Mi ritrovo a percorrere la banchina, puntando dritto verso lo yacht di Andrew.
Non so bene cosa ci faccio qui, ma devo parlargli. Assolutamente!Batto con forza il palmo della mano sulla porta della cabina e Andrew viene ad aprirmi a torso nudo, con addosso solamente un pantalone di tuta leggero. Spero che non sia stato così tutto il giorno davanti agli occhi di Eleanor. Oh, ma che dico. Non posso pensare a questo adesso... io ho fatto decisamente di peggio.
«J, non aspettavo la tua visita».
«Non mi interessa». Entro spingendolo un po' da parte e lui sospira.
«Non ho detto che puoi entrare...»
«Non mi interessa neanche questo». Lo interrompo e mi avvicino al suo fornito angolo bar per versarmi qualcosa da bere.
«Che diavolo vuoi?» sbotta e ha la decenza di infilarsi una camicia, ma non l'abbottona.
Prendo un sospiro e poso il bicchiere che ho appena riempito sul bancone, per poi avvicinarmi a lui di qualche passo. «Okay... non sono venuto qui per litigare, ma solo per parlarti».
«Wow, un gran passo avanti per te», fa del sarcasmo.
«Smettila, Andrew. Voglio solo dirti di non approfittare di questa situazione. Tanto lo so che eri con Eleanor stamattina, e francamente non mi va giù il fatto che tu ti sia presentato di nuovo a casa mia per stare da solo con lei...»
«Ehi, frena», mi interrompe. «Non sapevo che Eleanor fosse sola in casa e ho fatto bene ad andare da lei, visto quello che è accaduto poco dopo». Mi fulmina con lo sguardo e incrocia le braccia al petto.
Mi passo una mano nei capelli. «Ho commesso un errore e me ne pento. Cercherò di rimediare, ma tu non hai il diritto di peggiorare ulteriormente le cose. Lasciaci risolvere la questione da soli e non pensare di poter trarne qualche vantaggio». Mi stupisco di me stesso nel parlare così civilmente senza prenderlo a pugni. Eppure c'è stato un periodo in cui pensavo cliquorehe saremmo addirittura diventati amici, ma le possibilità sono morte ancor prima di poterle mettere in pratica.
Andrew sorride. E io odio quel suo sorrisetto arrogante. «Sai che ti dico, J?» si incammina con aria spavalda verso il bancone del bar. Guarda il bicchiere che ho riempito poco fa come se fosse contaminato da chissà quale strana malattia e svuota il contenuto in un apposito contenitore sotto al bancone. «Che hai perso», alza le spalle e riempie un altro bicchiere di liquore che manda giù tutto d'un sorso. Sospira soddisfatto e riporta gli occhi su di me. «Ho lasciato che Eleanor giocasse a fare la crocerossina con te. Ma finalmente ha capito che non può salvare una persona che non vuole essere salvata. Tu hai giocato sporco, hai mentito, hai indossato una maschera per tutto questo tempo... ma ora la partita è finita».
«Ma che diamine stai blaterando?» stringo i pugni e so di non poter mantenere la calma ancora per molto.
«Credi che nessuno abbia capito?» mi fissa con finta aria sbalordita. «Tutti ci aspettavamo questo momento ed eravamo curiosi di sapere fino a che punto avresti resistito e fino a che punto ti saresti spinto per... punirmi». Aggira il bancone per ritornare di nuovo di fronte a me e mi fissa con quella sua solita aria di superiorità. «Hai voluto Eleanor e te la sei presa non perché la ami, ma per impedirmi di stare con lei. L'hai sposata solo per evitare che lo facessi io al tuo posto e hai voluto un figlio da lei solo per poter sbattermelo in faccia come se fosse un premio del tuo sadico gioco». Avanza di un altro passo. «E c'è stato un periodo che ho anche rinunciato a lei. Ricordi quando sono partito per occuparmi della mia filiale a Londra? Beh, sono ritornato dopo un mese perché sapevo che prima o poi avresti fallito e questa enorme farsa sarebbe venuta a galla. E così... ho aspettato, ho guardato e sopportato tutto questo standomene in panchina. Ho finto di essere felice per voi, ho resistito a tutte le tue provocazioni, a tutte quelle volte che la stringevi e la baciavi, accertandoti, con la coda dell'occhio, che stessi guardando nella vostra direzione. Ogni cosa che hai fatto con lei, l'hai fatta solo per il gusto di sfidarmi. Perché per te si tratta ancora di vendetta, J».
Stavolta sono io a fare un passo verso di lui.
«Vendetta? Se avessi ancora voglia di vendetta a quest'ora saresti in una bara, o quel che ne sarebbe rimasto del tuo corpo dopo lo scoppio del furgone. Non ti avrei salvato la vita...»«Perché avevi già il piano ben preciso in testa di farmi assistere a tutto quanto. E poi...» si avvicina ancora e la distanza tra noi è quasi azzerata. «Peccato che tu non mi abbia lasciato morire, perché ora è il tuo turno di guardare come mi prendo tutto quello che ti appartiene».
Mi guarda dall'alto al basso e sorrido. «La tua recita è finita. Tornatene pure nella periferia di merda dove sei cresciuto, da quel fallito di tuo padre e da quella troietta di Ivy. E lascia che Eleanor si rifaccia una vita con uno della sua altezza: con me».
«Fatti da parte, Andrew», digrigno i denti e sbatto col petto contro il suo. Le mani fremono, desiderose di colpirlo.
«Di cosa ti preoccupi? Riempirò Eleanor di attenzioni e a Leo non mancherà nulla. Saprò dargli più di quanto tu abbia fatto finora».
«Non nominare mio figlio. Ed è stupito pensare che Eleanor ti accetti nella sua vita. Lo sai che non prova nulla per te».
Amplia il suo sorriso e si allontana di un passo, convinto di avere la vittoria in tasca. «Non esserne così sicuro, perché con te fuori dalle palle le serve un padre urgente per i suoi figli».
Mi blocco e sgranò gli occhi. I suoi figli? Sta intendendo quelli che avrà con Eleanor in un suo futuro immaginario o che c'è già un altro bambino in arrivo? Stavamo provando ad averne un altro già da un po' di mesi. Possibile che sia incinta?
«Ah, non lo sapevi?» il suo ghigno beffardo mi fa ribollire il sangue nelle vene. «Eleanor è incinta. E dov'eri tu quel giorno che l'ha scoperto? Ah, già. Eri a scoparti quella puttanella di Ivy...»
Non gli lascio il tempo di proseguire la frase che il mio pugno si schianta sulla sua faccia. Ha la prontezza di voltare la testa di lato ed evitare che le mie nocche colpiscano il naso. Ma mi accontento anche dello zigomo.
«Che c'è? Ti dà fastidio che dia della puttana alla tua amante?» continua a ridere e si massaggia la guancia.
«Non me ne frega un accidenti di lei. Mi dà solo fastidio la tua faccia del cazzo». Riparto all'attacco e finiamo entrambi sul pavimento a cercare di colpirci con forza. Ci insultiamo, ci prendiamo a calci e pugni. Perdiamo sangue e ci procuriamo lividi sulla pelle. Beh, li porterò come trofei perché era da tanto che desideravo farlo.
E mi rialzo quando lo vedo tossire e sputacchiare un misto di sangue e saliva sul pavimento in teak. Riprendo fiato e mi ripulisco un rivolo di sangue che mi cola dal naso col dorso della mano. «E ora ricordati queste parole, stronzo: se ti becco a gironzolare intorno a Eleanor, giuro su Dio che ti ammazzo».
«Fottiti», biascica e io gli do un calcio nello stomaco.
I suoi rantoli riempiono il silenzio e mi accovaccio per parlargli più vicino. «Se ti becco a gironzolare intorno a Eleanor, giuro su Dio che ti ammazzo», ripeto con più enfasi e lui mi risponde con una fastidiosa risata nasale.
«Lo sai meglio di me che Eleanor non ti perdonerà mai. Non sei nelle condizioni adatte per pretendere qualcosa. Ti ricordo che hai sbagliato, J, e l'hai ferita», tossisce e si rimette in piedi. «Quanti ricordi orribili avete collezionato insieme? Quando Eleanor pensa a te, pensa solo al peggio, allo schifo che ha vissuto e sopportato. Non ha ricordi felici, al massimo uno o due, ma il resto? Solo merda, J». Si sistema la camicia sgualcita e ripulisce via una goccia di sangue dal labbro con la mano. Poi, si avvicina all'uscita. «Ora esci fuori di qui e non voglio mai più rivedere la tua faccia». Mi indica l'uscita e non replico più nulla.
Esco di scena infuriato e frustrato. Ho rovinato ogni cosa e ho lasciato che quello stronzo si insediasse di nuovo nella vita di Eleanor. Devo impedirlo se voglio il suo perdono e devo ottenerlo al più presto.
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Rapita - parte 4
Mistério / SuspenseRitornano Jack e Eleanor, con una nuova vita ma con questioni ancora irrisolte. Pronti a farvi trascinare di nuovo nel loro oscuro mondo?