Capitolo 6

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Regnare era ciò che desiderava sin dalla più tenera età. Per questo, quand'era solo un bambino, si arrampicava sulla cima degli alberi e guardava tutti dall'alto, sorridendo sornione e indicando l'orizzonte al dì là della Valle di Münster, dove finivano le miniere d'argento e scompariva la Foresta Nera. La voce ferma, tonante, e una risata gioviale, che accoglieva piccoli e grandi dal viso sporco vicino le radici, mentre raccontava le sue storie fantastiche, le gesta che un giorno era certo avrebbe compiuto.

Poi era arrivato lui. Ammantato di nero, come una figura della notte o un cavaliere dell'Apocalisse. Forse lo aveva chiamato, non riusciva a ricordarlo; sapeva solo che si era insinuato a forza nella sua vita, nel suo sogno, e lo aveva reso reale.

E lui era là, affacciato dall'ultimo piano del castello di Donaueschingen, ancora una volta più in alto di tutti, con la corona in testa e un pugno di cielo tra le dita. Le palpebre appena abbassate, i ricordi che gli premevano sulle meningi, le narici strette che lottavano alla ricerca d'aria. Nonostante tutto, continuava a essere nervoso.

«Cosa volevi dire?» sussurrò tra sé e sé, ripensando al giorno in cui aveva lasciato che la lama del boia calasse sul collo dell'erede al trono.

Le sue parole sospese gli rimbombarono nella testa, nelle orecchie, e attraversarono il tempo solo per tormentarlo: "Qualunque cosa succeda, io sarò sempre...".

Chiuse gli occhi, si lasciò carezzare dal vento e inspirò a fondo. I palmi posati sul margine della finestra e le spalle appena curve in avanti. Poi sentì dei passi alle sue spalle, fece scivolare le dita verso il basso e si ancorò bene alla balaustra, mentre la voce di Rasputin pronunciava lieve:

«Maestà, mi sono permesso di cercarvi personalmente».

Annuì, si lasciò andare a un sospiro e tornò ritto sulla sua statura. «Ditemi pure.»

«So che mi stavate cercando» mormorò.

Sul suo viso comparve un leggero sorriso. «È vero» disse, trattenendo a stento una risata. «Mi chiedo solo come facciate a saperlo ogni volta.»

«È il mio lavoro, sono qui per servirvi e aiutarvi a realizzare ogni vostro desiderio.»

«Preferirei invitarvi qui in modo più convenzionale, se non vi dispiace. Non vorrei che il popolo iniziasse a farsi delle domande, che si chiedesse come facciate a conoscere i miei voleri senza neppure un messo. Se così fosse, stenterei a trovare una risposta plausibile, una che fosse in grado di calmare il malcontento.»

Lui annuì e lo vide voltarsi placido nella sua direzione. Disse: «Non ho nulla in contrario, se è questo che volete». Fece un piccolo inchino, poi sollevò il capo e riprese a guardarlo dritto negli occhi, proprio come a nessuno era concesso. «Mi sono già state mosse delle accuse molto pesanti e voi avete fatto sfoggio del vostro potere per zittire i contadini, condannandoli alla forca. È giusto che adesso vi mostriate il più magnanimo possibile.»

«Vedo che concordate.» Mosse appena una mano, facendo frusciare il velluto scuro delle maniche. «A ogni modo, ora siete qui e possiamo parlare.»

«Cosa vi turba?» chiese, vedendolo scivolare con passi svelti verso sinistra.

«Il fratello di Damian, l'altro Principe.» Prese posizione sulla sedia accanto allo scrittoio e gli lanciò uno sguardo eloquente. «Ricordatemi perché non è stato giustiziato.»

Rasputin sollevò le labbra in un moto di nervosismo e e le sentì fremere. «Erdmann von Fürstenberg, dite? Era stato arrestato assieme a suo fratello Damian, Maestà, ma è purtroppo evaso prima dell'esecuzione pubblica.»

«Evaso» ripeté piano. «Quindi c'è un fuggitivo libero da più di un mese e voi non lo avete ancora trovato. Voi, il grande Maestro Rasputin, colui che si è presentato a me come l'uomo che sarebbe stato in grado di portarmi la gloria e il Regno, continuate a camminare per la Città come niente fosse e vi presentate qui con l'espressione di qualcuno che non ha nulla da nascondere e nulla da farsi perdonare.» Ridacchiò e scosse la testa. «Non trovate che sia ironico?»

«Erdmann von Fürstenberg non ha più messo piede nel Regno» disse frettolosamente, cercando di tenere a bada la sua ansia e quel terribile tarlo che lo logorava da quando Gabi lo aveva fermato in mezzo alla strada.

«Ne siete certo?» Lo fulminò con un'occhiata color pece e continuò: «Perché, vedete, io non potrei dirlo con esattezza. Il Regno è molto vasto, le case molto piccole, le persone molto infide. Nessuno si fida di me e nessuno si fida di voi».

«Se quell'uomo fosse qui, io lo saprei.»

Lui posò un gomito sullo scrittoio e poi si sorresse il mento. Un suono divertito gli scivolò di bocca. «Mi chiedo perché non avete usato il vostro intuito prima della sua fuga, allora. Devo forse credere che mi state sabotando, Rasputin?»

Sentendo quelle parole, lui batté le palpebre e socchiuse le labbra. «No, non lo farei mai» disse. «Sono legato a voi e a voi soltanto. Lo sapete, Maestà.»

«Allora dimostratelo» scandì.

Gli vide restringere lo sguardo, si sentì puntato da una sorta di astio e non poté fare altro che serrare le mani in due pugni ben chiusi, incassando il colpo. La testa china, udì il suo ennesimo ordine:

«Trovatelo e portatelo qui. Lo voglio morto, Rasputin. Quell'uomo è un pericolo per tutto ciò che abbiamo costruito».

«Sarà fatto, Maestà.»

Le sopracciglia aggrottate e i muscoli tesi, non disse una sola parola. Voltò la testa e gli fece appena un cenno con la mano per permettergli di ritirarsi.

Così, lui retrocesse fino alla porta e poi si lasciò andare a un grugnito basso. Gli occhi ridotti a due fessure, i denti che stridevano tra loro, si trattenne dall'avanzare con passo spedito e mantenne un'andatura composta fintanto che si trovava all'interno delle mura del castello. Poi, nei giardini, accelerò.

La testa rivolta alle parole di Gabi, ripensò ai due uomini che pareva fossero entrati in casa sua e capì subito di aver mentito spudoratamente, perché uno di loro doveva essere il fuggitivo.

«Devo trovarlo» mormorò tra sé e sé. Il naso arricciato, la rabbia che gli gonfiava le vene a un passo dai cancelli.

 Il naso arricciato, la rabbia che gli gonfiava le vene a un passo dai cancelli

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Note:

Salve, ragazzi e ragazze.

Che ve ne pare di questo misterioso invasore dai natali d'argento? Non ho finito di presentarlo, lo so, ma io ho il terribile vizio di spezzettare le cose e detesto ammucchiare le descrizioni in un unico blocco. Spero che non mi odierete per questo.

A ogni modo, la situazione si complica per Erdmann. E anche per Adalric, trovandosi accanto a lui e avendo giurato sulla tomba di Damian di volerlo proteggere.

Cosa pensate che succederà? Dopotutto pare si trovino ancora sulle sponde del Titisee.

Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate un segno del vostro passaggio. Un commento o una stellina sono ben accetti.

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