Capitolo 11 - Jack (capitolo inedito)

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Odio litigare con Eleanor perché è in queste situazioni che capisco quanto ancora siamo diversi e che fatichiamo ancora a capirci. E odio soprattutto che pensieri del genere mi portano a una conclusione che non voglio, ovvero che siamo letteralmente incompatibili.
     Mi fa rabbia sapere che nella sua testa io non le do le giuste attenzioni o che viene addirittura dopo qualsiasi altra cosa. Io darei la vita per lei e nostro figlio, perché ne dubita? Possibile che non è abbastanza quello che finora ho fatto?

A testa bassa, tra mille pensieri, mi dirigo verso l'entrata del locale, ma due ragazze che borbottano infastidite tra loro mi distolgono dai miei problemi familiari. «Che succede?» chiedo, fermandole sul marciapiede.

«Non c'è rispetto in questo locale. Ne abbiamo fin sopra i capelli!» mi informa una di loro e proseguono per la loro strada mentre io mi precipito all'interno del locale.

Daniel mi viene subito in contro e ha un'aria decisamente esasperata. «J, ci sono dei mocciosi ubriachi che stanno importunando tutte le ragazze presenti. Quando ho minacciato di chiamare la polizia e di cacciarli fuori a calci, uno di loro mi ha puntato un coltello in faccia».

     «Ma che cazzo!» lo spintono di lato e mi faccio subito strada tra la folla per identificare il gruppetto di stronzi. Li trovo in un angolino buio nei pressi dei bagni e non li ho mai visti prima da queste parti. Sono in quattro, a stento sembrano maggiorenni, con dei capelli rasati in modo strano e dei vestiti più grandi delle loro taglie, e stanno accerchiando due ragazze per niente attratte da loro.

     Non ci penso due volte e mi fiondo su di loro, afferrandone due per le spalle. «Uscite subito da qui prima che vi tiri così tanti pugni in faccia che le vostre madri faticheranno a riconoscervi», dico più minaccioso e incazzato che mai, ma loro non si lasciano intimidire e ridono. I due si scrollano le mie mani dalle spalle e fanno spazio ad un ragazzo dietro di loro che si avvicina a me con aria spavalda. Deve essere il leader di questo gruppetto del cazzo.

     «E tu chi cazzo sei?» cerca di tenermi testa, dimostrandosi un tipo duro e attaccabrighe.

     «Andate via, subito», stringo i denti e lo fisso mantenendo il controllo, anche se gli pianterei volentieri le nocche su quel ghigno fastidioso che si ostina a rivolgermi. Ma un ragazzo che sbraita alle mie spalle mi fa per un attimo distogliere l'attenzione da questo moccioso irritante e mi volto appena in tempo per schivare una furia cieca che si abbatte contro uno del gruppetto. «Stronzo, hai toccato il sedere della mia ragazza». Urla il tipo arrabbiato sul serio e lo afferra per i lembi della giacca di jeans, sbattendolo con la con schiena contro la parete.

     «Le è piaciuto però», insiste il moccioso con una risata irritante e il ragazzo urla di rabbia, prendendogli a pugni la faccia.

     Bastano pochi secondi per generare una cazzo di rissa nel mio locale, nel quale mi trovo coinvolto senza neanche rendermene conto.

     I ragazzi si azzuffano da tutte le parti. Se ne aggiungo anche altri in difesa del tipo arrabbiato, e io che cerco di sedare il tutto mi ritrovo a ricevere due pugni dolorosi in faccia e a distribuirne il triplo a chiunque mi capiti sotto tiro, cercando di spingerli man mano all'esterno tra un'imprecazione e l'altra. Ma Daniel mi tira via dalla rissa, afferrandomi per il giubbotto con tutta la forza che possiede. «J, qualcuno ha chiamato la polizia. Vattene da qui! Uno dei ragazzi è minorenne e tu l'hai appena colpito».

     «Cazzo!» Mi ridesto dallo stato di rabbia e lo ringrazio con una leggera pacca sulla spalla e mi fiondo verso l'uscita. So bene che Daniel saprà gestire con calma e razionalità la situazione con gli sbirri anche se non mi sento per niente tranquillo mentre mi trascino tra la folla a testa bassa.

Rapita - parte 4 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora