s e v e n t e e n

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He's the Prince Charming,
so you're his princess

Erano settimane che Elena lavorava e basta, praticamente viveva a casa delle persone a cui faceva da babysitter o di Francisco, quel fotografo che l'aveva ingaggiata come modella per la sua nuova galleria d'arte.

Non appena i suoi coinquilini avevano scoperto dell'imminente apertura della galleria la obbligarono ad invitarli, benché lei non fosse totalmente d'accordo.

Quando tornò a casa si buttò direttamente sul divano sprofondando la testa nei cuscini.
-ben tornata a casa- esclamò Alessandro, sommerso dai libri, come le aveva raccontato doveva sostenere un esame su mille ed oltre pagine e stava letteralmente impazzendo.
-sono distrutta, te invece?-
-ho l'esame tra un'ora ed ho gli attacchi di fame nervosa, per il resto tutto bene- rispose con una smorfia.
-dai, andrai benissimo- disse la bionda.

Due ore dopo Andrea rientrò a casa trovando la ragazza nella stessa posizione in cui Alessandro l'aveva lasciata.
Aveva tolto il gesso alla gamba circa tre giorni fa ed ora camminava quasi in maniera normale. Rimaneva solo quello al braccio che a volte lo faceva sembrare un robot.

-pronto- rispose al telefono quando la chiamarono, non aveva guardando chi le aveva telefonato.
-ciao Elena, sono Wanda-
Lei mimó una smorfia.
Il ragazzo si sedette accanto a lei e la guardò confuso, con buona probabilità il tono di voce della sua datrice di lavoro si sentiva anche senza il vivavoce.
-ciao, a cosa devo il piacere?-
-avrei un problema, mi hanno chiamato urgentemente dal lavoro e devo correre a causa di un'emergenza ed i bambini sarebbero da soli-
-ok, per che ora devo venire?-
-è questo il vero problema, stiamo ridipingendo casa, quindi non potresti venire...-
A quel punto la bionda sciacció il tasto che diceva "speaker", cosicché anche il suo coinquilino potesse sentire.
-non è che i bambini possono venire a casa tua? Ovviamente saresti ricompensata di più-
Guardò Andrea che si sbracciava per dire di no, nel mentre Elena lo supplicava con gli occhi, perché quella donna era abbastanza lunatica ed era sicura l'avrebbe licenziata.

-certo, non ci sono problemi, ti mando subito l'indirizzo- rispose sicura e poi riattaccó.

-io ti ammazzo. Ti caccio di casa se quei marmocchi rompono qualcosa, giuro- uscì fuori a fumare ed Elena lo seguì.
-senti mi dispiace, ma quella è matta da legare-
-sei stata avvisata, Marcatton- borbottò mentre si accendeva la sigaretta con il suo accendino rosa.
Era felice perché non lo aveva ancora perso, quel clipper aveva un forte significato per lei.

-senti, ho una domanda che mi frulla nella mente da un po'- disse lui interrompendolo il silenzio.
-dimmi- rispose lei dopo aver sbuffato il fumo.
-che cazzo vuol dire il tuo tatuaggio?-

Lei rimase spiazzata, si sarebbe immaginata qualsiasi cosa tranne quello.

-l'ho fatto per mia nonna che da piccola mi chiamava sempre Eisblume e poi ci ho aggiunto una frase che mi aveva detto una volta: "Liebe ist wie eine Sandburg, schwer aufzubauen doch leicht zerströbar" che significa "l'amore è come un castello di sabbia, difficile da costruire e facile da rovinare"-
-ha un significato profondo-
-solo che io mi sono tatuata una rosa ghiacciata, gli Eisblumen sono quei ghirigori bellissimi che vengono fuori se il vetro è ghiacciato, solo che io non avevo un buon tedesco quando me lo sono fatta e poi non potevo tatuarmi una finestra congelata- terminó con un sorriso sbuffando il fumo che aveva aspirato in precedenza.

Era davvero legata a sua nonna, in generale ad entrambi i genitori di sua madre, anche se non li vedeva spesso perché stavano a Berlino, ma tra quattro mesi avrebbe visto tutti i suoi parenti nello studio legale della famiglia.

-tua nonna è orgogliosa di te anche se hai un tatuaggio diverso, secondo me-
-lo spero, è morta quando avevo quattordici anni-
-mi dispiace, non volevo-
-fa nulla, è il corso della vita-
Le mancava ogni singolo giorno, ma non poteva far nulla per riportarla indietro.

Finirono le proprie sigarette in silenzio, fino a quando non arrivarono i bambini.
All'inizio ebbero un po' paura di Andrea, poiché era un estraneo, poi però diventarono amici, almeno con Charlotte.

-Jason, che hai? Non hai parlato da quando sei arrivato- constatò Elena mettendosi in ginocchio per arrivare all'altezza di lui sul divano e sistemargli la magliettina con Superman stampato sopra.
Aveva il muso e le braccia incrociata con un vago fare buffo.
-è il suo compleanno oggi- squittì Char prendendo la manica del maglione alla ragazza.

Lei alzó lo sguardo e beccò il suo coinquilino a fissarli con uno sorriso sulla bocca, non un sorriso di quelli che rivolgeva a lei pieni di malizia.
-adesso Andrea ti va a prendere una torta, così festeggiamo, sei felice?- chiese Elena dopo avergli pizzicato il fianco per farlo ridere ed infatti ci riuscì perfettamente.

-senti, quando mi pagano ti do i soldi che spendi per la torta- disse la bionda quando accompagnó il ragazzo alla porta ed aveva un sguardo davvero contrariato.
-è il minimo, stronza ricattatrice-
Lei alzó gli occhi al cielo e gli fece il dito medio mentre lui si infilava la giacca di jeans con il gesso al braccio.

-allora, chi vuole giocare a Twist?-
Era il gioco preferito dai bambini, infatti Charlotte decise che avrebbe girato lei la freccia sul tabellone, l'unico problema era che non distigueva benissimo la destra dalla sinistra.
Quindi passarono tutto il tempo a ridere, finché il biondo non tornò.

-è tornato il nostro principe!- esclamò felicissima la bambina.
Misero la candelina sulla torta e Jason si sedette sopra alle gambe di Andrea.

Elena scattò delle foto, il ragazzo ci sapeva davvero fare con i bambini e magari non ne era nemmeno consapevole. Notava come gli si riempivano gli occhi di gioia vedendoli sorridere contenti.

-se lui è un principe, allora tu sei la sua principessa?- chiese la bimba con la bocca sporca di cioccolata.
-certo, lei è la mia principessa- le rispose Sacchi e poi fece l'occhiolino ad Elena che faceva le boccacce a Jason e lui le rispondeva.
Per un attimo la bionda arrossì, poi tornò a temperatura normale, anche se il cuore continuava a battere forte.

-porca puttana, si guardagna davvero bene come babysitter, quasi quasi mollo lo spaccio ed entro in affari con te!- commentò appena lei ricevette i soldi del pomeriggio passato con i due bambini.
-quella è matta, ma almeno paga bene e i bambini sono educati...a proposito ci sai fare con i bimbi-
-ho una sorellina di cinque anni, vedi un po' te- sorrise, stavolta la malizia era tornata nel suo sguardo.
-ora devo andare, ho delle questioni urgenti da risolvere, ci vediamo domani o questa sera sul tardi- disse prendendo il bomber in pelle ed uscendo di casa alla velocità della luce.

Era tornata sola, era tornato il silenzio in quella casa.

when love knocks on your doorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora