Capitolo 33

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Carmen's pov.

Eduardo mi ha portata a cena in un piccolo ristorante, sono felice di passare questa sera con lui.
È un galantuomo non c'è che dire. Anche se è un ragazzo semplice, vestito con jeans e maglietta sportiva.

-Quindi tu e lui avete litigato?- domanda, tagliando la sua carne alla brace.

-Si, noi litighiamo per tutto. Ma la distanza ci sta dando ancora più problemi- bevo dal mio bicchiere di cristallo del vino bianco e mi pulisco con un tovagliolo.

-Ma tu lo ami ancora?-

-Certo, io lo amo con tutta me stessa ma non so a questo punto lui cosa possa provare per me. Metto in dubbio tutto-

-Questo è un errore. Non dare nulla per scontato. Dalla mia esperienza infelice ho capito che in alcuni casi bisogna andarsi in contro- aggiunge, -io e la mia ex eravamo due orgogliosi. Ci scontravamo ma sembravamo perfetti l'un per l'altra. In realtà non abbiamo mai provato a capirci, confrontarci. E credo sia stato questo a portarci a quella parte che conosci già-

-Pensi? Perché io sono certa di fare molto per lui ma dall'altra parte ho un muro di mattoni. Uno invalicabile. Inizialmente non me ne rendevo conto, lui è uno che parla poco, io invece non sto mai zitta. Però tutte le volte che ho provato a scavare più in profondità c'era sempre un maledetto ostacolo che m'impediva di comprendere- ammetto stringendo i pugni sul tavolo. Lui mi ha raccontato un po' della sua storia ma non è mai stato propenso ad aprirsi del tutto, a dirmi come stesse mentre discutevamo, a far si che io lo potessi aiutare.

-Mhh... Un enigma allora- commenta, allungando il bicchiere per un cincin. Si toccano, beviamo guardandoci negli occhi.

-Hai centrato il punto- deglutisco, sto dando di matto con questo vino. Ho già la testa che mi ruota.

-Aspetta hai...-

-Cosa?- mi tocco le labbra. Si protende verso me e mi sfiora il labbro inferiore.

-Del sugo-

-Gli spaghetti- rido un po' troppo. Ok, ho tirato troppo la mano con questi bicchieri.

-Però adesso questa bottiglia la mettiamo da parte eh?- dice Eduardo, spostandola verso se stesso. Che dolce. È un gesto carino nei miei confronti, vuole prendersi cura di me.

-Facciamoci una foto- propongo.
Prendo il telefono e mi siedo sulle sue gambe.

-Al mio tre dici cheese, mi raccomando- gli rammento prima di attivare la fotocamera. Lo scatto che ne viene fuori è perfetto, infatti lo pubblico su Facebook taggandolo.
Mi riaccompagna a casa, preoccupandosi perché sono brilla ma rifiuto la sua proposta di aiutarmi a salire le scale.

-Ce la posso fare... Io sono forte- non ho idea da dove mi sia uscita questa frase ma preferisco fare figuracce chiusa in casa piuttosto che in pubblico.

-Insisto, non ti reggi in piedi-

-Insisto, togliti di mezzo- replico, appoggiandomi alla porta. Provo a infilare le chiavi nella toppa ma ahimè non prendo il buchino. Non pensavo che qualche bicchiere mi desse così tanto alla testa.

-Faccio io- dice, togliendomi le chiavi di mano. Il primo scalino in entrata purtroppo non lo considero proprio e difatti inciampo e mi ritrovo a faccia in su accanto alle scale.

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