CAPITOLO 20

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Sabrina passò la successiva mezz'ora camminando per la stanza, nervosa.

Era andato tutto bene, Edward aveva reagito in modo positivo alla sua rivelazione e dubitava che avrebbe rivelato il segreto a qualcuno.

Tuttavia, non poteva ignorare quello che era successo con Clay. Innanzitutto, doveva scoprire cosa volesse di così urgente da presentarsi al ristorante, inoltre, doveva dirgli di non intromettersi più nella sua vita, di non darle degli ordini e di non picchiare i suoi amici.

Tutto ciò doveva farlo ora.

Indossò un paio di shorts e una felpa che la riparasse dall'umidità della notte, afferrò le scarpe da ginnastica e si diresse al piano inferiore.

Fuori, una grossa luna piena illuminava ogni cosa, nascondendo le stelle presenti nel cielo.

Mentre correva in direzione della casa, pensò a tutte le cose di Clay che la facevano infuriare: la sua mania di dare ordini, l'indelicatezza nei gesti, il linguaggio maleducato. Non c'era niente che apprezzasse in lui, ma allo stesso tempo desiderava vederlo, capire cosa gli passasse per la testa e trovare il modo di comunicare.

Le sembrava passato appena qualche secondo quando si ritrovò nella cucina in cui era svenuta pochi giorni prima. Era tutto esattamente come l'aveva lasciato: le stoviglie impilate nelle credenze, gli utensili appesi alla parete, il profumo di biscotti appena sfornati. Insieme ai ricordi, l'assalì anche una strana sensazione di déjà-vu. C'era qualcosa che le sfuggiva, un ricordo, un'immagine, ma l'accantonò per dedicarsi al motivo per cui si trovava lì.

«Clay?» domandò mentre entrava nella sala principale. «Ally? Hayden?»

Sembrava non esserci nessuno.

"Fammi sentire" ordinò alla magia.

Il suo udito si acuì, permettendole di percepire i rumori più disparati: le macchine intorno a Scopello, i gufi tra gli alberi, gli innamorati che sussurravano parole dolci sotto le lenzuola.

Cercò di concentrarsi sulla casa, escludendo tutto il resto.

«Fa male, brucia, vi prego aiutatemi.»

Spalancò gli occhi: era la voce di Allyson. Cosa le stavano facendo?

Le grida provenivano da una porta socchiusa dietro la quale si intravedeva una scala buia. Sabrina si avvicinò e vide, sul fondo, un pianerottolo rischiarato da torce attaccate alle pareti. Che razza di posto era?

Scese i gradini e, arrivata alla fine, si guardò intorno. Era una sala enorme, priva di mobilio, sulla quale si affacciava una porta in ferro battuto. Su di essa, c'era un piccolo spioncino, chiuso da delle sbarre, da cui proveniva la voce di Allyson.

Sabrina sbirciò all'interno.

Una donna, nuda, le dava le spalle. I vestiti erano buttati in un angolo. Urlava così forte che Sabrina fu costretta a mettere fine al suo incantesimo, per non rischiare di perdere l'udito.

«Ally?»

La ragazza si girò, il viso rigato dalle lacrime e parte dei capelli strappati, a terra.

«Cosa ti è successo?»

«Ti prego, aprimi, portami via di qua» disse correndo verso la porta e allungando un braccio in direzione di Sabrina.

Sabrina fece qualche passo indietro, evitando per un soffio di essere afferrata. La porta era chiusa da un enorme lucchetto.

"Apriti" ordinò mentalmente.

Il pezzo di ferro cadde a terra con un tonfo sordo che rimbombò lungo le pareti.

Allyson si gettò ai piedi di Sabrina e restò immobile.

C'era qualcosa di strano, il suo istinto glielo diceva, ma non riusciva a capire cosa. Sentiva di doversi allontanare da quel luogo, ma Allyson era davanti a lei, nuda e in lacrime. Come poteva non avvicinarsi?

Si era quasi convinta a portarla fuori da lì, quando le grida della ragazza si trasformarono in un gorgoglio. Sembrava stesse soffocando nella sua stessa saliva. Era a carponi e teneva la testa poggiata sul pavimento, in una muta preghiera. Le ossa sporgevano dal suo corpo magro e quando queste cominciarono a muoversi, Sabrina pensò di avere un'allucinazione. Sentì il rumore di qualcosa che si spezzava, mentre il corpo di Allyson iniziava a cambiare aspetto. Le unghie delle mani crebbero a dismisura, divenendo dei veri e propri artigli e sulle braccia vide comparire i primi peli.

Sabrina indietreggiò fino ad arrivare con le spalle al muro, incredula.

«Cosa cazzo hai fatto?» sbottò una voce alla sua destra.

Clay li aveva raggiunti.

Allyson, o meglio ciò che ne restava, si alzò in piedi. Il suo corpo stava ancora mutando, ma era chiara quale sarebbe stata la forma finale: quella di un lupo.

La bestia guardò Clay ed emise un suono gutturale, minaccioso.

Il ragazzo rispose con una smorfia e dischiuse le labbra, lasciando intravedere lunghi canini. Ma non furono i denti a colpire Sabrina, bensì gli occhi: erano esattamente quelli che la tormentavano nel suo incubo.

Adesso ricordava anche tutto il resto: la mattina che era giunta alla villa, il frigorifero. Aveva visto lo stesso sguardo, ma era svenuta prima di poter fuggire.

Avrebbe pensato più tardi al motivo per cui sembrava aver rimosso quel ricordo.

Clay e Allyson si lanciarono uno sguardo di sfida e saltarono l'uno verso l'altro, con un balzo che di umano non aveva più nulla.

Sabrina reagì.

Alzò un braccio in direzione di Clay e l'altro verso Allyson, come un direttore d'orchestra pronto a dirigere il suo spettacolo.

"No!" urlò.

Le sagome dei due ragazzi volarono contro il muro e restarono così, sospese a mezz'aria. Sabrina piegò un polso e Allyson venne scaraventata all'interno della cella dalla quale l'aveva tirata fuori poco prima. Poi mosse nuovamente la mano e il lucchetto tornò al suo posto, sigillando l'ingresso.

Clay guardava la scena sollevato a mezzo metro da terra e schiacciato contro la fredda pietra del seminterrato. Sabrina si girò nella sua direzione, gli passò accanto e con un gesto carico di rabbia lo scagliò in un angolo.

Soddisfatta da come si era difesa, ma confusa più che mai, si avviò lungo la scala dalla quale era venuta.

Fuori, i tuoni sconquassavano Scopello, coprendo gli ululati della sua amica.

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