Capitolo 23 - Jack (capitolo inedito)

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Resisto tre giorni lontano da Eleanor. Beh, la parola lontano è un eufemismo. Più che altro resisto tre giorni senza parlarle, perché sono ritornato a casa tutte e tre le santissime sere, tranne quella in cui ho picchiato Andrew. Non volevo farmi vedere sporco di sangue e darle delle spiegazioni che non avrei saputo definire. E quindi, quella sera l'ho passata in un motel, da solo, col cellulare spento e in balia dei miei pensieri.
     Il giorno dopo sono ritornato a casa.
     Eleanor non mi ha cacciato via, ma si è comportata come se non esistessi. E più volte ho cercato di avvicinarmi a lei per iniziare un qualche tipo di discorso, ma non restava mai più di un minuto da sola con me in una delle stanze della casa. E la sera, chiudeva a chiave la porta della camera da letto; il chiaro messaggio che mi spettava dormire sul divano in salotto. E l'ho fatto, ovviamente, senza replicare e senza insistere. L'importante era stare con lei, con mio figlio, nella nostra casa. E non ho più visto Ivy, né mio padre. Non ho più riacceso il mio malandato cellulare e adesso voglio solo rimediare al peccato che ho commesso.
     Al diavolo Andrew con le sue supposizioni del cazzo che ha cercato di inculcare nella testa di mia moglie. Io non l'ho sposata per vendetta. L'ho sposata perché ha avuto il coraggio di rendermi migliore. E ammetto di aver sbagliato e di non sapere cosa cavolo mi è preso quella sera a casa di Ivy, ma non lo farò più. Non cederò più al passato. Non mi farò più condizionare. Qui, a casa mia, ho tutto quello che mi serve. Prima di Eleanor, non avevo nulla e... non ero nulla.

Mi infilo in tasca l'incasso della giornata e lascio  che Daniel si occupi del turno serale, come sempre.
Non mi ha parlato granché da quando mi ha beccato in magazzino con Ivy e io non ho mai ripreso l'argomento, anche se lo becco a guardarmi in modo strano per la maggior parte del tempo, come se volesse capire cosa stia facendo della mia vita e del mio matrimonio, ma ha troppo timore per chiederlo direttamente. E io mi comporto tranquillamente, facendo credere a tutti che va alla grande e che non c'è nessuna catastrofe all'orizzonte. Ma una catastrofe c'è ed è Ivy che varca la soglia del locale come se fosse la proprietaria di questo cazzo di posto. Cammina a testa alta, con le gambe interamente scoperte e i capelli nerissimi legati in una coda stretta, che mette in risalto il suo viso tondo e accattivante.
     Distolgo lo sguardo e mi viene la nausea al solo pensiero di quello che ho fatto con lei e mi vergogno così tanto da voler sbattere più volte la mia faccia contro il muro.

     «J... sei sparito». Si appoggia con i gomiti al bancone e sorride.

Mi guardo un attimo intorno e vedo Daniel che sbircia nella nostra direzione con la coda dell'occhio. Mi chiedo se non sia diventato una spia di Eleanor.

«Dovresti smetterla di venire qui», chiudo la cassa e sospiro.

«Che c'è? Ti sei già stancato di me?» mette un finto broncio e alzo gli occhi al cielo.

«Dimentica quello che è successo. È stato uno sbaglio che voglio assolutamente cancellare...»

«Lo sai che questo sbaglio sta già avendo delle ripercussioni, vero? Eleanor non ti perdonerà...»

«Lo farà», la interrompo e inspiro profondamente per non perdere la pazienza. «È incinta... e non posso abbandonarla», e mi rendo conto che la mia voce è stupidamente incerta.

     Ivy se ne accorge e piega le labbra in un mezzo sorriso. «Non ci credi neanche tu» e si allontana per richiedere un drink al barista.

      Non mi trattengo un minuto in più e corro a casa, il posto in cui avrei dovuto correre quella fatidica sera, invece di starmene con le mani in mano a farmi ammaliare da Ivy. Ma una seconda catastrofe sembra aspettarmi dietro l'angolo e la percepisco quando vedo l'autista dei Kennedy sotto casa, ma nessuna traccia di Eleanor nel vialetto.

Rapita - parte 4 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora