da prendere per la mia salvezza.
Mentre penso, continuo a correre e mi trovo già fuori dal paese con davanti il bosco, mi volto e li vedo sempre più vicini, prontamente imbocco l'entrata a sinistra dove gli alberi sono così fitti e intrecciati tra loro che se non stai attento rischi di restarne imprigionato, così, forte della mia memoria continuo a correre e a infilarmi in ogni piccolo arco o fessura incontro nel mio cammino mentre a loro non resta che arrendersi alla natura.
Dopo una rapida occhiata dietro di me mi convinco che posso fermarmi. Li ho seminati, quindi continuo con passo regolare con la speranza che lui si sia salvato, che tutto questo sia valso a qualcosa.

Un nitrito in vicinanza mi porta però a nascondermi dietro la corteccia di un albero. L'animale si avvicina e si ferma poco distante da me.
Vedo scendere l'uomo che lo ha condotto fino a qui, lo vedo sfilarsi il lungo mantello e la pesante armatura scura che porta sotto, rimanendo con una maglia che si appresta a togliere, lasciandomi in balia di questa visione.

Lui è a pochi passi da me incosapevole della mia presenza, occupato solo dalle sue faccende.
La sua presenza mi rincuora, ma allo stesso tempo vederlo liberarsi dei suoi abiti fa tornare in me la speranza di poter scoprire la sua identità, speranza che viene spenta subito dopo nel vedere il grosso taglio nel suo fianco.
Si passa la mano in prossimità della ferita e soffoca un lamento di dolore, improvvisamente, non so nemmeno io come e perché, ma faccio dei passi verso di lui, il quale si volta di scatto impugnando la sua spada.



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