Capitolo 3

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Il rumore delle ruote di un carro, il chiacchiericcio del borgo, perfino il bambino che rincorreva un topo marrone e che, ridendo, lanciava la sua palla di stoffa nel tentativo di colpirlo in pieno. Tutto quello, per lui, era nauseante; eppure era costretto a vederlo ogni giorno.

Dopo essersi lasciato alle spalle le alte mura del castello, camminava in silenzio, scansato da tutti come fosse un appestato. Mentre si stringeva nel mantello color pece, spostava gli occhi tersi, infossati, da un lato all'altro della strada. Le labbra strette, tese quasi in un moto convulso, e le maledizioni sulla punta della lingua, bloccate in gola.

Così, anche quella volta si apprestò a velocizzare il passo. Le suole che battevano sul selciato, che s'impegnavano a saltare tutte le pozzanghere di escrementi e urina nei pressi delle abitazioni più povere del borgo, che tuonavano tra la folla.

Arricciò il naso, si contrasse in un'espressione arcigna, quasi schifata, e poi si sentì chiamare da una voce balbettante, timorosa:

«Maestro, Rasputin, Signore...»

Si fermò in mezzo alla strada, lasciandosi andare a un sospiro stanco. Subito, prima ancora di voltarsi, si massaggiò la sommità del naso e pensò che fosse davvero sciocco, da parte sua, spingersi fin lì, in mezzo alla gente, per cercarlo. Grugnì, scosse le spalle e finse di non sentirlo. Poi mosse un paio di passi in avanti e udì ancora quel fastidioso balbettio:

«Maestro, Maestro Rasputin...»

A quel punto, esasperato, decise di abbozzare un sorriso candido e cercò lo sguardo del suo sottoposto. Chiese: «Cosa c'è, Gabi?».

Lui mosse un piede contro il terreno, strusciò la suola in un rumore lieve, quasi titubante, e chinò il capo bruno. Dal basso, sollevò le ciglia e lo fissò in silenzio, trattenendo il respiro.

«Cosa c'è?» ripeté, lasciando che le sue labbra avessero un fremito.

Deglutì, si lasciò scappare una risatina lieve, e sollevò le spalle, fece come per ritirare il capo, per proteggersi. Disse: «Chiedo scusa, Maestro, non volevo disturbarvi. So che dovrei restare nell'ombra e che non dovrei neppure seguirvi, ma ho assistito a una cosa alquanto difficile da spiegare».

Sentendo quelle parole, Rasputin sollevò un sopracciglio. «"Una cosa alquanto difficile da spiegare"» citò.

Annuì, poi si strinse le mani di fronte al petto e iniziò a tormentarsi le dita. Distolse lo sguardo, si mordicchiò il labbro inferiore e biascicò qualcosa d'incomprensibile.

«Non ho capito nulla, Gabi» gli fece notare, aggrottando subito le sopracciglia.

«Due uomini sono entrati in casa vostra, Maestro» sussurrò.

Gli occhi fuori dalle orbite e il respiro pesante, sembrò sul punto di esplodere e si aggrappò alla sua spalla. «Cosa diavolo stavi facendo, mentre quei due uomini sono entrati in casa mia?» sibilò.

«Li osservavo» disse. Spinse il suo sguardo verso quello di Rasputin e cercò di non distoglierlo per mostrarsi quanto più sincero possibile; tuttavia non poté fare a meno di tremare, e la sua voce tornò a perdersi, a vacillare. «Volevo accertarmi che non fossero uomini del Re.»

«Sua Maestà mi manderebbe a chiamare, non farebbe mai intrufolare i suoi uomini come dei ladri; tutto ciò è impensabile» sputò rabbioso. «Quegl'intrusi erano solo piattole, dovevi tenerli a bada.»

«Mi dispiace, Maestro» gemette, mentre la sua stretta pareva tramutarsi in ferro.

«Lo credo bene, ma ti dispiacerà molto di più.»

Non osò ribattere, ma fu certo che il suo sorriso sinistro non promettesse niente di buono, perciò provò a ritrarsi e si sorprese di come le sue dita, dapprima rigide, fossero improvvisamente molli e propense a lasciarlo andare. Così impallidì e corrugò la fronte. «Mi dispiace» ripeté in un sussurro.

Rasputin si voltò senza aggiungere altro e riprese a camminare tra la folla del borgo. Per un attimo si chiese se qualcuno avesse teso l'orecchio, se si fosse spinto così oltre da mettere in pericolo se stesso per scoprire qualcosa su di lui, come i due uomini che avevano osato entrare nella casa che aveva di fronte; ma preferì non indagare e si disse che Gabi avrebbe fatto di tutto per evitare la sua punizione.

Così avanzò spedito e, senza quasi pensarci, posò la mano sulla porta tarlata. Digrignò i denti, la vide traballare sul suo uscio e schiudersi senza la minima fatica. Un grugnito gli scivolò di bocca assieme a un'imprecazione nella sua lingua madre. Poi, come una furia, entrò e chiuse il chiavistello.

Le sopracciglia che quasi si scontravano sulla sommità del naso, le palpitazioni, un fischio sordo nelle orecchie e la rabbia che gli scorreva in abbondanti fiotti nelle vene scure. Chiuse gli occhi, si passò una mano tra i riccioli biondi e inspirò a fondo per ritrovare la calma.

«Non è successo niente» si disse. «Te ne saresti accorto, Grigorij.»

Alle sue spalle, un sibilo.

Lui contrasse i muscoli della schiena sollevò il mento in uno scatto e, afferrato lo sgabello vicino, si voltò in un moto furioso per lanciarlo contro la manifestazione ancora informe che tentava di scivolare da sotto la porta. Il volto ridotto a una maschera d'odio, gridò: «Gabi, piccolo pezzo di sterco, che diavolo ci fai ancora qui?».

Nero, vaporoso come un'ombra, finì in terra e prese le sembianze del solito ragazzino dalle guance paffute. E mugolò, si aggrappò a una gamba dello sgabello, tentò di tirarsi a sedere, mentre un rivolo di sangue scendeva dal suo sopracciglio spaccato. Le lacrime agli occhi e le narici allargate, disse: «Perdonatemi, Maestro, volevo avvisarvi che nessuno ha detto niente su di voi».

«Lo credo bene» sputò. «Nessuno ha il coraggio di dire niente, perché nessuno è più stupido di te.» Gli vide chinare la testa, tentare di nascondersi dietro lo sgabello, e poi sbuffò, gli diede le spalle, s'incamminò a passo svelto verso il suo studio. Una volta lì, chiuse la porta con un gesto rapido della mano pur senza l'ausilio di alcuna chiave e si guardò intorno, dirigendo la sua attenzione verso la parete di destra. Un'espressione calma gli si dipinse in volto, piegò le sue labbra e le fece tremare, mentre una risata prendeva a far vibrare le corde vocali. «È ancora qui, lo sento» disse in uno spasmo.

 «È ancora qui, lo sento» disse in uno spasmo

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Note:

Salve a tutti.

Cosa ve ne pare di Rasputin? Vi avevo detto che lo avrei un po' (tanto) romanticizzato per esigenze di trama, ma spero che la cosa non vi dispiaccia. E di Gabi, invece? Non voglio anticiparvi nulla al riguardo, tuttavia posso solo dirvi che è un personaggio da tenere d'occhio.

Insomma, come al solito posso solo chiedervi di lasciare un segno del vostro passaggio, perché a me fa molto piacere. Commenti e stelline sono ben accetti.

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