CAPITOLO 40

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«Signorina? Mi sente? Apra gli occhi.»

Sabrina guardò l'uomo che la fissava dall'alto, confusa.

Dove si trovava?

Perché sentiva dolori da tutte le parti?

«È sveglia.»

«Sentigli il battito.»

«Regolare.»

«La vista?»

«Signorina, riesce a capire quante sono queste?»

Sabrina vide un'ombra muoversi davanti ai suoi occhi.

«Due» rispose piano.

«Si ricorda il suo nome?»

«Sabrina.»

«Ricorda cos'è successo?»

I ricordi vennero a galla senza nessuno sforzo. Axel.

«Un uomo, mi ha spinta dalla finestra.»

«Sa dirmi qualcosa sul suo aspetto? Lo comunicheremo alla polizia così da dare inizio alle ricerche.»

«Dove mi state portando?» chiese Sabrina senza rispondere alla domanda.

«In ospedale.»

«Non voglio, portatemi indietro.»

Una frenata improvvisa gettò i due infermieri a terra.

«Sei impazzito? Perché hai frenato in questo modo?»

«C'è un auto ferma in mezzo la strada» disse una voce proveniente dalla cabina del guidatore.

«Digli di spostarsi, è un'emergenza.»

Il silenzio avvolse l'abitacolo.

«Ma cosa...?» esclamò uno dei medici mentre il portellone dell'ambulanza veniva aperto.

Sabrina vide qualcuno afferrare l'uomo, togliendolo dalla sua visuale, ma non ebbe la forza di voltarsi per guardare cosa stesse accadendo.

Delle mani la sollevarono delicatamente dalla barella e la traportarono all'esterno, mentre l'aria fredda della sera le sferzava il viso, facendole bruciare le ferite aperte.

Inspirò l'odore della notte e, insieme a questo, il profumo famigliare di cannella e ciliegia.

«Clay» sussurrò prima di svenire.

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