t h i r t y f i v e

1.2K 54 3
                                    

In vino veritas

Quando tornó a casa, dopo aver accompagnato il nonno ed Hans all'aeroporto di Heathrow, trovó Harry che entrava nell'ascensore.

-ciao, come va?- chiese lui abbracciandola. 
Per un attimo lei rimase interdetta, era una strana sensazione.
-tutto bene, come mai sei qui?-
-devo parlare con Andrea, gli affari stanno calando-

Lei non rispose, anche perché l'ascensore si era aperto.
-non sono sicura che sia a casa- disse entrando nell'appartamento avvolto nel silenzio.
-provo a chiamarlo- prese il telefono dalla tasca del pantalone e compose il numero.

-ehi coglione, dove cazzo sei?- esclamó per poi azionare il viva voce.
-sono appena sceso dall'aereo, sono in Italia-
-quando aspettavi a dirmelo? Porca troia, sono già a casa tua- sbuffó guardando la bionda che alzó le spalle.
-ma chi cazzo ti ha aperto?-
Harry le fece l'occhiolino e poi un sorrisetto malizioso.
-la tua fidanzatina-
-avete davvero rotto il cazzo tutti voi, penso che dopo il casino che ho combinato non voglia neanche più vedermi- lo sentì sospirare.

In effetti aveva ragione.

-senti, come mai sei partito?-
-ho bisogno di pensare senza trovarmela in casa ogni volta che ritorno, mi sto sentendo un coglione con la "c" maiuscola per averla fatta soffrire così e so che se dovessimo tornare come prima la ferirei ancora di più-

In quel momento non sapeva se odiare Harry oppure ringraziarlo per aver estorso una confessione da parte di Andrea, a tradimento peró.

-ok, va bene. Rifletti e torna appena puoi perché ti devo parlare faccia a faccia di quell'affare con i russi- disse in fretta prima di riattaccare.

-bene, allora la ship continua- sorrise sghembo verso di lei.
-guarda, non so se prenderti a pugni o darti un bacio- alzó gli occhi al cielo.
-mi accontento di una birra, grazie-
-brutto scroccone che non sei altro- sorrise dandogli una pacca sulla spalla.

Ormai erano passate parecchie ore da quando Harry se n'era andato, saranno state le tre di notte circa.
Il suo telefono continuava a suonare a causa di messaggi e chiamate.
Elena era troppo stanca per andare a rispondere, se fosse stato davvero importante il mittente avrebbe richiamato domattina. Magari erano solo delle matricole del primo anno che l'avevano inserita in qualche gruppo Whatsapp, non era la prima volta che capitava.

Davvero esasperata si alzó e il nome sul display le fece gelare il sangue nelle vene.
Perché le stava telefonando e soprattutto perché a quell'ora?
Non lesse nemmeno i messaggi, che avevano tutti lo stesso mittente e rispose.

-Andrea, che cazzo vuoi a quest'ora di notte? Ma ti rendi conto che qui sono le tre?- evitó di urlare per non svegliare Ale e Sofia, ma a giudicare dai rumori molesti che provenivano dedusse che stavano facendo dell'altro.

-non sono Andrea, sono Elisabetta- dall'altro capo del telefono la voce era acuta ed un po' stridula.
Fece mente locale per ricordare chi fosse, poi come un fulmine a ciel sereno ricollegó il nome al viso.
-piccolina, cosa ci fai con il telefono di tuo fratello? E poi, perché mi stai chiamando?- il suo tono vocale si fece più leggero.

-bhe ho provato a mettere la mia data di nascita come password e ti ho scritto. Andrea non sta tanto bene-
Hai capito la piccoletta.

-che cos'ha?- si preoccupó all'istante.
-è seduto a terra con una bottiglia di vetro in mano e continua a ripetere il tuo nome. Ho paura, Elena-
Oh merda Andrea, che cazzo hai fatto.

-passamelo, poi toglili quella bottiglia. Stai tranquilla Elisabetta, andrà tutto bene. È il tuo fratellone e stai pur certa che non ti fará mai del male-
La bambina stava singhiozzando dall'altro capo del telefono, così la bionda la rassicuró per qualche altro minuto.

-Elisabetta, quante volte ti ho detto di non toccare il mio telefono- lo sentì biascicare alla sorella prima che lei stessa andasse a dormire.

-prosciutto?- esclamó scoppiando a ridere da solo da quanto era ubriaco, neanche i bambini delle medie rispondevano in quel modo al posto di dire "pronto".
-Andrea- pronunció soltanto in maniera atona.
-oh ciao Elena, perché mi hai chiamato?- domandó sempre biascicando.
-è stata Elisabetta, è preoccupata per te. Ma cosa ti dice il cervello, sbronzarti di fronte ad una bambina di sette anni?- il suo tono di voce aumentó.

Silenzio.

-merda, sono un coglione- borbottó.
-già, lo sei- quasi sussurró.

-Andrea, cosa sta succedendo? Sai che con me puoi parlare di tutto, sempre-
Elena sospiró passandosi una mano sul viso stremato dalle poche ore di sonno. 
-abbiamo litigato e mi sento un cretino per questo perché so che è tutta colpa mia-
Lo sentì deglutire, segno che stava ancora bevendo.

-smettila di ubriacarti, tua sorella era disperata-
-è divertente perché questa è la stessa bottiglia dello stesso scotch che abbiamo bevuto qui prima di fare sesso per la prima volta-
-era tipo quattro mesi fa- distese le labbra che  erano contratte per l'ansia.
-so che stai sorridendo, lentiggine, ti conosco troppo bene-

-quella notte saró stato anche alticcio, ma ricorderó per sempre la sensazione di toccare la tua pelle candida, calda, morbida e cosparsa di lentiggini, annusarla, sentirti gemere con la convinzione che non hai mai ansimato così per nessuno, stare con te e abbracciarti tutta la notte. Dio, ogni volta che finivamo a letto provavo le stesse cose e, vederti con Harry e con quel Hans, non so, causa in me una gelosia tale da voler spaccare il naso a chiunque. Sei la mia droga, lentiggine, e io me ne intendo, di droge- ridacchió alla fine, segno che la sbronza non gli sarebbe passata tanto in fretta.

Elena si morse il labbro, era in difficoltà perché sapeva che quelle cose erano vere e valevano anche per lei.

-mi dispiace che tu abbia incontrato una testa di cazzo come me, ti meriti qualcuno di meglio. Qualcuno che ti rispetti e che sia sempre lì per te, non un deficiente come il sottoscritto che alla prima difficoltà abbandona tutto e cambia Nazione-
Entrambi sospirarono. Lui affranto e lei rassegnata.

-lentiggine, saró ubriaco marcio, ma credo di amarti-

Ad Elena mancó un battito, finalmente se lo sentiva dire. Non era come nella sua immaginazione, era centocinquanta mila volte meglio.
Era consapevole del fatto che lui fosse sbronzo e che domani si sarebbe dimenticato la loro comversazione o meglio il suo monologo, ma in cuor suo avrebbe costudito per sempre quel ricordo.
Nonostante tutto.
In fondo, in vino veritas.

-Andrea- gemette in preda alla disperazione.
-sapevamo fin dall'inizio che non saremmo durati, abbiamo voluto provarci e siamo rimasti scottati. Punto e stop-
-questo significa che non mi ami?- piagnucoló.
-non ho detto questo, sto dicendo che tra tre giorni parto per Berlino e noi non potremmo mai stare insieme-

-ho capito- sospiró sconsolato.
-Dio mio Andrea, l'hai detto pure tu che sei ubriaco, forse domani non ti ricorderai nulla e io... ah, voglio che tu ricordi quando te lo diró- sospiró.

-va bene, penseró meglio a quel che ti ho detto. Adesso ti lascio dormire, a Londra saranno le quattro del mattino-
-esatto, buonanotte Andrea-
-Elena- la richiamó poco prima che riattaccasse, sentì un rumore sordo e capì che aveva appena bevuto un altro sorso di quello scotch estremamente costoso.
-umh...-
-ti amo e ti prego non diventare rossa- rise ubriaco.

Troppo tardi, anche il suo cuore era diventato rosso.

when love knocks on your doorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora