CAPITOLO 32

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Sabrina trovò Clay ad aspettarla in biblioteca, seduto dietro la scrivania.

«Vedo che ti sei sistemata» disse rovistando tra gli appunti che Sabrina aveva lasciato sul tavolo.

«E io vedo che finalmente ti sei degnato di tornare. Dove sei stato?»

«Ti sei forse trasformata in mia madre durante le mia assenza?» domandò prendendola in giro.

«No, ma sei sparito così, nel nulla. Non ti sei più fatto sentire.»

«Avevo degli affari da sbrigare.»

«Riguardo a cosa?»

«Affari di famiglia.»

Sentire quelle parole uscire dalla sua bocca la ferì più di quanto pensasse. Non che si illudesse di essere entrata a far parte della famiglia, ma neanche di essere una completa sconosciuta. In fondo sapeva parecchie cose sul loro conto, avrebbe voluto che si fidassero di lei.

Clay si alzò in piedi e in pochi passi eliminò la distanza che li separava. Si chinò e la baciò sulle labbra, poggiandole le mani lungo i fianchi.

«È successo qualcosa mentre non c'ero?» le chiese.

«No, anzi. È stato tutto fin troppo tranquillo, mi sono annoiata.»

«Meglio la noia che il pericolo.»

Clay trascinò Sabrina verso la scrivania e la fece sedere sul tavolo, posizionandosi di fronte a lei. Il corpo di Sabrina venne attraversato dai brividi mentre Clay le accarezzava le gambe.

«Allyson ti ha detto di sabato?» chiese sfiorandole il collo con le labbra.

«Sì», sussurrò lei.

«Ti piace l'idea?»

«Ho suggerito di vederci per cena, il pomeriggio ho un impegno.»

Clay si ritrasse, guardandola negli occhi.

«Che impegno?»

«Edward» rispose Sabrina in un soffio, preparandosi alla sfuriata.

«Pensavo fosse più importante il compleanno di Hayden, in fondo succede solo una volta all'anno.»

«Sì, ma Ally ha detto che non ci sarebbero stati problemi a spostare i festeggiamenti in serata, quindi posso fare entrambe le cose.»

«Pensavo che avessi voglia di vedermi.»

Sabrina lo spinse via e scese dalla scrivania.

«Sei scorretto. Sei sparito senza dire nulla, non ti sei fatto più sentire e adesso pretendi che io cancelli tutti i miei impegni solo perché sei tornato a casa.»

«Senti, la stai facendo più lunga di quello che è. Dovevo sbrigare degli affari di cui non posso parlare, quindi smettila di fare la bambina offesa.»

«Dovevi chiamarmi.»

«Dovevo? Abbiamo già firmato l'accordo matrimoniale? Perché ci siamo baciati un paio di volte non sono costretto a metterti al corrente di ogni mio spostamento.»

Sabrina lo fissò furibonda, pensando a qualcosa di altrettanto crudele da dire. Non fu difficile trovare le parole giuste: «Sai qual è la differenza tra te e Edward? Lui non avrebbe trattato un bacio con così tanta superficialità.»

Clay strinse i pugni, colpito nell'orgoglio.

Sabrina pensò che fosse sul punto di cacciarla via, come sempre accadeva quando litigavano, ma lui la sorprese mantenendo la calma.

«Non mi sembra che tu stia dando così tanta importanza a quello che c'è stato tra noi, dal momento che invece di passare del tempo con me preferisci andartene col tuo non-fidanzato a fare una passeggiata.»

«Il mio non-fidanzato si merita una spiegazione per il mio comportamento dei giorni passati. È pur sempre una persona, ed è stato sempre gentile con me.»

«Solo perché ti vuole portare a letto.»

Sabrina mosse il braccio in direzione del viso Clay, ma lui anticipò le sue mosse e la bloccò senza nessuno sforzo.

«Sono passati millenni dall'ultima volta che qualcuno mi ha schiaffeggiato. Chi ti credi di essere per poterlo fare?»

«Perché devi sempre fare lo stronzo?» chiese Sabrina prossima alle lacrime.

«E tu perché vuoi sempre averla vinta? Chiama Edward, digli che sabato non ci sarai e resta con me.»

«No.»

«Fai come vuoi.»

Clay mollò la presa, lasciando il braccio di Sabrina sospeso a mezz'aria, senza più energie. Voltò le spalle e uscì dalla stanza.

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