Capitolo 12

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Ancor prima che il Marchese si pronunci, Hector avanza verso di noi, con fare poco accondiscendente.

"Io non rispondo ai vostri ordini Duca, ma solo a quelli che mi impone il mio Signore, nonché il vostro più caro amico, il Marchese Basile, quindi spostatevi e lasciatemi prendere la fanciulla!"
Esclama avanzando ancora con fare sicuro e cauto, lanciando sguardi minacciosi al mio soccorritore, il quale ad onor del vero non ne risparmia neanche lui al mio aguzzino. Il suo viso dapprima rilassato e sorridente si tramuta in spigoloso e adirato, probabilmente per la mancanza di rispetto che si è appena pronunciata dinnanzi alla sua persona.

"Il tuo Signore si reputa soddisfatto quindi non vedo il motivo per cui si debba continuare con questo teatrino, Hector!"

A sentire la sua risposta, ferma il suo passo ma ancora stizzito dalla sua presenza stringe i pugni e digrigna i denti, "Il Marchese non mi ha ancora ordinato di fermarmi, quindi Duca siete pregato di allontanarvi da costei!"

Dominique, dopo avermi rivolto un breve sguardo si volta verso il suo interlocutore, sfidandolo con lo sguardo, si capisce benissimo che tra i due non scorre buon sangue, "Vuoi ancora mancare di rispetto a un tuo superiore?", la sua frase suona come un avvertimento.

"La fanciulla che difendete ha già sfidato il mio Signore, una volta con i fatti e tante altre con i suoi sguardi impertinenti, quindi non merita le vostre difese, consegnatemela e basta!"

Mentre loro discutono io rimango inerme ad ascoltare ed osservare nello stesso punto in cui ero, in mezzo alla piazza tra l'incredulita' e la paura di mia madre e dei pochi rimasti ad assistere, proprio qui tra la terra ed il vento che incalza con la stessa voracità in cui si sfidano i due, io, anzicchè esserne lusingata mi chiedo il perchè di tutto questo, da dove proviene tutto questo astio nei miei confronti, ci deve essere una spiegazione più plausibile della scusa riguardante i miei sguardi di sfida.
Cosa può volere un uomo come il Marchese da una come me?

Ma mentre i miei pensieri vagano alla ricerca di una risposta, i miei occhi intercettano gli sviluppi della loro discussione.
Dominique ed Hector sono faccia a faccia, si osservano e si studiano come in attesa dell'attimo esatto in cui colpire.
Ma prima che succeda l'inevitabile il Marchese li raggiunge affiancando Hector mettendogli una mano sulla spalla spingendolo così ad indietreggiare, ponendosi lui al suo posto, davanti a Dominique.

"Mio fidato amico hai pienamente ragione, mi ritengo più che soddisfatto oltre che stanco, torniamocene pure al mio castello seduti davanti a un bel calce di vino, che ne dite?", si vede lontano un miglio che recita, finge cordialità ovunque nel suo essere, è altamente adirato ma trattiene la sua ira nascondendola dietro un finto sorriso.

"E come potrei rifiutare un invito simile?!", esclama il Duca ridendo e scherzando come se nulla fosse.

Che non se ne sia accorto?possibile?
Dubbi su dubbi, mi è ancora difficile credere che lui sia intervenuto per me, che mi ha difesa andando contro al volere del suo caro amico, causandomi abbastanza scompiglio, non so più cosa pensare di lui, forse semplicemente non è a conoscenza della cattiveria del Marchese, crede solo alle storie che va a raccontare, diventando così vittima del suo inganno proprio come noi.

"Bene!, voi prendete i prigionieri, la loro sorte verrà scelta in separata sede" dice voltandosi verso i suoi uomini, "Noi invece rechiamoci pure al mio castello!", esclama guardando Dominique.

I suoi uomini prontamente eseguono gli ordini, mentre lui dopo una lunga occhiata indirizzata prima al suo amico e subito dopo verso la mia direzione si dirige dentro la sua carrozza, chiudendosi la portiera e partendo senza aggiungere altro, lasciandomi avvolta tra polvere e dubbi.

Mentre la poca gente rimasta in piazza mormora, prega e piange disperata per i propri cari presi in prigionia, tant'è che persino mia madre va a consolare una donna in preda allo sconforto, lasciandomi nello stesso punto di prima con Dominique che si volta per raggiungermi.
Il suo sguardo è indecifrabile, avanza scrutandomi con i suoi occhi senza mai abbassare lo sguardo.

"State bene?", mi chiede non appena arriva davanti a me.

È talmente vicino che nonostante la polvere alzata dalla carrozza e il vento che soffia forte portando con sé l'odore del trambusto appena avvenuto, riesco a sentire perfettamente il suo dolce profumo di rose di damasco, profumo che incanta, non c'è che dire, ma io, attualmente in balia delle mie emozioni non so e non riesco a dargli una risposta.
Come mi sento?, sembra una domanda facile per chiunque tranne che per me in questo momento.

"Ditemi che posso fidarmi di voi", dico con un groppo in gola alzando il viso verso di lui.

La mia frase è inaspettata, lo vedo sorpreso ma al tempo stesso incerto sul cosa rispondere e la sua titubanza mi porta ad abbassare nuovamente il viso.
"Vi ringrazio per oggi, mi avete salvata e di questo ve ne sarò sempre grata, ma vogliate scusarmi adesso devo andare da mia madre e da mia sorella", mi inchino, "Con permesso Signore"

Così, con gli occhi spenti, colmi di tristezza e amarezza gli volto le spalle.
Perché tutti gli uomini che incrocio nel mio cammino sono in verità una totale delusione, prima mi illudono e mi colpiscono con il loro fare da gentiluomini e poi con le loro parole e i loro gesti mi confondono rivelandosi in realtà tutto l'opposto.
Quindi come posso sentirmi se non inutile, stupida e ingenua, altro che donna, ha ragione mio padre, sono una bambina che si sta affacciando solo ora alla vita e da inesperta quale sono finisco col compiere errori che alla lunga mi portano solo a soffrire.

"Jaqueline!".

Sento lui pronunciare il mio nome, ma rimango sui miei passi, continuo a camminare verso la mia famiglia senza più voltarmi, l'ultima cosa che voglio è essere riempita da scuse e da parole prive di valore.
D'altronde lui è un nobile mentre io un'umile figlia di un contadino che lotta per un'esistenza migliore, cosa che lui non potrà mai capire abituato com'è a vivere nell'agio, circondato da tutto ciò che più lo aggrada, mentre io sono condannata ad una vita di stenti e costretta a rincorrere una felicità che potrebbe non arrivare mai.






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