Capitolo 16

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Era lì che andava ogni qualvolta aveva dei dubbi o il timore prendeva a logorargli l'animo, di fronte alla fossa comune, dove l'odore era pungente e le mosche ronzavano, saltando da una carcassa all'altra per deporre le uova nei bulbi vuoti. Così riusciva quasi a immaginare di potergli stare accanto, di scorgerne le spoglie dietro tutte quelle braccia scomposte; tuttavia non aveva mai osato avventurarsi là sotto. Era sempre rimasto a distanza, aveva guardato dall'alto e, coperto da un velo d'incoscienza, si era ritrovato come in quel momento, con il cuore che gli si stringeva nel petto, sul ciglio del burrone. Le sopracciglia tremule e contratte, unite tra loro in una linea retta, e le labbra tese, i denti che stridevano in un grugnito continuo, le parole ferme a mezz'aria.

Di colpo, ebbe come l'impressione che qualcuno stesse mormorando qualcosa nelle sue orecchie e sentì come un'eco nella testa:

«Spirito di luce, spirito di sapienza, il cui soffio concede e riprende la forma di ogni cosa, Tu per cui la vita degli esseri è ombra mutevole e nebbia svanisce che svanisce, Tu che innalzi le nubi e voli sulle ali dei venti, tu che popoli gli spazi senza fine, Tu che aspiri, ed ogni cosa da Te creata a Te ritorna, moto eterno nell'eterna quiete, sii per sempre benedetto. Noi Ti lodiamo e Ti benediciamo nel regno cangiante della luce creata, delle ombre, dei riflessi, delle immagini; aspiriamo fervidamente al tuo mutevole ed eterno splendore. Lascia che penetri fino a noi la scintilla della tua intelligenza e il calore del tuo amore: allora ciò che è mobile si fermerà, l'ombra diventerà un corpo, lo spirito dell'aria un'anima, il sogno un pensiero. E non saremo più travolti dalla tempesta , ma terremo saldamente per le briglie i cavalli alti del mattino, e dirigeremo il corso dei venti per volare dinanzi a Te. O Spirito di tutti gli Spiriti, eterna anima delle anime, immortale soffio di vita, respiro creatore, bocca che aspiri e respiri l'esistenza di tutti gli esseri nel fluire e rifluire della tua eterna parola, che è il divino oceano del movimento della verità. Amen (1)».

Deglutì a vuoto e rabbrividì. Non riuscì neppure a chiedersi se fosse tutto frutto della propria immaginazione, sicuro che fosse un pensiero articolato in modo troppo magistrale. Così, nemmeno il tempo di dire qualcosa che si accorse di non essere solo. Le labbra schiuse in un muto silenzio, sollevò lo sguardo e lo puntò dritto sopra la spalla, voltando di poco la testa. Ciò che vide, unito al fruscio sinistro dell'erba alta, lo immobilizzò. Una statua di sale, senza voce, si limitò a osservare la figura azzurrognola che aveva dinanzi e sgranò gli occhi.

Questa sorrise. Emise un suono lieve e vellutato, agitando il vento in una folata dolce che parve carezzarle il corpo nudo.

«Cosa siete?» domandò perplesso.

Lei, Silfide, non si presentò, né rispose, ma avanzò e continuò a fluttuare quasi a mezzo metro da terra. I capelli come spuma nel vento, le iridi nivee, cantò con una voce ultraterrena e parlò una lingua sconosciuta.

Adalric mancò un battito e trattenne il respiro, sentendo il suo sussurro trasformarsi in un grido attraverso lo spazio. Serrò subito le palpebre e, con le mani sulle proprie orecchie, pregò di sfuggirle; tuttavia non ci riuscì e, confuso, cadde in ginocchio. La guardò in viso, scoprendo solo il volto di uno spettro sconosciuto, e allora capì di avere di fronte a sé un vero e proprio spirito, una creatura certamente simile a quella che aveva incontrato nella Foresta Nera.

Avrebbe potuto scacciarla anche solo mostrandole il pentacolo di Saturno, così si disse, e si tastò subito la cintura, raggiunse le pergamene, le srotolò tutte. Cercò il frammento strappato, lo sollevò con urgenza. Solo allora, a stento, provò a ripetere la stessa formula in latino che aveva usato contro Gabi. Si umettò le labbra, chiuse gli occhi, ripercorse a ritroso le ore e poi si perse tra i pioppi nella sua mente, mosse appena le labbra, sentì le parole uscire fuori una alla volta. Strozzate, ma decise. «Saturnus, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias spiritus malignos. Auferte spiritus malignos. (2)»

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