Capitolo 18

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Doveva ancora capire cosa fosse successo di fronte alla fossa comune, come avesse fatto Dietricha a scacciare la Silfide, ma non riusciva a chiederlo ad alta voce. Non ne aveva né la forza, né il coraggio. Sentiva i suoi passi lenti, che si confondevano tra l'erba alta, e il frusciare della gonna grezza che si portava dietro. Di tanto in tanto, tornava a guardarla. Voltava la testa, deglutiva a vuoto e indugiava su di lei, su quella figura strana, che si diceva essere tornata in vita. Allora pensava a Damian, corrugava la fronte, immaginava come potesse trovarsi in quel corpo e subito se lo figurava come un mostro vestito da una pelle troppo stretta. Poi, tormentato, chinava il mento. Si mordeva le labbra, rifuggiva, avanzava svelto tra le lapidi piene di muschio e, mentre il silenzio veniva rotto dal suo respiro pesante, arrossiva. La testa piena di ricordi, non poteva fare a meno di riflettere sul futuro e su quello che sarebbe potuto succedere di lì in avanti.

«Cosa c'è che non va?»

A quella domanda, sobbalzò. Rallentò il passò e rizzò le spalle. Non disse nulla, si lasciò raggiungere e sentì le sue dita stringersi attorno all'avambraccio in una morsa gentile.

«Sei scostante, Adalric» disse ancora, inclinando appena la testa. «Pensi all'Elementale, forse?»

Lui negò, mormorando un: «Perché dovrei?».

«Da quando è sparito, non mi hai più rivolto la parola.»

Si lasciò sfuggire un suono divertito. «Davvero? Non me ne sono accorto» mentì.

Il suo sguardo si fece torvo, intenso, e la presa divenne più stretta. «Se vuoi dirmi qualcosa, puoi farlo» lo invitò piano. Allora vide i suoi occhi scuri muoversi appena, scostarsi, cercare rifugio altrove e nascondersi verso le lapidi del cimitero. Non incalzò, ma neppure si mosse e attese in silenzio, fin quando lui non disse:

«La vostra confidenza mi spiazza».

Dapprima batté le palpebre, poi emise un piccolo suono di sorpresa. Il tono basso, la fronte corrugata, sussurrò: «Mi dispiace».

Lui scosse la testa, continuò con un: «Non riesco a capire cosa siete, chi siete e come fate a conoscere tutto quello di cui avete fatto sfoggio poc'anzi».

«Ne abbiamo già parlato» mormorò.

«Non abbiamo già parlato della vostra conoscenza esoterica.»

Aveva ragione, non poteva negarlo, ma questo non le impedì di provare un forte moto d'irritazione. «Se lo facessimo, potrei non saper rispondere» ammise. Strinse la presa sull'elsa della spada di Erdmann e si ritirò nelle spalle, mentre Adalric storceva la bocca in una smorfia contrariata.

«Volete dirmi che avete reagito d'istinto, che la vostra è una conoscenza infusa e che dovrebbe andarmi bene così» iniziò, tutto d'un fiato. «Anche il fatto che siete arrivata al momento giusto, che mi avete sorpreso quand'ero in pericolo e che mi avete letteralmente salvato la vita, è solo un caso.»

Deglutì, sentì la pelle delle braccia accapponarsi dietro la stoffa leggera della camicia e non riuscì a fare altro che annuire. Disse: «Sì, è solo un caso».

Lui rise. Un suono amaro, gutturale, incredulo. Si allontanò dalla sua presa e mosse un paio di passi indietro, fissandola di sottecchi. «È impossibile» scandì.

«Ho sentito il tuo richiamo.»

«Il mio richiamo?» ripetè con le sopracciglia aggrottate.

«Riuscivo a sentire la tua voce, i tuoi pensieri, le preghiere rivolte a Damian. È per questo che sono arrivata fin qui, che ti ho visto sul ciglio della fossa comune e che ho potuto intervenire prima dell'irreparabile.»

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