Capitolo 2 - Eleanor

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Il mattino seguente vado a riprendere Leo a casa dei miei, dopo aver indugiato un po' troppo a letto con J, rendendomi conto di quanto siano più significativi e intensi i momenti che trascorriamo adesso da soli. Gli impegni a lavoro ci tengono separati per quasi tutto il giorno e la sera ci dedichiamo sempre a nostro figlio. Spesso siamo stanchi, ci addormentiamo presto, ma non mancano mai le coccole tra di noi, i sorrisi e i baci. Faccio tesoro anche di un piccolo sguardo e già non vedo l'ora di trascorrere altro tempo da sola con lui, nella pace e nella spensieratezza totale.

     Mia madre mi costringe a pranzare con lei e prima di ritornare a casa, decido di fare un salto al locale di J, dove ci trascorre gran parte del giorno per poi passare la gestione a Daniel, il suo dipendente più fidato, che resta fino all'orario di chiusura al posto di J, svolgendo il lavoro in modo impeccabile. E questo perché J preferisce tornare a casa per l'ora di cena e passare con me e nostro figlio il resto della serata, a guardare un film, giocare a letto e addormentarci avvinghiati l'un l'altra.

     Ma quando arrivo al locale, scopro che J non c'è. Daniel lo sta sostituendo alla cassa e un altro ragazzo serve al bancone i pochi clienti del primo pomeriggio.

     «È uscito circa venti minuti fa. Ha ricevuto una chiamata da suo padre e mi ha detto che sarebbe tornato presto», mi spiega Daniel.

     «Ah, okay», mi spiazza. Leo si agita tra le braccia e me ne ritorno in macchina, con la testa che naviga tra brutti pensieri.

      Il padre di J, quello biologico, è piombato nella nostra vita il giorno in cui è nato Leo. Si presentò in ospedale, con un aspetto trasandato e un mazzo di fiori secchi, forse raccolti per strada, da donarmi. Sapeva chi ero, sapeva che suo figlio aveva sposato me e che stavamo aspettando un bambino. E anche J sapeva chi era lui, solo che non me ne aveva mai parlato. In un primo momento mi spiegò che non aveva mai ritenuto opportuno raccontarmelo e che era più semplice per lui dire che suo padre aveva abbandonato lui e sua madre per qualche stupido capriccio o perché non era in grado di prendersi le dovute responsabilità. Ma in realtà, l'uomo era stato arrestato per omicidio quando J aveva appena un anno e non credeva di rivederlo fino a quel giorno in ospedale. Ma ha sempre saputo la verità. Sua madre gliel'aveva sempre raccontata, glielo aveva sempre detto che suo padre era in carcere perché aveva ucciso un uomo a sangue freddo durante una rapina e aveva addirittura conservato dei ritagli di giornali e articoli in cui mostravano le sue foto per non fargli mai dimenticare la sua faccia. Ma poi è cresciuto, ha vissuto con altre famiglie, in riformatorio, per strada... e non ha mai dimenticato di essere il figlio di un assassino e che mentre lui cresceva, combinava casini e guai, suo padre stava scontando una lunghissima pena che ha finito di pagare un anno fa. E in questi dodici mesi, appare e scompare, ma ogni volta che compare è sempre nei casini, ha sempre bisogno di soldi e J è sempre pronto a riparare i danni.

    Ammetto che le prime volte abbiamo anche litigato per questo. Mi infastidisce vedere mio marito che sborsa denaro per un uomo che non ha mai visto, ma lui ci tiene a recuperare il rapporto e integrarlo nella nostra famiglia. Ma dubito fortemente che ci riesca. Quasi trent'anni di carcere non gli sono bastati per migliorasi, figuriamoci se J riuscirà a fare di meglio. E poi, lo vedo come una presenza troppo negativa: per noi, per nostro figlio e per il nostro matrimonio. Ma ovviamente, non posso esternare tutti questi pensieri con J per timore di ferirlo. E poi, è tutto quello che gli è rimasto della sua famiglia, ma mi è impossibile nascondere per troppo tempo il mio disappunto, soprattutto quando ho il sospetto che quell'uomo stia solo approfittando di J per spillargli soldi.

     E mi sfogo con Brenda e Walter durante il pomeriggio, quando vengono a trovarmi a casa mia insieme a Andrew. Notano subito che sono soprappensiero e comincio a esternare tutti i miei dubbi e le mie paure. «È che la percepisco come una brutta cosa. Io cerco anche di comprendere J e i suoi pensieri benevoli verso suo padre, ma a me sembra che se ne approfitto. Che non provi alcun tipo di sentimento verso suo figlio. Insomma, non l'ha visto neanche crescere». Cammino avanti e indietro mentre loro se ne stanno seduti sull'ampio divano in pelle. Leo è seduto sulle gambe di Brenda e ci ascolta con attenzione.

Rapita - parte 4 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora