The day after (prima parte)

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Roma, h 10.00

Alice sta ancora beatamente dormendo e io mi ritrovo, come un vero idiota, ad osservarla mentre continua a fare smorfie ed espressioni buffe durante questo suo sonno 'incantato'.
Scuoto la testa continuando a pensare agli ultimi avvenimenti ma, soprattutto, al da farsi.
E' sabato mattina e normalmente a quest'ora sarei già in piena attività andando avanti con il lavoro dal mio studio, alle otto sarei uscito per la mia solita corsa e poi avrei prenotato un tavolo sul lungo Tevere per godermi la giornata e poi di nuovo a casa, a lavorare.
Sono metodico e ligio al dovere, una cosa che Alice non sarà mai, anche se ha intuito e passione.
La stessa che ho anche io, per il mestiere che ci siamo entrambi scelti e del quale dovremo parlare.
Per quanto il mio atto di non partire fosse stata, sul momento, la scelta più razionale che potessi prendere (diciamocelo, guidato anche da una grande dose di irrazionalità, dovuta certamente a ciò che sento per lei), nonostante tutto l'America è ancora lì che mi aspetta. Washington è ancora lì che mi aspetta e, mi ritrovo, nuovamente, a dover mettere tutto sul tavolo, in discussione.
Il fatto che io non sia stato nominato direttore dell'Istituto è un dolore che pian piano supererò, ma al momento l'idea di dover sottostare agli ordini di qualcuno che non sia Malcomess non mi va per niente a genio. A questo punto, forse, avrei preferito che fosse nominata la professoressa Boschi.

No, ora non esageriamo.
Almeno ora potremmo raggiungere una tregua e dichiarare guerra al nuovo direttore.

Anche se certe scelte e decisioni infantili come queste non sono per niente da me. Eppure non riesco a pensare ad altra soluzione, per poter continuare a restare all'Istituto.
Ma è quello che voglio? Restare a Roma? Restare alla mercé dell'ennesimo direttore quando, a Washington potrei avere i riconoscimenti che merito, grazie solo ed esclusivamente al mio lavoro.
Forse non è il momento di pensarci e forse, per questa volta, potrei includere Alice in questa discussione che sto avendo con me stesso.

Improvvisamente, mentre sono assorto ancora nei miei pensieri, sento il mio cellulare vibrare e mi alzo di scatto per rispondere, sia perché odio chi ci mette una vita nel farlo sia perché non voglio che Alice si svegli.

"Visone, si, dimmi. Cosa? Certo, d'accordo. Arrivo."

Rispondo in maniera criptica e veloce, come faccio normalmente. Mi volto verso Alice controllando che stia ancora dormendo e ringrazio il cielo che ha una capacità di dormire peggio dei camionisti durante le pause tra i lunghi tragitti che percorrono ogni giorno.
Mi do una sciacquata veloce, senza fare la doccia, sapendo che ci impiegherei troppo tempo e che la mia presenza è richiesta immediatamente in ospedale. Recupero un completo nell'armadio e cerco le chiavi di casa e dell'auto.
Mi vesto con rapidità e senza far rumore.
Successivamente, esco di casa dimenticandomi involontariamente di lasciare un biglietto ad Alice.


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Roma, h 11.30

E' mattina inoltrata. Credo che possano essere le undici o mezzogiorno o addirittura più tardi. Onestamente non lo so ed in questo momento non mi interessa. La perdita della cognizione del tempo è decisamente l'ultimo dei miei problemi. Faccio fatica ad aprire gli occhi anche se la luce penetra insistentemente attraverso le tende blu notte che Claudio ha in camera da letto. Lentamente mi rigiro tra le lenzuola che profumano di lui, allungando una mano verso la sua parte di letto, aspettando di trovarmelo lì, ancora sonnecchiante, vicino a me. Ma la mano scivola sul materasso e i miei occhi si aprono violentemente nel constatare la sua assenza. Lancio così un rapido sguardo verso la porta del bagno che affaccia sulla camera da letto ma non sento rumori di nessun genere quindi deduco che non sia neppure lì.

Claudio, ma dove sei?
Possibile che anche questa mattina debba svegliarmi senza di te?
Soprattutto dopo questa magica notte?

Forse è colpa mia, forse speravo in un miracolo ma non è nelle sue corde resistere all'impellente impulso di lascarmi sempre qui, da sola.
Sospiro rigirandomi nel letto e trascinando le lenzuola sopra la testa abbandonandomi nuovamente alla comodità di quel letto, anche se lo sarebbe di più con il suo proprietario al suo interno.
Dopo qualche minuto decido di alzarmi, perché mi sento una stupida nel restare ancora a letto, di sabato mattina, da sola e .. senza vestiti!
Per questo in punta dei piedi cerco qualcosa da indossare,optando per la sua camicia dopo aver recuperato l'intimo e dopo averlo indossato.
Si sa che sono una ficcanaso ed una curiosona, per questo inizio a girare in punta di piedi per la casa. Il parquet in rovere non è freddo, grazie a Claudio che non appena ne ha avuto la possibilità ha installato a casa sua questo riscaldamento di ultima generazione che riscalda anche il pavimento. Così posso avventurarmi nelle mie ricerche senza gelarmi i piedi!

La casa di Claudio non è esattamente come ci si aspetta da un tipo apparentemente freddo e distaccato come lui.
Il design è moderno e minimal e tutto si trova esattamente al posto che Claudio gli ha dato, ma ha un certo spessore ed una certa vitalità che la si può riconoscere solo se si conosce un po' più approfonditamente il suo proprietario. Non ci sono molte fotografie in giro, questa è una cosa che avevo già appurato le prime volte che sono venuta qui a casa sua, a parte una foto che lo raffigura il giorno della sua laurea ed una con il Supremo risalente, credo, al giorno della specializzazione.
In effetti di Claudio e del suo passato so ben poco e quello che so di certo non è stato lui a raccontarmelo.
Devo tutto alla professoressa Margiotta e, purtroppo, a Beatro.. ops, Beatrice!

La cosa che mi risulta parecchio strana è l'assenza totale di scatoloni o di ciò che serve, normalmente, quando una persona è intenzionata a trasferirsi. Immaginavo in effetti di trovare un po' di disordine, magari con qualche scatolone meticolosamente riempito ed etichettato e pronto per essere spedito. E invece, niente.
In cucina la dispensa è piena così come il frigorifero.

Assorta nei miei mille pensieri decido di farmi un caffè con la sua macchinetta della Nespresso che ancora oggi ho difficoltà ad utilizzare.
L'accendo, ricordandomi le istruzioni di Claudio e cerco le capsule che non trovo al solito posto. Devono essere finite e si sarà dimenticato di prendere le altre, ma so che ne ha una scorta perché morirebbe senza il suo "Roma", l'unico gusto che compra sempre all'ingrosso della Nespresso quando vede che le sue scorte stanno per terminare.
Per me è leggermente troppo forte ma lo bevo con gusto ugualmente.

Inizio così ad aprire tutti gli scompartimenti dei mobili della cucina alla disperata ricerca delle capsule e finalmente le trovo, anche se sono nel ripiano più in alto che raggiungo con difficoltà, mettendomi in punta di piedi.

In quel momento, sento la porta aprirsi e poi richiudersi. Ed in pochi minuti, Claudio entra in cucina, trovandomi lì ancora in bilico per recuperare le capsule, con addosso solo la sua camicia.

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