Ne vale la pena.

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La premura di Claudio mi ha destabilizzata.
Non solo i suoi gesti ma anche le parole, i toni che ha utilizzato, cercando dentro di se di controllarsi e di non urlarmi contro come mio solito.
Neanche lui sta dormendo tanto in questi giorni e l'ho capito nel momento in cui si è tolto gli occhiali da sole e i nostri sguardi si sono incontrati.
Lo so, avrei dovuto rifiutare il suo invito per domani sera, ma più che un invito sembrava solo un promemoria per ciò che avremmo fatto.

E' sempre così, con lui non riesco mai a tenere il punto.

Almeno, però, sono un po' più tranquilla e così, senza che me ne renda conto, mi faccio accogliere tra le braccia di Morfeo, crollando distrutta.



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Ho lasciato carta bianca a Paul nello scegliere il ristorante, visto che non mi interessa poi molto dove e cosa mangeremo quanto la conversazione che abbiamo da fare.
Alla fine opta per il ristorante "Molto" sito in Viale dei Parioli, non molto lontano da casa sua.
E' un locale che già conosco e dove, ovviamente, conoscono sia me che Paul, dopotutto è pur sempre il Supremo della medicina legale a Roma da più di trent'anni ormai.
Il locale non è molto affollato, fortunatamente. Ci fanno accomodare dopo pochi minuti dal nostro arrivo, scortandoci al tavolo (all'aperto visto il caldo) e portandoci delle entré di benvenuto, com'è loro solito fare.
Dopo aver ordinato da mangiare, ci ritroviamo a colloquiare del più e del meno riguardante ciò che era successo in ospedale e dell'incontro di domani mattina con la PM. Ad un tratto però Paul mi interrompe, dopo avermi scrutato per diverso tempo.

"Non ti vedevo così agitato, con me, da quando ti invitai a pranzo per dirti che avevo intenzione di assumerti in Istituto. Deve essere qualcosa di molto importante, ciò di cui vuoi parlarmi."

Paul Malcomess è come un terzo padre per me. Mi ha cresciuto e guidato all'interno delle quattro mura dell'Istituto di Medicina Legale, cercando di plasmarmi a sua immagina e somiglianza e forse, e ribadisco il forse, c'è riuscito.
Lo penso dal modo in cui ogni volta che ci troviamo a parlare di qualche autopsia da me svolta o di qualche articolo da me scritto, mi osserva con uno sguardo misto tra orgoglio e fierezza.
Sguardo che avevo già visto sul volto di mio zio, anche se mio padre, non avendo mai capito cosa sono diventato e quanto mi sono realizzato nella vita, in quel modo non mi ha mai guardato.

"In effetti si, è parecchio importante." Rispondo alla sua constatazione e, mentre faccio schioccare le dita della mano sinistra tra di loro sotto il tavolo (è un tic nervoso che mi assale quando non ho la pallina con cui sfogarmi) inizio a parlare.

"Mi conosci, Paul. Sai quanto io sia sempre stato dedito al lavoro, diligente e serio, senza mai avere uscite di testa o senza mai creare problemi all'interno dell'Istituto, sul luogo di lavoro.
Detto ciò, proprio perché mi conosci, immagina il mio stupore quando mi sono reso conto che avrei dovuto fare questo discorso proprio con te, persona che stimo e della quale spero di non perdere mai la stima, la fiducia e l'amicizia che ci lega."

Si, a giri di parole mi sa che Sacrofano mi ha influenzato!

Lui mi guarda tra il perplesso e l'orgoglioso, uno sguardo nuovo in effetti. Non dice niente, come se il suo silenzio fosse un invito a proseguire.

L'Allieva 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora