Capitolo 12

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La sensazione fredda del pavimento contro la pelle del viso e l'odore marcio, di muffa, che gli riempiva le narici, mentre uno squittio non troppo distante si faceva largo nelle sue orecchie ovattate assieme al fischiettare sinistro di una guardia dell'usurpatore d'argento. Non riusciva a muoversi. I muscoli intorpiditi e le braccia legate dietro la schiena, con le mani fredde, immobili, al di là degli stretti nodi di canapa.

Mugolò. Si voltò su un fianco e schiuse appena le palpebre per cercare di mettere a fuoco la porta che aveva di fronte. E la vide: grezza, tarlata, con un solo, piccolo spiraglio a metà della sua altezza, laddove delle sbarre in ferro battuto avrebbero potuto farlo affacciare nel corridoio delle carceri. Allora deglutì, riconobbe il luogo della sua prigionia e rotolò supino, con lo sguardo rivolto al soffitto fatiscente, mentre i palmi si schiacciavano sotto il suo intero peso. Gemette, digrignò i denti e pensò a Damian, alla ragazza che Rasputin aveva chiamato Cibele nella Foresta Nera. Poi, a frenare il suo rimuginare fu il rumore di alcuni passi. Sempre più vicini, sempre più incalzanti.

Si fermarono sull'uscio, proprio dove tuonò la voce della guardia con un: «Sua Maestà!».

Sgranò gli occhi e impallidì. Si forzò a sedere con la sola energia di un guizzo di reni e, sentendo la testa vorticare, fu presto preda delle vertigini. Per poco non cadde giù in terra come una pera matura. Si afflosciò di lato, ondeggiò, tuttavia rimase relativamente ritto.

Allora la porta venne aperta con un paio di mandate. Dietro di essa, la figura di Rasputin e poi quella dell'usurpatore d'argento.

Erdmann trattenne una risata. «Non avete neppure il coraggio di presentarvi da solo» biascicò, sollevando un angolo delle labbra in un ghigno provocatorio. Li guardò entrambi e arricciò il naso. «Siete sempre insieme a lui, mai da solo. Avete forse paura di abbassare la guardia di fronte a un uomo con le mani legate?»

Sentendosi rivolgere quelle parole, il suo sguardo mutò appena e brillò di una luce nuova, inquietante, prima di spostarsi sulla figura austera di Rasputin. Per un attimo pensò di congedarlo, ma poi cambiò subito idea e tornò a fissare il prigioniero. «Pensavate forse di sfuggire al vostro destino, nascondendovi nella Foresta Nera?» chiese retorico.

Lui non rispose, si limitò a serrare le labbra e le sentì muoversi appena in un moto di rabbia, mentre il cuore prendeva a battergli forte nel petto.

«Sapevate che vi avrei fatto cercare, lo sapevate dal momento in cui avete deciso di scappare e abbandonare vostro padre e vostro fratello a un passo dal patibolo» continuò, accennando un sorriso pregno di derisione. «Eppure lo avete fatto lo stesso, magari vi siete crogiolato nell'illusione che fossi troppo pigro o stolto per ricordarmi di voi mentre mettevo le mani sul Regno.» Emise un debole suono divertito, uno schiocco, e si piegò appena in avanti per mormorare: «Così mi recriminate di avere a servizio un uomo fidato come Rasputin, lo stesso che vi ha trovato e che vi ha riportato qui per finire ciò che era stato iniziato. Ironico, non credete?».

«Condannarmi a morte adesso, vi porterà alla gogna pubblica» ridacchiò in tutta risposta. «Vi siete insediato a Donaueschingen con un colpo di stato, ricordatevelo. Non pensiate che la gente possa dimenticare tanto facilmente il vostro arrivo, l'armata che vi siete portato dietro, la distruzione dei campi e i vigneti in fiamme.» Sollevò le palpebre, cercando di guardarlo bene in viso e, sfidandolo, scandì: «Tagliare la testa a me sarà come scoperchiare il Vaso di Pandora».

Alle sue spalle, Rasputin scattò. Lo afferrò per i capelli e gli piegò la testa all'indietro, permettendo al Re di alitargli a un palmo dal naso.

«Grazie del suggerimento, Principe.»

Intercettò il suo sguardo, così lo lasciò andare e lo sentì grugnire infastidito. In silenzio, tornò ritto sulle sue gambe e continuò a osservarlo dall'alto. Qualche istante dopo, chiese: «Volete ucciderlo nelle prigioni, Maestà?». Lo vide annuire, poi scuotere la testa e agitarsi nella cella con passo svelto.

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