CAPITOLO 47

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Restarono sdraiati l'uno contro l'altro finché il sole non iniziò a tramontare.

Clay era completamente assorto nei suoi pensieri e non parlò per tutto il tempo.

Sabrina si meravigliò che non avesse accennato neanche a un abbraccio da quando erano lì, soli, in mezzo al nulla.

«Tutto bene?» gli chiese Sabrina, voltandosi su un fianco per guardarlo meglio.

Clay teneva le braccia raccolte sotto la testa, aveva sfilato la maglietta e la usava come cuscino.

«Sì, perché?»

«Sei...silenzioso.»

«Era tanto tempo che non passavo una giornata così.»

«Quindi non è la prima volta che esci durante il giorno, dopotutto.»

«Qualche decennio fa ero più imprudente. Ho rischiato parecchie volte la vita, spingendomi lontano da casa e facendo affidamento sulla sola copertura delle nubi. Quando ho realizzato quanto era rischioso ho lasciato perdere.»

«Hai fatto bene, altrimenti non saresti qui ora.»

Sabrina posò una mano sulla pelle diafana del ragazzo e seguì con il dito il contorno della mezzaluna tatuata sul collo.

«Ti piace?» chiese lui.

«Molto. Ho sempre amato i tatuaggi, ma sono troppo fifona per farmene uno.»

Clay non aggiunse altro e continuò a fissare il cielo, ormai prossimo alla notte.

«Posso farti una domanda?» disse Sabrina prendendo coraggio.

«Certo.»

«Perché fai così?»

«Eh?»

«Un attimo sei affettuoso: mi stringi, mi baci, dici persino cose carine. In altri momenti, al contrario, ti sento lontano anni luce. Ho fatto qualcosa di sbagliato?»

Clay la guardò. «No, stranamente ancora non sei riuscita a farmi arrabbiare oggi.»

«Non sembra. Guardati, stai sulle tue e non ti avvicini, neanche puzzassi di nuovo.»

Clay scoppiò a ridere, divertito.

«Non ci trovo niente di divertente.»

«Io invece sì.»

Sabrina pensava si sarebbe chiuso di nuovo  in sé, quando lo sentì aggiungere altro.

«Non mi avvicino perché non penso che sarei in grado di controllarmi in questo luogo.»

«Cosa vuoi dire?»

«Possibile che ti debba spiegare tutto ogni volta?» chiese esasperato, alzando la testa e poggiando il proprio peso sui gomiti. «È difficile resisterti, e non mi riferisco alla mia costante voglia di morderti, che è un lato di me che purtroppo esiste e con cui devo convivere. Alludo piuttosto al mio desiderio incessante di toccarti. A casa, quando sento di essere sul punto di cedere, penso che Hayden e Allyson potrebbero essere nelle vicinanze e questo mi fa tornare in me. Qui chi mi fermerebbe?»

«E sarebbe così brutto lasciarsi andare?» chiese Sabrina imbarazzata.

«Non lo so» rispose Clay. «Spesso ci si lascia prendere dalla situazione, senza riflettere se è quello che vogliamo davvero. Come quel giorno al giardino dei cactus: era la prima volta che ci vedevamo, ma la circostanza particolare, l'adrenalina, la magia che ti attraversava il corpo, ti ha portata inevitabilmente a lasciarti toccare.»

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