Capitolo 14

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Quando il chiacchiericcio del borgo giunse alle sue orecchie, Dietricha non seppe se benedire la fine della traversata o maledire tutte quelle ore di cammino. Aveva i piedi indolenziti e la pianta in fiamme. I muscoli delle spalle contratti, le braccia intorpidite, continuava a stringere la spada di Erdmann e pareva non volerla abbandonare nonostante le strane occhiate dei compaesani.

Fu allora che Adalric, rallentando il passo, riprese a parlare. Disse: «Dovreste darla a me, state attirando troppo l'attenzione».

Lei lo guardò di sguincio e corrugò le sopracciglia. Serrò le dita sull'elsa in un moto di possesso e socchiuse le labbra, muovendosi appena verso destra per distanziarlo. «Non dite assurdità, è tutto ciò che resta di mio fratello» sputò velocemente.

«Vi consiglio di evitare certe dichiarazioni, fintanto che vi trovate a Donaueschingen. La perdita è ancora troppo recente e i cittadini non saranno clementi come me, se vi sentissero dire una cosa del genere.»

«Pensate che io abbia bisogno di clemenza?» lo rimbeccò a denti stretti. «È davvero così, non mi credete?»

«Credo che voi siate confusa, che non ricordiate chi siete e che per questo vi siate lasciata trascinare dagli eventi» mormorò. «Conosco la persona di cui parlate. Posso assicurarvi che non vi somiglia affatto e che non potrebbe mai scordarsi di me.»

«È per questo che non vi siete neppure presentato?»

Lui emise un piccolo suono divertito e si strinse nelle spalle. Storse le labbra, chiuse e aprì gli occhi, continuando a camminare tra la gente. Non rispose, udendo i passi di Dietricha alle sue spalle che si facevano più veloci, più incalzanti.

«State cercando di capire se riuscirò a chiamarvi per nome, non è vero? In fondo ci sperate. Una piccola parte di voi prega che io sia davvero Damian.»

«Smettetela» sibilò. Si voltò verso di lei e la fulminò con o sguardo. «Vi ho detto di non dirlo, di non azzardare una cosa del genere fintanto che siete in Città. Fatelo per voi, se davvero ci tenete alla vita.»

«Mi state minacciando?» chiese crucciata.

«No» rispose piano. Scosse perfino la testa e le si avvicinò. Vicino al suo viso, disse: «Vi sto avvisando. Non vorrei che qualcuno pensasse che foste pazza o che Rasputin vi abbia davvero resa una strega». Indugiò sui suoi occhi chiari, poi mosse un passo indietro e si umettò le labbra. «Ci tenete alla vita, vero?»

Dietricha rabbrividì, si strinse nelle spalle e aumentò la presa sull'elsa della spada di Erdmann. Fece vagare lo sguardo tutt'attorno a sé e d'improvviso si accorse di essere osservata. Il respiro corto, annuì in silenzio. Per un attimo pensò di consegnare l'arma ad Adalric, tuttavia non lo fece.

«Bene, era quello che speravo di sentire.»

«Se volete, potete chiamarmi Dietricha» mormorò. «Tutti, a Donaueschingen, mi conoscono con questo nome.»

In quel momento, le speranze di Adalric vennero meno e si sollevarono in una lieve folata che gli solleticò il viso, agitando i capelli castani dalle sfumature ambrate. «D'accordo» disse. Non si presentò, né aggiunse altro, ma distolse lo sguardo e riprese a camminare tra la folla.

«Dove stiamo andando?» chiese.

«Non so dove andrete voi, probabilmente a casa vostra, ma io cercherò un punto di appoggio momentaneo per riflettere sul da farsi.»

Sentendo quelle parole, lei restrinse lo sguardo. «Mi considerate meno di una nullità» sussurrò. «Per voi ho accettato di tornare indietro sui miei passi pur avendone mosso qualcuno, ma nonostante ciò continuate a trattarmi come se fossi un'estranea. Tutto ciò è riprovevole.»

Lui si voltò nella sua direzione. Le palpebre appena abbassate, disse: «Avete una strana concezione di voi stessa e dei passi compiuti per conoscervi davvero. Non dovreste rischiare di mettervi in pericolo, Dietricha».

Provò l'impulso di colpirlo, di schiaffeggiarlo, tuttavia non lo fece e sollevò solo il mento, mostrandosi orgogliosa e fiera. «Vi turba tanto l'ignoto?» chiese, provocandolo appena. «Non poter spiegare ciò che accade, ciò che vi circonda, vi sconvolge al punto da doverlo negare tanto veementemente, Adalric?» Gli vide sgranare gli occhi e solo allora si rese conto di aver pronunciato il suo nome.

«Chi vi ha detto come mi chiamo?» balbettò.

Si portò una mano alla bocca, coprendola, mentre il cuore prendeva a batterle veloce nel petto. Le labbra presero a tremarle e il respiro si condensò nei polmoni. «Nessuno» disse in un sussurro, con le sopracciglia unite sulla sommità del naso. «Siete voi che non mi date ascolto, voi che non mi date credito.» Un brivido le attraversò la schiena e la gola le si annodò stretta, frenando ogni obiezione. Le narici larghe, la ricerca d'aria, le pulsazioni veloci. Rimase in silenzio, di fronte al suo sguardo sconvolto e poi, ancora, alle sue spalle che si facevano lontane e piccole, perse tra la folla. Provò a chiamarlo, ma non riuscì a emettere alcun suono.

 Provò a chiamarlo, ma non riuscì a emettere alcun suono

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Note:

Salve a tutti.

In questo capitolo sono successe poche cose, ma a mio avviso si sono scombussolati un tantino i sentimenti di qualcuno. Non so se tutti voi abbiate o meno indovinato chi è stato Adalric per Damian, ma in caso queste ultime righe dovrebbero avervi chiarito un po' le idee. O forse no, forse chiunque avrebbe reagito così. Forse. No, impossibile, in fondo questo ragazzo ha mandato via uno Spirito Impuro con una formuletta e un pezzo di pergamena!

Che dire, spero che la lettura, seppur breve, vi sia piaciuta. In caso vogliate lasciarmi un segno del vostro passaggio, io ne sarò molto felice. Perciò lasciatemi un commento o una stellina, grazie.

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