Capitolo 29

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Irama's pov.

-Raccontami un po' di te- la incito, parcheggiando l'auto su una collinetta. Ho guidato per un'ora, c'era traffico, e adesso non ne ho voglia. Per fortuna al mio fianco c'è lei. Oggi non ho proprio la faccia di uno felice.

-Non c'è molto da dire, la mia vita è un caos totale. Ci sono stati momenti in cui ho pensato di farla finita. Non avrei dovuto lo so, alcune persone stanno peggio di me ma il problema è che a volte sembra andarti tutto contro...- afferma, toccandosi un piccolo braccialetto argentato sul polso.

-Ti capisco, non ti devi giustificare, sai?- annuisce, composta, con le gambe accavallate sul sedile.

-Grazie, vedi io sono figlia di immigrati che sono partiti senza un soldo da una terra di guerra e morti quotidiane. Ho perso due fratelli, poi mio padre, e ora sono in affitto con mia madre e altri dieci fratelli. I miei speravano di sistemarsi qui, e invece hanno continuato a patire la fame...- ammette con gli occhi lucidi. Mi sto commuovendo. Fin da piccolo ho avuto una particolare apprensione, soprattutto per i diversi. Anche quelli emarginati. In classe me ne stavo con i meno considerati, anche a costo di diventarlo anch'io. Penso che non esista una scala sociale di deboli e forti. Di etnie prevalenti e sottoposte. Esistono gli esseri umani, e la diversità è ciò che ci rende unici. Se fossimo tutti uguali il mondo non sarebbe altro che un'inutile casa delle bambole. Dove non ci sono anime, solo marionette.

-La tua storia ti fa onore, i tuoi occhi esprimono tanto. Sono profondi, dentro ci posso vedere persino un lumino acceso- dico, appoggiandomi allo schienale, rilassando le gambe.

-Smettila dai! Sono imbarazzata!- risponde, abbassando lo sguardo.

-Perché non ti sdrai?- alla mia domanda, rilassa i muscoli tesi con un sospiro e si mette sul sedile con i piedi sul cruscotto.

-Troppo?- domanda educatamente. Scuoto la testa sorridendo.

-Ha una storia quel braccialetto? Te lo chiedo perché è da quando sono partito che lo fissi-

-In realtà si, ma ho intenzione di venderlo. Mi servono soldi- confida amareggiata. Non voglio che lo faccia, non le chiedo della storia di quel bracciale anche se lei mi anticipa.

-Era di mio padre, un regalo del mio diciottesimo. Non feci una festa ma quella mattina trovai una piccola scatolina sotto il letto. Era graziosa. Aveva un fiocco dorato attorno, la conservo ancora- rivela mentre gli occhi si riempiono di lacrime.

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