Capitolo 13 - Jack (capitolo inedito)

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Ho un vuoto totale nella testa. Un buco immenso e dolorante. Mi sembra di aver dormito per giorni interi e di non sentirmi per niente riposato.
    Rimango ancora un po' con gli occhi chiusi, completamente inerme a letto, con la sola voglia di ripiombare di nuovo in un sonno profondo.

Lo stomaco brontola, ma lo ignoro e mi giro su di un lato, affondando un braccio sotto il cuscino. Qualcosa mi sfiora l'interno coscia, sarà la gamba di Eleanor che ancora dorme accanto a me. Ma allora perché non sento il suo odore misto a quello di Leo sul mio cuscino?

La tempia comincia a pulsare dolorante contro la stoffa morbida e mi ritorna in mente quello che è successo ieri sera. Cazzo! Non sono nel mio letto a casa mia, ma a casa di Ivy.

     Sgrano gli occhi di colpo, ferendomi con la luce del sole che penetra dalla finestra aperta, ma metto subito a fuoco la vista e trovo Ivy completamente avvinghiata a me, mezza nuda e con una mano sotto la mia maglietta. «Ma cristo santo, Ivy», sbotto scrollandomela di dosso e scendo dal letto, strofinandomi le mani sul viso ancora assonnato.

«Mmh, stavamo così bene», mugola rigirandosi tra le lenzuola e il cerco in giro le mie cose, soprattutto il cellulare. Eleanor deve avermi chiamato un milione di volte e devo tornare subito a casa per rassicurarla. «Il tuo cellulare è nel comodino. Ho chiamato io tua moglie questa notte...»

«Ma come cazzo ti sei permessa? Ti ho detto che devi stare fuori dal mio matrimonio e lontana da mia moglie», la interrompo e le punto l'indice mentre si scosta le lenzuola di dosso, e solo ora vedo che indossa una t-shirt striminzita sotto la quale si intravedono i capezzoli turgidi e un perizoma nero che lascia poco all'immaginazione. I capelli scuri sembrano una nuvola ribelle sul cuscino e le sue labbra carnose si piegano in un mezzo sorriso. Distolgo lo sguardo e recupero il mio cellulare, che è scarico. E per fortuna ho addosso ancora i vestiti della sera prima, altrimenti la situazione sarebbe stata veramente compromettente.

«Non volevo farla preoccupare. Ha chiamato tantissime volte», continua e sento il fruscio del suo corpo che si muove sulle lenzuola. «Dovresti ringraziarmi».

«Ma vaffanculo», borbotto e lei ridacchia.

«Perché sei di pessimo umore, J?»

«Non sono di pessimo umore, ma ti ricordo che ieri c'è stata una cazzo di rissa nel mio locale, che ho colpito un minorenne e che ho dormito fuori casa, lontano da mia moglie e da mio figlio per la prima volta da quando mi sono sposato senza neanche avvisare». Trovo il mio giubbotto sullo schienale di una sedia e me lo infilo per poi tastare le tasche e trovare le chiavi della mia auto. Ma... porca merda, la mia auto è al locale.

Ivy si avvicina e schiocca due volte la lingua sotto al palato. «Sei incazzato di brutto, J. E so anche il motivo».

Mi volto a guardarla nei suoi occhi scuri e piego la testa di lato. «E sarebbe?»

«Ti piaccio... e non vuoi ammetterlo», mi fissa e attacca il suo seno al mio petto, ma io l'allontano e le rispondo con una leggera risata nasale.

«È vero, J. Sei arrabbiato perché vorresti farmi di tutto in questo momento, ma hai paura. Pensi che tua moglie non lo meriterebbe e che questo cedimento poi potrebbe compromettere il tuo matrimonio...»

«Stai delirando», la interrompo divertito, ma lei non sorride più. È diventata serissima e questo mi preoccupa.

«Sei stato tu stanotte a cercarmi nel letto e a stringermi a te. Io per rispetto mi ero messa nell'angolo, ma tu mi hai tirata verso di te e anche se dormivi, o fingevi di dormire, le tue mani mi hanno accarezzata... con delicatezza», quasi le si incrina la voce e non le do torto. Ho l'abitudine di prendere Eleanor tra le mie braccia durante la notte per sentirmi ancorato ad un porto sicuro e le mie carezze delicate sono riservate solo a lei. Ivy ha frainteso, forse perché è stata la prima volta per lei essere accarezzata con dolcezza e non sbavata addosso dal pervertito di turno. Ma sul fatto che mi piaccia sta sbagliando di grosso. Non tradirò mai mia moglie. Eleanor è tutto per me.

     «Forse l'ho fatto, non lo rinnego, ma solo perché ero in preda all'alcol e al dolore e ti ho scambiata per mia moglie», sospiro. Ivy mi fissa con tristezza. Ha perso tutta quella spavalderia che la rende una ragazza tosta e ora ha un'espressione completamente vulnerabile. Mi dispiace averla delusa, ma si è costruita da sola nella testa un ideale che non esiste e ora sto per sferrarle il colpo di grazie. «Non mi piaci, Ivy. Ma non perché c'è qualcosa che non va in te, anzi, sei una ragazza meravigliosa. Ti ringrazio per quello che hai fatto ieri sera, per avermi portato qui e per avermi ospitato in casa tua, ma... amo mia moglie. A Eleanor devo la vita e non la cambierei per nessun'altra donna al mondo».

    Lei deglutisce, incrocia le braccia al petto e ritrova quel sorriso sfacciato, mascherando tutta la delusione che sta provando. Posso capirla: sentirsi rifiutati per qualcuno che è migliore ti lacera il cuore.

     «Mi dispiace», provo ad aggiungere ma lei mi dà le spalle e con quel suo culetto in bella mostra, che mi ostino a non guardare, si avvicina al piano cottura per prepararsi un caffè.

     «Per cosa ti dispiaci, J?» scuote la testa, ma riesce a mascherare bene il suo tono triste in un tono divertito. «Sei un uomo sposato e Eleanor è fortunata. Vuoi un po' di caffè?»

«No, devo tornare a casa».

«Se aspetti un attimo...»

«Tranquilla», la interrompo. «Chiamerò un taxi».

Annuisce e ci guardiamo negli occhi per qualche secondo senza parlare, poi la saluto con un cenno della testa ed esco di casa lasciandomi alle spalle l'imbarazzo che adesso si è creato tra di noi. Spero solo che ha capito di dovermi togliere dai suoi pensieri e che non ho tempo per lei o per una relazione extraconiugale. Sono stato chiaro e sono fiero di me stesso. Ora mi tocca solamente chiarire con Eleanor e spero sarà facile parlare con lei.
«Dormito bene?» la voce di Dina mi fa trasalire. È appoggiata allo stipite della porta di ingresso del suo appartamento e mi fissa con un sorriso ampio e strano.

     «Buongiorno Dina, un po' dolorante ma ho dormito bene».

     «Tuo padre mi ha raccontato quello che è successo...»

     «Sì, ora devo andare a controllare la situazione», faccio per andarmene con una certa fretta, ma lei scatta in avanti e mi afferra l'avambraccio.

      «Sarà tutto sotto controllo, ne sono certa. Vieni a trovarci presto, ti aspettiamo» e sottolinea un po' troppo la parola ti aspettiamo, e deduco che Eleanor non è più la benvenuta in questa casa per chissà quale strano motivo.

     Non mi soffermo a chiedere e mi limito solamente ad annuire per non per perdere altro tempo.

Scendo dal taxi mezz'ora più tardi ed è mattino inoltrato. Spero che Eleanor sia ancora qui perché ho una voglia immensa di abbracciarla e baciare Leo sulle sue guanciotte morbide. E quando vedo la sua auto mi scappa un sorriso, e ovviamente mi si annoda anche lo stomaco perché non so da quale parte cominciare per spiegarle quello che è successo ieri sera, e non so nemmeno come sia il suo umore. In ogni caso, mi ripeto mentalmente una serie di scuse ma quando entro in casa e me la trovo di fronte già pronta per uscire con Leo tra le braccia, mi dimentico di ogni cosa.

     Ci fissiamo per lunghissimi secondi, scordandomi addirittura di richiudere la porta alle mie spalle. È bellissima, anche se sul suo viso c'è tanta stanchezza. Di sicuro non ha dormito per colpa mia.

    Leo comincia a richiamare la mia attenzione e io avanzo di un passo. Non riesco a decifrare l'umore di Eleanor. Mi guarda impassibile e deglutisco sperando di non peggiorare la situazione. «Mi dispiace, scusami» riesco solamente a dire.

     Lei distoglie lo sguardo e si sistema Leo tra le braccia, poi recupera la borsa e si avvicina. Ma non perché ha voglia di venirmi in contro, ma perché deve uscire. «Non c'è bisogno delle scuse», spezza il silenzio e mi fissa. «Tanto lo sai che finisco sempre per perdonarti ogni cosa».

    Mi spiazza e va via senza neanche darmi il tempo di afferrarla per stringerla tra le mie braccia.
    Rimango da solo nel silenzio della casa con la scia del suo profumo delicato e sorrido, consapevole e contento di non aver distrutto nulla e di poter ancora contare sulla sua fiducia.

Rapita - parte 4 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora