Capitolo 19

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"Lasciala perdere, non fare caso a quel che dice", mi sussurra all'orecchio Margery mentre mi pettina i capelli.

"Qualcosa mi dice che non le sto simpatica!", rispondo storcendo il naso.

"Non farci caso, piuttosto corrono voci che sei stata nella camera nera"

"Camera nera?", chiedo voltandomi verso di lei.

"Si, la stanza usata per il martirio dei prigionieri"

"Ah si!", rispondo muovendo il capo a destra e a sinistra, cercando di cancellare ogni immagine riemersa di quel luogo.

"Sei stata fortunata ad uscirne indenne!"

"Indenne dici?", chiedo sarcastica.

"Sei viva!", risponde lei ovvia.

"Sono una schiava!", urlo

Lei mi guarda con compassione, sono davvero una stupida, tutte loro per anni sono in questa situazione, senza libertà né dignità.
Donne belle e giovani senza possibilità alcuna di scelta.
Margery sembra la più grande ma non per questo meno bella, anzi, tutt'altro, i suoi capelli neri come la notte, labbra rosse e piene, zigomi alti, pelle chiarissima e le sue forme generose la rendono un'oasi nel deserto.
Mentre Lauren, Oriette e Clementine sono le più giovani, con forme meno accentuate ma con visi delicati, bionde, alte ed esili, di certo allieteranno palati più sopraffini.
Ed infine ci sono Camille e Genevieve sorelle gemelle dai colori ed espressioni identiche l'una dall'altra, entrambe more ed entrambe alte e robuste con un solo particolare che le differenzia, Camille ha una voglia sul braccio destro, unico dettaglio su cui far fede se le si vuole riconoscere.

"Stasera cosa dobbiamo fare di preciso?", chiedo senza guardarla.

"Quello che tutte le sere siamo obbligate a fare...", risponde senza emozione mentre continua a pettinarmi i capelli, "Soddisfare ogni loro desiderio e tu, mia cara dovrai comportarti come lui vuole altrimenti per ognuna di noi saranno guai!", esclama tornando seria per un attimo, "Ma non temere ci penserò io a te!"

"A me?, c-cioe' che dovrei fare?, servire ai tavoli giusto?"

"Se lo vorranno si, come anche ballare, suonare, cantare...."

"Ma io non so fare nulla di tutto questo!", rispondo alzandomi dalla mia seduta mettendo distanza tra me e lei.

Se crede che mi pieghero' a tutto questo si sbaglia, io non uscirò da questa stanza, non esiste che io mi renda ridicola e che faccia il suo gioco.

"So a cosa stai pensando...ci siamo passate tutte, credimi, ma lascia che ti spieghi come stanno le cose...", dice avvicinandosi, "Io ho una figlia di tre anni che mi permette di accudire solo perché gli do ciò che vuole e quando vuole, così come Oriette e Clementine, mentre le altre hanno padri, madri e fratelli malati e bisognosi di cure, cure che lui concede fino a quando noi ci renderemo disponibili e affabili ad ogni suo bisogno...", ormai è vicinissima, siamo una di fronte all'altra, "Quindi se tu stasera non farai ciò che devi, per i nostri cari sarà la fine e io ti posso assicurare che avrò anche perso la mia libertà ma ciò non mi esula dal toglierti di mezzo qualora dovessi scegliere tra te e mio figlio!"

Parole dure, ma come darle torto, anche io al loro posto sarei pronta a tutto pur di salvare mia sorella o i miei genitori, quindi alla luce di ciò non posso far altro che assecondarlo, non posso e non voglio avere sulla coscienza un'anima pia.

"D'accordo!", dico senza via di scampo.

"Bene vieni con me che ti mostro alcuni trucchetti!"

Priva di spirito mi accingo a seguirla, sperando di trovare una soluzione a tempo debito.

La tanto attesa serata sta per avere inizio. Io e le altre siamo in attesa, dietro la porta d'ingresso del salone dove è stato allestito il banchetto e dove provengono le voci che sentiamo, segno che gli ospiti sono già arrivati.
Mi sento oppressa, ho passato le ultime ore di luce ad imparare passi e canti utili per rallegrare la cena a tutti i nobili presenti.
Ha vinto.
Ha ottenuto ciò che voleva, mi ha dimostrato quanto sa essere infimo, e io una debole.

Le porte si aprono e una forte luce quasi non mi acceca. Entrando il salone si mostra in tutto il suo splendore, grande, maestoso e con una grande tavola imbandita di ogni prelibatezza, in grado di sfamare il villaggio per una settimana intera, mentre i commensali sono seduti a brindare senza dare troppo peso a ciò che hanno sotto il loro naso perché impegnati ad ossevarci come oggetti per il loro sollazzo.
Passo in rassegna ognuno di loro, e vedo lui, Dominique, che è seduto proprio accanto al Marchese. I suoi occhi puntano i miei proprio come io punto lui, lo vedo bere e conversare senza distogliermi lo sguardo. La sua espressione è piatta, come se tutto questo per lui fosse normale, come se fosse dovuto, dopotutto lui è nato per essere servito.

Tutt'un tratto una musica lieve inizia a suonare e le altre iniziano a danzare mentre io rimango ferma, immobile nel punto in cui mi trovavo prima che le note echegiassero nella stanza. Sento gli occhi delle ragazze, che mi puntano come lame, e quelli di tutti gli altri che tra bisbigli e risatine mi concedono.
Nonostante ne sia consapevole non riesco a muovermi, il mio corpo si rifiuta, quindi rimango ferma lì con il capo chino e i pugni chiusi pregando che tutto questo non sia reale e che da lì a breve mi svegliero', trovandomi nella mia casa in compagnia dei miei genitori. Ma l'interruzione inaspettata della melodia mi fa alzare lo sguardo, notando gli occhi pieni d'ira del Marchese, il quale, sbattendo un pugno sul tavolo, attira l'interesse di tutti, che nel frattempo si erano già alzati a prendersi la serva che più gli interessava.

Lo vedo alzarsi e venirmi incontro, ma subito dopo, dietro di lui si alza anche Dominique, seguendolo e bloccandogli la mano nell'attimo prima che finisse sul mio viso.

"Mio caro amico posso sapere che diamine state facendo?", dice il Marchese rivolgendosi a lui a denti stretti.

"Ci penso io a lei!", risponde il Duca in modo schietto e inaspettato, lasciando sia me che il Marchese sorpresi.

"Voi? E perché mai?", gli chiede alzando leggermente i toni il Signore di questo castello.

"Sono un vostro amico, nonché vostro ospite, vi servono dunque spiegazioni del perché io voglia passare del tempo con codesta fanciulla?", risponde risoluto il Duca.

"Si, se la fanciulla in questione è solo mia!", inizia ad urlargli contro il Marchese.

"Vostra?", chiede il Duca spazientito, "Non sapevo dell'esistenza di questa legge, solitamente non è buon uso che il proprietario del castello condivida e metta a totale disposizione tutto ciò che il proprio ospite desidera senza remora alcuna o sbaglio?"

"Non vi sbagliate mio caro amico, se non fosse per il semplice fatto che lei non è una schiava!", continua a ribattere il Marchese prendendomi la mano e tirandomi a se.

"Ma davvero?, io l'ho vista entrare con tutte le altre!"

"Si ma lei..."

"Per me lei è qui per servire", dice Dominique interrompendolo, "E dunque voi non avete alcun diritto di negarmela!"

Gli sguardi che intercorrono tra i due sono agghiaccianti, e per di più non riesco a capire Dominique.
Perché lo fa?
Perché sfidare colui che è un suo amico?
Non ci capisco più nulla, la situazione peggiora di attimo in attimo, adesso si stanno avvicinando anche altri ospiti, visibilmente euforici per via del vino, a stento si reggono in piedi, in balia di singhiozzi e risate senza senso, suscitando il disgusto nel Marchese il quale per sfuggire ad un rigurgito è costretto ad allontanarsi ed è lì che Dominique ne approfitta, velocemente mi prende per il braccio, apre la porta e usciamo dal salone, dopodicchè inizia a correre tra i corridoi del castello obbligandomi a seguirlo. 

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