Capitolo 15: L'uragano fuori e dentro di me

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Il vento, oltre le tapparelle chiuse, è forte e il rumore mi martella la testa

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Il vento, oltre le tapparelle chiuse, è forte e il rumore mi martella la testa.
Il buio è pesto, non riesco a vedere niente, nemmeno il mio naso e questo mi impedisce di capire dove mi trovo. Cosa che vorrei proprio sapere.
L'ultima cosa che ricordo è il viso di James a pochi centimetri dal mio e poi il buio.

Cerco di muovere il corpo, che sento dolorante per l'eccessivo sforzo e pian piano riesco a mettermi seduta.
La testa gira, vortica e mi sento quasi ricadere sulla superficie sulla quale ero sdraiata.
Possibile che mi ritrovi a svenire così spesso?
Sposto lo sguardo sul buio che mi circonda, cercando di abituare i miei occhi all'oscurità e poter scorgere qualche ombra e capire dove mi trovo, ma pochi secondi dopo la luce della stanza viene accesa.

Subito, il mio braccio si muove per coprire i miei occhi fin troppo sensibili alla luce e sento un singulto provenire da quella che presumo essere la porta.
Ma quando riesco a togliere il braccio dal volto, sono sola.
E ancora al buio.
Mi lascio ricadere all'indietro e la testa cozza contro il cuscino troppo morbido, attutendo la caduta.
Anche se una bella botta alla testa potrebbe farmi diventare normale...
Dei bisbigli attutiti mi giungono alle orecchie, ma non provo neanche a capirli, sono troppo bassi.
In seguito, sento degli scricchioli e una piccola luce proviene dalla porta ora aperta.

Mi rimetto a sedere, questa volta pronta al chiarore che mi investirà quando verrà premuto l'interruttore.
Ma questo non avviene.
"È sveglia!" Sento dire da oltre la porta e io alzo gli occhi al cielo, anche se non possono vederlo.
Dei passi affrettati seguono queste parole e, qualche battito dopo, la luce si accende e i miei genitori stanno sulla soglia della porta.
Mi alzo in piedi e gli vado incontro, anche se in questo momento sembro più la donna che Gwen curava e che ho incontrato quando ero piccola: piena di acciacchi e con la camminata di uno zombie.
Il loro abbraccio mi fa tornare con la testa sulle spalle e li stringo a mia volta.

"Dovresti smetterla di farci questi scherzi." Dice mio padre, in un leggero tentativo di stemperare la preoccupazione che devo avergli dato.
Alzo le spalle e sorrido: in fondo, non è colpa mia.
"Torna a letto, devi riposare." Mamma non si fa intenerire e mi riporta sul letto dell'infermeria.
Potrei far diventar questa la mia camera, viste le volte che ci finisco svenuta.
Mi lamento senza troppa forza e mi accorgo solo in questo momento di come sono messe male le mie corde vocali.
Ho urlato fin troppo, ma era per un bene superiore.

Con la voce rotta e irriconoscibile, chiedo se stanno tutti bene e la loro risposta mi scalda il cuore e mi fa sentire in perfetta forma.
Sorrido, anche se il rumore al di fuori della nostra casa è assordante e lo avverto come un trapano nel mio cervello.
"Torna a riposare, ne hai bisogno." Mamma mi sdraia e mi rimbocca le coperte, prima di lasciarmi un bacio sulla fronte e andarsene, seguita da mio padre che mi augura un buon riposo.
Quando la porta si chiude e la luce si spegne, mi rimetto a sedere, incapace di dormire ancora.
Non che sarei mai riuscita ad addormentarmi con questo rumore di tempesta nelle orecchie.

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