n i n t e e n

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Italy, we're coming back

Per molte notti nessuno dormì in quella casa a causa di Andrea che si portava a letto qualsiasi cosa respirasse e questo ne risentiva sull'umore dei coinquilini. Alessandro e Sofia erano ormai ai ferri corti, mentre Elena dormiva di giorno e studiava di notte, nonostante il rumore fosse insopportabile.

-pronto?- rispose Andrea al telefono svegliando la bionda che dormiva tutta raggomitolata sul divano.
Aveva già la luna storta di suo, in più si mettava il biondo a fare casino.
Sebbene fosse appena sveglia e un po' intontita potè notare il cambio di sguardo nella faccia del ragazzo.
-che vuoi, papà?- sbuffó passandosi una mano sul viso e sedendosi con poca eleganza accanto a lei, che per poco non rimbalzó in aria.

-come è morto?- anche Elena alzó la testa aspettandosi una reazione di sicuro meno composta a quelle parole.
Andrea schiacció il tasto del viva voce e poi chiese al padre di ripetere.
-stavo dicendo: devi venire al funerale, a tua zia farebbe piacere e così finalmente passerai del tempo con Eli e con Monica-
-intendevo l'altra parte- sbuffó sonoramente.
-oh sì...porta anche quell'angioletto biondo, Elena, a Monica farebbe piacere conoscerla dopo aver sentito parlare di lei-
Andrea guardó la ragazza che era raggomitolata come un gattino al suo fianco che le faceva di no con la testa.

Sinceramente non voleva subirsi un funerale circondata da persone che l'avrebbero sicuramente additata e poi non conosceva nemmeno il defunto e se c'era una cosa che non sopportava era vedere tutta la gente gremita in chiesa solo per fare bella presenza e non per sostenere i cari di colui che era passato a miglior vita.

-è già deciso, abbiamo già prenotato un posto per lei per il pranzo dopo il funerale. Se è un problema di soldi possiamo pagarle noi in biglietto aereo-
Elena sbuffó e poi acconsentì, sarebbe stata una battaglia persa in partenza.

-tu mi devi una montagna di favori, stampatelo in quella testolina- puntualizzó guardandolo di traverso.
-semmai dovessi aver bisogno di un finto fidanzato puoi contare su di me-
-aspetta, nessuno ha parlato di fingersi tua morosa-
-che credi abbia detto mio padre a tutte le zie e parenti vari?- domandó retorico.
Oh merda, ci mancava solo questa per chiudere il cerchio della soap opera perfetta.
-sarà che metà dei miei parenti abita a Berlino, ma non so nemmeno il nome di tutti i miei cugini- ridacchió.
-pensa che io avevo visto una volta sola questo zio che è morto-

Elena appoggió la testa sulle cosce di lui che prese ad accarezzarle i capelli.
In quel momento si sentiva proprio un gattino, era abbastanza sicura di star emettendo i prrrr prrr delle fusa.
Adorava quando qualcuno le toccava i capelli, la faceva rilassare all'istante.

-aspetta, ma quindi hai parlato di me con tua madre?-
-Monica non è mia madre e poi le ha parlato mio padre- ribattè in fretta.
-oh, scusami-

Le giornate passarono in fretta ed arrivó il tanto temuto giorno della partenza. Elena aveva ricontrollato la sua valigia, anche con Sofia accanto per evitare di dimenticare qualcosa di importante
I suoi amici erano elettrizzati all'idea di loro due da soli e soprattutto insieme a casa di parenti. Quella sarebbe stata di sicuro un'occasione per farli avvicinare.
In realtà nessuno dei due sprizzava gioia. Andrea non voleva tornare a casa per via di suo padre e della matrigna, mentre Elena non voleva proprio passare del tempo con Andrea.

-togli il muso lungo, nemmeno io sono felice, ma lo faccio lo stesso- disse appena si sedettero sulle poltroncine dell'aereo Lufthansa.
-guarda, tu sei il male minore- sbuffó indossando le cuffiette.

Non parlarono molto fino a quando non arrivarono a casa sua. Era un edificio moderno squadrato e chiaro, con buona approssimazione era stato progettato da Fabio, dietro si apriva un giardino bello grande delimitato da un recinto di muratura che spuntava solo quando gli alberi erano meno fitti.
Probabilmente dai piano alti si vedeva il panorama di tutta Torino, data la posizione della casa su una collina poco fuori dalla città.

-casa dolce casa- disse più disgustato che felice mentre scaricava le due valigie dal taxi bianco che li aveva accompagnati.

Appena aprì la porta, lui si trovó le gambe strette nella morsa di una bambina di circa sette anni. Bionda e con gli occhi azzurri proprio come lui, solo che lei non aveva lentiggini e portava gli occhiali.
-fratellone! Mi sei mancato!-
Aveva perso parecchi collegamenti, da quando lui aveva una sorella?
-anche tu, mostriciattolo mio- sorrise accarezzandole la testa.

-guarda, ho perso un altro dente e la fatina mi ha portato una barbie- disse contenta mostrando il bucchetto nella gengiva.
-presentati alla mia amica-

-ciao, io sono Elisabetta e tu chi sei? Sei una principessa?-
-no, non sono una principessa, ma mi chiamo Elena- sorrise per poi abbassarsi e stringerle la manina.
-e sai chi altro si chiamava Elisabetta? La mia nonna e lei era una donna molto forte e coraggiosa, come te, ne sono sicura-
-si chiama davvero come me?-
-sì, solo che il suo nome era in tedesco quindi era Elsebeth-
-che bello!- inizió a saltellare per tutta la stanza.

-mi era sembrato di sentire delle voci, finalmente siete arrivati- esclamó una signora sulla quarantina che aveva appena sceso le scale.
Era mora con i capelli neri ed aveva una carnagione olivastra, indossava dei vestiti all'ultima moda di Gucci.
-è un piacere conoscerti, sono Monica, la moglie di Fabio- sorrise tendendo la mano alla bionda che ricambió la stretta.
-Elena, molto lieta. Avete una casa fantastica-
Lei sorrise sincera. Era davvero una bella signora.
-ciao Andrea-
-ciao strega, il grande capo è nel suo ufficio?-
La donna ci rimase un po' male sentendosi chiamare così, ma non lo diede troppo a vedere.
-sì, dovrebbe scendere a min...oh eccolo qui-

Dalle scale bianche di marmo scese Fabio, con passo arzillo seppur poco elegante.
-il figliol prodigo- esclamó con fare canzonatorio aprendo le braccia.
Andrea alzó gli occhi al cielo.
-sarà la settimana più lunga di tutta la mia vita- sbuffó e prese la maniglia della valigia.
-andiamo a disfare i bagagli-
-comunque è un piacere averti in questa casa, Elena- disse il padre senza girarsi, mentre ormai loro erano quasi al secondo piano.

-benissimo, Monica non ha preparato il secondo letto per te. Spero non ti dispiaccia dividere il lettone con me, perché mi rifiuto di dormire sul divano nella mia stessa casa- disse appena aprì la porta della stanza.
Era davvero grande, moderna come il resto dell'abitazione.

-ti avverto che io tendo a parlare nel sonno, da sobria-
-ed io a tirare calci, quindi questa notte ci sarà da divertirsi- alzó un angolo della bocca.

when love knocks on your doorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora