Ho lo stomaco in subbuglio quando raggiungo l'auto e prendo posto sul sedile del passeggero. J mi segue a testa bassa e sa bene che ha commesso un errore enorme che mi farà stare profondamente male. Non aveva nessun diritto di raccontare a suo padre e a quella Ivy una cosa così personale che riguarda solo me e basta. Mi sento tradita. Sì, J ha appena tradito la mia fiducia e ora sono profondamente delusa, con un magone opprimente in gola che mi impedisce di respirare.
«Come hai potuto farmi una cosa del genere». La mia voce e strozzata e non riesco nemmeno a guardarlo. Tengo gli occhi puntati sul parabrezza e una mano sul petto per cercare di calmare il battito accelerato.
«Lo so, posso comprendere come ti senti ma sappi che l'ho fatto per un motivo preciso», prova a giustificarsi mentre si immette sulla strada, ma io sono ormai ferita.
J ha avuto il coraggio di raccontare a suo padre e a Ivy, una perfetta sconosciuta, quello che è successo con Richard. Ora sanno che l'ho ucciso con un coltello alla gola e sanno che Leonard Kennedy non è il mio vero padre. Ho impiegato anni per dimenticare il sangue sulle mani e il suono sordo che produce una lama di acciaio che squarcia la pelle umana. Ho impiegato anni per riprendere a guardarmi allo specchio e vederci finalmente una ragazza normale e non un'omicida. Ho sopportato sostegni psicologici, farmaci, notti insonni... E ora? Tutto è perduto. Altre persone sanno quello che ho fatto e quanto tempo impiegheranno per raccontarlo in giro?
«Non dovevi farlo, J», sbotto sull'orlo di una crisi di nervi.
«Mi dispiace, ma quando sono stato qui la prima volta a cena, mio padre ha cominciato a parlare e straparlare di Richard e di quello che avevo subito da piccolo per colpa sua. Ho ritenuto giusto avvisarlo di non fare il suo nome in tua presenza...»
«E complimenti, J. Gli hai raccontato tutto, ma peccato che il tuo piano non sia stato utile. Ecco perché eri così strano. Ti sentivi in colpa?» lo interrompo e stento veramente a crederci.
«Sì, ho sbagliato. Dovevo stare zitto...»
«E complimenti soprattutto per averlo raccontato anche a Ivy...»
«No», sbotta. «Ha ascoltato la conversazione di nascosto. Come puoi pensare questo?»
«Ti rendi conto che due persone completamente inaffidabili sanno che ho ucciso un uomo? Ti rendi conto? Cosa ne sarà di me se questa storia farà il giro della città?»
«Non accadrà. Mio padre non parlerà...»
«Ma se l'ha appena fatto! Chi me lo garantisce che non gli sfugga qualche particolare proprio come stasera? E se Ivy lo dirà a qualcuno solo per farmi un dispetto? Si è capito chiaramente a cena che poco tollera la mia presenza e anche la tua. Ogni scusa era buona per fulminarti con lo sguardo». Sono nel panico più completo. Sto già pensando al peggio e ho paura per quello che potrebbe accadermi. Leo potrebbe rimanere senza una madre e mentre ripenso al suo dolce visino, le lacrime fanno silenziosamente il loro ingresso.
«No, Ivy è l'ultimo dei nostri problemi», stringe le mani sul volante e non stacca gli occhi dalla strada buia che scorre sotto di noi. «Non parlerà. Ho già chiarito la situazione con lei questo pomeriggio...» ma smetto di ascoltarlo e un'immagine mi piomba in testa, togliendomi il respiro.
«Hai cercato di strangolarla. È così che hai chiarito la situazione?» la mia voce è poco più che un sussurro e rivedo perfettamente i segni rossi sul collo di Ivy. Leo voleva che li vedessi, voleva mettermi in guardia.
«Io, non...»
«Ho visto i segni», lo interrompo. «Sul suo collo. Si riferiva a questo quando ha detto che non sei cambiato per niente. Perché?»
STAI LEGGENDO
Rapita - parte 4
Mystery / ThrillerRitornano Jack e Eleanor, con una nuova vita ma con questioni ancora irrisolte. Pronti a farvi trascinare di nuovo nel loro oscuro mondo?