Capitolo 11

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Gli era stato ordinato di comportarsi come una persona normale, come un uomo qualunque, sebbene avesse abbandonato quelle spoglie da molto tempo. Così, nonostante la cosa non gli piacesse affatto, prima ancora del sorgere del sole, aveva raggiunto il cuore del Regno e consegnato Erdmann von Fürstenberg nelle mani dei gendarmi d'argento. Solo allora, di fronte ai cancelli del castello di Donaueschingen, aveva preteso di essere annunciato al Re e si era lasciato condurre nella sala del trono.

Lì, ritto sulla sua statura era stato costretto ad arrestarsi. Lo sguardo rivolto alla seduta vuota, le palpebre appena abbassate, le mani pazientemente giunte dietro la schiena. Non aveva battuto ciglio, tantomeno si era azzardato a muovere qualche passo per studiare la stanza. E, mentre le guardie lo fissavano meste, aveva atteso che lui arrivasse.

Poi, quando le porte si aprirono sulla sinistra, la sua voce si fece sentire nitida con un: «Avete fatto le veci del gallo, Rasputin». Attirò subito la sua attenzione e lo vide prima voltarsi, poi fare un cenno rapido con il capo e una riverenza imposta dalle circostanze. Allora continuò, congedò i gendarmi con un gesto della mano e disse: «Mi auguro che ci sia un motivo serio per aver interrotto il mio sonno».

Il fragore del ferro gli rimbombò nelle orecchie, mentre le guardie si allontanavano e sparivano oltre le porte in un'unico filone argenteo. «È ovvio, Maestà» confermò sottovoce, raggiungendolo a un passo dai gradini.

Lui li salì tutti, uno dopo l'altro, con estrema lentezza, e sollevò di poco il mantello sanguigno per prendere posto sul trono intagliato. Lo guardò dall'alto e, posando un gomito sul bracciolo, corrugò la fronte in attesa. «Ditemi, avanti» lo spronò.

«Il fuggitivo è nelle vostre carceri, Maestà.»

Sul suo viso si dipinse un'espressione soddisfatta: le labbra piegate verso l'alto e gli occhi aperti come due onici brillanti. «Magnifico, non mi deludete mai» squillò. Batté i palmi tra loro. «È stato difficile catturarlo?» domandò.

«Come catturare una mosca che ronza attorno a una carcassa.»

«Niente di meno» ridacchiò. «Era forse nella stessa bettola della scorsa volta?»

«Nella Foresta Nera, cercava rifugio tra gli alberi.»

Sollevò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un'esclamazione di sorpresa. «È incredibile che si sia spinto fin lì, considerando le leggende che circolano su quel posto» disse a mezza bocca.

«Credo che abbia preferito sfidare le leggende, piuttosto che le certezze.» Lo vide annuire con un una leggera punta di divertimento, così continuò: «D'altro canto, non mi sorprende. La vita di un condannato a morte è da ritenersi in pericolo in qualsiasi luogo».

«Avete ragione, come sempre.» Si artigliò ai braccioli, poi disse: «Immagino che abbia opposto resistenza».

«Vi preoccupa tanto, Maestà?»

«Mi preoccupa non saperlo sufficientemente vigile per porgli le giuste domande.»

Rasputin sollevò entrambe le sopracciglia. «Avete intenzione d'interrogarlo personalmente?» chiese perplesso. Lo vide annuire, poi sollevarsi in piedi e lisciarsi bene il lungo mantello che ne seguì i passi sui gradini.

«Proprio così» scandì. Raggiunto il pavimento, lo guardò dritto negli occhi e accennò un sorriso mefistofelico. «Peraltro voglio guardarlo in faccia quando pronuncerò la sua sentenza di morte.»

Note:

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Note:

Salve, ragazzi.

Il capitolo è molto breve, ma ormai sapete che quelli che posto in questa storia non hanno una lunghezza precisa. Mi auguro, comunque, che vi sia piaciuto e che il rientro in scena dell'usurpatore non vi dispiaccia. Parlare di lui è sempre un piacere, stranamente.

Se volete lasciarmi un commento o una stellina, a me fa molto piacere.

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