Capitolo 30

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Non posso credere che mi ha lasciata da sola.
In cuor mio ho paura che non torni, temo che in questo momento stia lottando per la vita e io non avrò l'opportunità di abbracciarlo mai più.

Scuoto la testa per cacciare questi brutti pensieri.
Lui tornerà da me, deve tornare!
Sola con le mie paure mi siedo ed osservo come ipnotizzata quel che resta del fuoco che lui ha acceso poco prima di volgermi le spalle lasciandomi con l'angoscia a divorarmi l'anima. Inevitabilmente scoppio in un pianto silenzioso, non voglio che di lui mi restino solo i ricordi, voglio poter avere la possibilità di vivelo, voglio ancora poterlo abbracciare perdendomi nei suoi occhi, avvolta dalla sua oscurità e dalla sua visione del mondo.
Eremita nell'animo, poco importa se non avrò mai un luogo di appartenenza, ovunque sarò andrà bene, purché staremo insieme.

Distratta da voci esterne, mi alzo e vado vicino alla finestra. Tramite una piccola fessura tra un'asse e l'altra vedo due uomini tra i quali ne riconosco uno.
Basso, grosso e pelato, difficile da dimenticare, era uno degli uomini che si sono insediati nel castello la sera in cui sono scappata, l'incognita ora rimane il motivo per cui si trova qui e soprattutto chi è l'altro a suo seguito.

Man mano che si avvicinano, confermo i miei ricordi, e posando lo sguardo sull'altro noto la sua uniforme con lo stemma del Marchese e subito mi allerto. Mi allontano dalla finestra, con un po' d'acqua spengo il fuoco, con cautela, cercando di non fare rumore, accosto un mobile davanti la porta e frettolosamente, in preda al panico, apro tutti i cassetti in cerca di un'arma da poter usare a mio favore.
Riesco a trovare un coltellaccio e con le preghiere in testa mi nascondo rannicchiandomi il più possibile nell'angolo più buio e più lontano.

"Qui non c'è nulla idiota!", sento urlare.

"Vi assicuro che è qui!"

"Bada bene, se osi depistare il Marchese non avrai le monete promesse ma la morte certa!"

"No, no, no....vi prego, vi imploro, credetemi....costei é qui!", sento rispondere sempre più vicino alla porta.

"Bene, entriamo allora!"

Calci, spallate, le provano tutte pur di riuscire ad entrare. Fino a quando con un'ascia riducono a brandelli la porta.

"Uscite, è un ordine del Marchese!", urla la guardia.

Ma io mi tappo la bocca, in modo da non fare uscire il minimo sibilo e mi stringo sempre più su me stessa, con la speranza che non mi trovino.
Nascosta come sono, non riesco a vederli, ma li sento rompere e ribaltare ogni cosa gli capiti a tiro.

"Mi sentite?", urla ancora, "Se non uscite vi prometto che prima di consegnarvi al mio Signore, mi approfitterò di voi!"

Parole seguite dal silenzio, rotto solo dal suono del loro respiro, fino a quando il grassone non mi scova.

"L'ho trovata!", esclama prendendomi per i capelli.

Trascinandomi, così, verso l'uomo armato. Ma io non mollo, mi dimeno e con il coltello mosso per aria a destra e a sinistra riesco a ferire al braccio il poveraccio che mi ha trovata, facendogli lasciare la presa. Situazione che io non mi faccio sfuggire e velocemente cerco di scappare verso l'uscita, ma riesco solo a vedere il sole tramontare perché la guardia mi prende e mi scaraventa a terra.

"Ti ha lasciata sola soletta il tuo amato Cavaliere....", dice ridendo e sovrastandomi con il suo corpo, "Al suo ritorno troverà solo questo disordine e nulla più!"

"Lasciatemi!", urlo picchiandolo con le mani.

Ma lui ride di gusto, "Pensava che solo lui poteva pagare la feccia per imporre, loro, un ordine?", dice guardando in faccia il grassone, che sentendosi messo in causa inizia a ridere dietro di lui, "Zitto!", lo ammonisce, "Legala piuttosto e caricala sul carro!"

Legata, imbavagliata e messa in spalla vengo trascinata fuori e buttata sul carro, che velocemente si incammina lungo il sentiero che porta al castello.

"Ottimo lavoro!", esclama sogghignando la guardia, mentre l'altro si sfrega le mani all'idea del suo meritato bottino.

Sdraiata con il viso rivolto verso il cielo stellato, non mi resta che rivolgere il mio pensiero e le mie preghiere a lui, Stèphane, che con la luna piena di fronte, immagino il suo viso e i suoi baci, mentre calde lacrime solcano le mie guancie. Non sono pronta a scoprire e a vedere il suo corpo privo di vita, non sono preparata a perdere come non lo ero ad amare, ma con lui è successo in un modo talmente naturale che non me ne sono neanche quasi accorta.

Se siete morto amore mio adorato farò in modo di raggiungervi lassù, in alto, nel Regno dei Cieli, perché non c'è vita terrena per me senza voi,e non esiste motivazione più forte del mio amore per voi. Da lassù pregate per me, mio prode Cavaliere, per far si che il mio intento funzioni. In vita ci siamo solo rincorsi, riuscendo ad amarci in modo fugace, or dunque confido nella morte, lì, le nostre anime troveranno la pace eterna, unite e strette insieme, libere finalmente di viversi felicemente. Aspettatemi, che io non vi farò attendere!

Narro nella mia mente parole che mai furono più vere e sentite di queste, mentre nella mano destra, ben nascosta da occhi indiscreti, stringo la lama insanguinata del coltello usato poco fa, e con la coda dell'occhio volgo lo sguardo sui due uomini che ignari di tutto continuano il loro camminano, ridendo e canticchiando la loro apparente vittoria.

Ride bene chi ride ultimo!

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