Capitolo 37: La scelta migliore

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La luce, che illumina la camera attraverso le finestre lasciate libere dalle tende rosa, cambia spesso

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La luce, che illumina la camera attraverso le finestre lasciate libere dalle tende rosa, cambia spesso. Fin troppo.
E io non riesco a muovermi da questo letto e questa posizione alquanto scomoda.
Meglio la scomodità di questo dolore che mi sta distruggendo il cuore, pian piano, come per assaporarsi meglio la mia disfatta.
Non sono riuscita a uscire dalla camera e l'unico che è riuscito a entrare senza sentire le mie grida è stato Adam.
O, forse, è l'unico a essersene fregato.

"Charlotte. Ti prego, esci da questo bozzolo di dolore."
Non gli rispondo e continuo a rimanere con lo sguardo fisso sulla testiera del letto e il cuscino a sostenere il mento.
"È più di due giorni che sei in questo stato e hai bevuto solo un paio di bicchieri d'acqua."
Non può capire, non potrà mai capire.
"Vattene."
Le mie parole, appena sussurrate, hanno un suono strano e roco.
Non sembro neanche io.
"Char..."
Sento tutte le parole che vorrebbe dire, ma che il silenzio mi urla lo stesso.
"Vattene!"
Il mio, ora, è un urlo.
Un urlo che mi costringe ad alzarmi dalla posizione in cui vegetavo e posare i miei occhi secchi e rossi su quelli lucidi del mio migliore amico.

"Quando ti riprenderai, sai dove trovarmi." Soffia, solo, prima di alzarsi e lasciarmi seduta in questa stanza vuota.
Vuota come me.
Il silenzio grida dentro la mia testa e sono costretta a tenerla tra le mie mani, cercando di non farla scoppiare.
Ma il dolore che sento non vuole farmi esplodere, vuole solo disintegrarmi. E, in questo, sta riuscendo alla perfezione.
"Vattene!"
Urlo ancora, ancora più forte, non sopportando più questo dolore che mi sta svuotando.
Io...
"Basta!"
Urlo, fin troppo forte per le forze che mi sono rimaste.
Vedo una porta aprirsi e una figura entrare. Ne distinguo solo i contorni, senza riconoscerla, prima di piombare nell'oblio al quale mi ero sottratta.

 Ne distinguo solo i contorni, senza riconoscerla, prima di piombare nell'oblio al quale mi ero sottratta

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"Voglio lasciare la gara, Charlotte."
"Che cosa?"
"Voglio lasciare la gara."
"Perché?"
La cameriera esce dalla sua camera e rifugge al suo sguardo, mentre lui sembra voler qualcosa che non dirà mai.
"Charlotte, io..."
Scuoto la testa e mi volto, con le lacrime ai bordi degli occhi e il cuore al di sotto della crosta terrestre.
Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

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