Capitolo 19: Scontri

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Cinque mesi

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Cinque mesi.
Questo è il tempo che è passato dall'ultima volta che sono riuscita a parlare con James.
Devo essere sincera, ho messo molto del mio cercando di evitarlo, ma non è che lui abbia fatto tutti questi passi in avanti verso di me.

"Oggi c'è la ricostruzione dell'ultima casa del Regno e poi potremo organizzare quel ballo per mettere alla prova i candidati rimanenti."
La voce di mio padre è un misero sottofondo ai miei pensieri, tutt'altro che rivolti verso il mio popolo.
"Charlotte? Mi stai ascoltando?"
Mi riscuoto e arrossisco, fingendo di aver sentito qualcosa che non sapevo neanche fosse stato detto.
"Bisogna dire agli ultimi cinquanta presunti Re di Primtopia del ballo."
Sbuffo.
Non ne posso già più di questo ballo.

Annuisco ed esco dall'ufficio, bisognosa di aria fresca sul viso.
Il caldo è ancora troppo, nonostante sia appena iniziato dicembre e il vestito rosa che indosso è troppo lungo e mi infastidisce a ogni passo.
Ogni tanto rimpiango i lontani giorni in cui ero una semplice ragazza italiana e non la Quasi-Regina di Primtopia.

Calcio un sasso, seppur dovrei stare attenta vista la mia brutta abitudine a far del male e sento un lamento poco lontano.
Oh, mio Dio! Ho ucciso qualcuno!
Corro verso la provenienza della voce e mi trovo davanti un ragazzo alto, elegantemente vestito e dai lunghi capelli rossi.
Gli occhi sono chiusi, forse per il dolore o per il sole che punta proprio nella sua direzione e non riesco a vederli, però riesco a vedere come si tiene il labbro tra i denti.
Molto sensuale!
Ma che diavolo sto pensando! Ripigliati Charlotte!

"Io-Io mi scuso. Sapevo che avrei dovuto trattenermi, ma l'irritazione mi ha sopraffatta. Di solito, mi colpisco da sola, è un avvenimento unico che ho preso qualcun altro."
Inizio a parlare a raffica, non sapendo davvero quello che sto dicendo, fin quando il ragazzo apre gli occhi e mi trovo davanti a un paio di occhi ambrati proprio come i miei.
Il respiro si ferma e non so più cosa stessi dicendo.

"Oh, non si preoccupi Maestà. La colpa è mia, mi sono messo nella traiettoria del sasso."
Il suo sorriso è così dolce e contagioso che mi ritrovo a sorridere a mia volta.
"Sembro scortese se ti chiedo di ripetermi il tuo nome?"
Ride, in maniera semplice.
Una risata che non mi suscita niente e che non mi fa sentire quelle farfalle nello stomaco di cui parlano tanto nei libri.
O la voglia di sentirla ancora e ancora, proprio come la risata di James.
Non è neanche dolce e armoniosa come quella di Dmitri, una di quelle che non vorresti finisse mai.

La sua risata si protrae e inizia a risultarmi fastidiosa, come se stesse grugnendo a più non posso.
"Sono Lord Alec Bloomwod, sua Maestà."
Un inglese. Solo loro possono vantarsi in questo modo del loro titolo senza dirlo apertamente.
"Mi scuso ancora, Lord Alec, dovrò trovare un modo per rimediare, ma ora devo proprio andare." Affermo, facendo qualche passo indietro e tornando dentro il castello.
Ma che mi succede? Non posso paragonare ogni ragazzo a quei due!

Comincio a correre, spaventata dai miei stessi pensieri e vado a sbattere contro qualcosa di duro, ma morbido e che mi impedisce di cadere a terra.
"Dolcezza! Dove vai così di corsa?"
Adam!
Quando mi era mancato.
Non gli rispondo e lascio che qualche lacrima scorra oltre i miei muri e lo abbraccio forte.
"Devo parlarti." Sussurro solo con voce rotta contro il suo petto.

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