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TUCKER 


Oggi 

Dopo che tutti se ne sono andati, passo un'altra ora da solo in sala pesi. Ci alleniamo insieme quasi ogni mattina, ma oggi ero deconcentrato, troppo preso a cercare di non fissare Ben. So che non sa nulla della mia storia con Carl, ma non mi fido di lui. Finisco l'ultima serie e poi vado a fare la doccia. Sono furioso. Lo sono da mesi, e per me è una novità. Non riesco a scherzare in modo naturale e la mia pazienza per le stronzate è finita. Sono furioso perché è qui. Sono furioso perché non è chi credevo che fosse. Sono furioso perché è bellissima e i miei compagni l'hanno già notata. Sono furioso perché ieri sera è andata via da quel bar da sola quando sa bene che dovrebbe stare attenta. Sono furioso perché mi fa ancora un certo effetto... il mio uccello se ne strafrega che sia una bugiarda manipolatrice. Sono furioso perché frequentiamo gli stessi locali, le stesse feste e probabilmente la vedrò più spesso di quel che pensavo. Ma soprattutto sono furioso perché una parte di me ne è felice. Il secondo giorno di lezione inizia più o meno come il primo. Faccio allenamento con la squadra, la doccia in palestra e poi via alla prima lezione del martedì mattina. Ma a differenza di ieri questa si tiene nell'edificio di Scienze delle comunicazioni, che è nella parte orientale del campus, quindi la più lontana dalla residenza della squadra di lacrosse – che è fuori dal campus – e dai centri sportivi. È dura non arrivare in ritardo, riesco a entrare un attimo prima che il professore mi chiuda la porta in faccia. Mi aspettavo un'altra aula vastissima e sono sorpreso di trovarmi in una stanza quasi angusta, con i banchi disposti in cerchio come se fossimo a una specie di gruppo di sostegno. Il professore poi non sembra molto più vecchio di me, e immagino sia un dottorando. Noto anche che non è molto contento del mio brusco ingresso in aula. «Piacere di averla con noi, signor...?» «Green» mormoro, decidendo che questo tizio non mi piace. È la prima lezione della mattinata, cazzo, e non ero nemmeno in ritardo. Stronzo. Un lieve sussulto dall'altro lato dell'aula attira la mia attenzione e attrae il mio sguardo come un magnete e, ancor prima di vederla, so. Non ha nemmeno parlato. È stato un sussulto – un respiro, cazzo – ma conosco i suoi sospiri come le mie tasche, orgoglioso com'ero di provocarli, e il petto mi esplode in un'agonia violenta nell'istante in cui i miei occhi incontrano i suoi, verde smeraldo. Carl si impone di chiudere la bocca, distogliendo in fretta lo sguardo scioccato come se qualcosa sul suo tablet d'un tratto la affascinasse. Ma non ho bisogno di guardarla negli occhi per percepire la sua ansia, e mi maledico per essere ancora in sintonia con ogni sua emozione. Peggiore della mia consapevolezza di lei è l'impulso di rassicurarla, di dirle che andrà tutto bene. Perché non andrà bene, cazzo. Reprimo l'istinto dovuto a tutti quegli anni in cui ho anteposto le sue emozioni alle mie... il che ha funzionato alla grande per me. Ma gli istinti si possono sopprimere, mentre io mi affido alla logica, ricordando a me stesso che Carl Stanger non significa più nulla per me. Che la Carl Stanger che amavo non è mai esistita. La ragazza che cerco scrupolosamente di non guardare è solo una sconosciuta come le altre. Non permetto che la mia attenzione indugi su di lei, non voglio che pensi che il mio interesse sia nient'altro che fugace sorpresa. Prima di arrivare al college, mi sono ripromesso di lasciarmi tutta questa merda alle spalle. Di lasciarmi Carl alle spalle. Ed ero pronto a voltare pagina. Sono pronto a voltare pagina. Ho persino convinto i ragazzi ad andare in un bar meno popolare ieri sera perché immaginavo che Carl sarebbe andata in quello più frequentato. Faccio il giro del cerchio di banchi a passo lento, nella collaudata interpretazione dello spensierato Tucker Green che ho sempre mostrato al mondo. Anche se l'unica persona per cui recito è quella più abile nel leggermi dentro. Un'occhiata di sottecchi mi conferma che Carl è ancora intensamente concentrata altrove, il che è un sollievo. Ma la mia nonchalance non è rivolta solo a lei. Non voglio attirare l'attenzione su di me... il che è una novità, lo ammetto. Ma preferisco evitare che qualcuno capisca a chi è rivolta la mia animosità, o che si intuisca che c'è qualcosa tra noi. Non voglio che la gente pensi che ci sia una connessione tra noi. Perché non c'è. Quando stavamo ancora insieme, avevamo deciso di frequentare insieme un corso di introduzione alla finanza. Ma dopo che ci siamo lasciati mi è passato di mente e me ne sono ricordato solo quando ho ricevuto l'orario delle lezioni. A quel punto questo corso di marketing era l'unico disponibile nello stesso ambito. Ma chiaramente cambiare corso per sfuggire al proprio ex era anche tra i programmi di Carl, perché adesso siamo tutti e due qui, cazzo. Tiro fuori l'iPad, ridendo in silenzio per l'ironia della sorte. Da quando l'ho vista in quel bar, ho cominciato a preoccuparmi di incontrarla in giro, ma non mi ha mai sfiorato l'eventualità di frequentare un corso con lei. Di doverla vedere due volte a settimana, per l'intero semestre. Grandioso, cazzo. Il professore ragazzino si presenta, insistendo perché lo chiamiamo Zayne. La ragazza seduta vicino a me lo fissa così intensamente che credo che gli occhi possano uscirle dalle orbite, e guardandomi attorno per i banchi mi accorgo che non è l'unica. Do un'altra occhiata a questo tizio, e ammetto che non è malaccio... se si ha un debole per gli aspiranti ricconi in blazer. Comincia a presentare il programma e io cerco di non guardare Carl perché non sopporterei di vedere che ne è affascinata come le altre ragazze, ma non ci riesco. E non riesco nemmeno a trattenere la soddisfazione nel vederla intenta a prendere appunti senza mai alzare lo sguardo. «Quindi, per quanto interessati alla materia, sono certo che vogliate essere informati sul mio criterio di valutazione» dice Zayne con tono quasi scherzoso. Risuona un mormorio d'assenso. Lui ride, anche se non capisco cosa ci sia di buffo. Perché non dovremmo voler sapere come ottenere un buon voto? Alcuni di noi con una borsa di studio per lo sport devono mantenere una certa media. Coglione arrogante. «Okay. È davvero molto semplice. Se fate un buon lavoro, partecipate e imparate davvero qualcosa, non avete nulla di cui preoccuparvi.» Davvero molto chiaro, cazzone. Tutt'intorno solo occhi sgranati, e Zayne aspetta un paio di secondi prima di lasciarsi sfuggire un'altra risatina. «Okay, okay. Immagino di potervi dare qualche altro dettaglio.» Il resto della classe – specie le ragazze – ride insieme a lui. Tutte tranne una. Gli occhi di Carl sono fissi sul tablet, la fronte leggermente corrugata, le dita già pronte a digitare altri appunti mentre attende con impazienza un'informazione utile. Provo una certa soddisfazione nel constatare che non è vittima del sortilegio di questo viscidone. Anche se non dovrebbe fregarmene un cazzo. Infatti non me ne frega niente. Cazzo. Zayne finalmente arriva al punto. «Sono certo che avrete sentito dire che la frequenza non serve a nulla al college. Mi dispiace di essere io a informarvi che non è affatto così.» Qualche ragazza si lascia sfuggire un risolino. Alzo gli occhi al cielo. «Ora, ogni docente è diverso, ma quasi tutti prendiamo le presenze. Alcuni abbasseranno i voti per le assenze non giustificate, e benché non sottoscriva del tutto questo atteggiamento, assegno i voti in base alla partecipazione in aula, ed è difficile eccellere se non si è qui a partecipare.» Altre risatine. Sarà un semestre terribilmente lungo. «Ci saranno alcuni test a sorpresa per verificare che siate al passo con il programma, e naturalmente una prova intermedia. I test, la prova intermedia e la frequenza costituiranno la metà del vostro voto.» Le dita affusolate di Carl volano sul tablet, e io mi chiedo che cazzo sta scrivendo. Non è mica roba astrusa, giusto? Frequenza, test e una prova intermedia. Tutto nella norma, quasi come al liceo. «Al posto di un esame finale, presenterete tutti un progetto, di cui approfondirò i dettagli nelle prossime settimane. Questo progetto determinerà l'altra metà del vostro voto.» Il mio sguardo, come quello dell'intera aula, si fissa su Zayne, che ci rivolge un sorriso sardonico. Si aspettava una reazione, chiaro. «Non fatevi prendere dal panico. Avrete quasi l'intero semestre per lavorarci, ma farete bene a prenderlo sul serio.» Già, come no, cazzone. Continua a blaterare sui suoi obiettivi per la classe, ma sono troppo occupato a cercare di seguire il suo consiglio di non cedere al panico. Sono uno studente piuttosto bravo, ma la posta è alta e la pressione alle stelle. Essere un atleta può attrarre le ragazze o permetterti di imbucarti alle feste più fighe, ma ci sono dei limiti al trattamento speciale, almeno in questo college. Dobbiamo tutti mantenere un coefficiente di rendimento di 2.8 per conservare il posto in squadra, e se scendiamo al di sotto anche solo per un semestre finiamo automaticamente in panchina. Due semestri e siamo fuori dalla squadra. Ma mi basterebbe finire in panchina per vedermi ritirare la borsa di studio, e mia madre non può permettersi una retta da sessantamila dollari in un'università privata. Mi sento uno stupido a rendermene conto soltanto adesso. Non che ignorassi la posta in gioco, ma suppongo di non aver davvero considerato che potesse diventare un problema. Un 2.8 non è un'impresa titanica, e ho pensato che non avrei avuto problemi a ottenere la media che mi serve. Persino adesso non c'è una vera ragione di pensarla altrimenti. Devo solo concludere questo stupido progetto e sarò a posto. Ragione in più per non farmi distrarre da vecchi fantasmi che non hanno la decenza di scomparire. Dico agli altri che li raggiungerò più tardi e lascio la palestra dieci minuti prima per arrivare in tempo. Ammetto che andare alla prima lezione del martedì e trovarci quella bugiarda della mia ex mi ha spiazzato. Ma due giorni dopo le sorprese sono finite e ho riacquistato calma e sicurezza. Non muoio dalla voglia di cominciare un'altra giornata con questa merda, ma è quello che è, e per i prossimi tre mesi non ho altra scelta che accettarlo. Il martedì e il giovedì mattina saranno un supplizio. Controllo l'orologio e vedo che sono in orario, quindi rallento il passo lungo il cortile interno. Non voglio fare tardi, ovvio, ma non voglio nemmeno arrivare un minuto prima del necessario. Il mio scopo è fare presenza, imparare qualcosa e andare di corsa alla lezione successiva. Niente chiacchiere con gli altri studenti e nessun contatto visivo con una in particolare. Perché Carl è il tipo che fa amicizia con chiunque, e l'ultima cosa che voglio è aggiungere altri amici in comune al gruppo praticamente incestuoso che già condividiamo a casa. Cazzeggio davanti all'edificio per un po': non voglio entrare finché non mancheranno un paio di minuti all'inizio della lezione. «Signor Green, si sieda. Stiamo per cominciare» dice Zayne, e così faccio. Non guardo nemmeno in direzione di Carl. Zayne comincia la lezione e io riesco perlopiù a mantenere la concentrazione, prendendo appunti quando necessario. Parla del marketing vecchia scuola – usa davvero questa espressione con il chiaro intento di colpire noi matricole – in contrapposizione alle campagne più recenti. Continua a parlare e parlare, e io continuo a prendere appunti, cerco anche di partecipare un paio di volte. Sono dolorosamente consapevole che parte del mio voto finale dipende da questo: per quanto arrogante e pretenzioso trovi questo tizio, so di dovermi sforzare se voglio crediti per la presenza. Noto che la ragazza con i capelli scuri seduta accanto a Carl mi fissa, e la cosa è davvero sgradevole. La squadra di lacrosse è praticamente venerata in questa università e mi aspettavo di attirare l'attenzione in quanto nuovo arrivato, ma non pensavo che sarebbe capitato così presto. La stagione inizierà solo a inverno inoltrato, e anche se è vero che siamo famosi per le feste che organizziamo, la prima è prevista per il weekend. Becco di nuovo la brunetta a fissarmi, e lei arrossisce e si volta verso Zayne, che sta ancora parlando. Ma sembra che lui la faccia arrossire ancora di più. Vorrei alzare gli occhi al cielo, ma invece li fisso sull'iPad e cerco di mantenere l'interesse per la lezione. Posso partecipare la prossima settimana. «... e il bivio che la maggior parte di queste società deve affrontare è scegliere tra l'intensità o la rapidità del messaggio.» «Qual è la differenza?» chiede qualcuno. «Esatto» dice Zayne. «Qual è la differenza? È meglio raggiungere un pubblico vasto più lentamente o uno piccolo, magari più selezionato, più rapidamente?» E poi sento la sua voce dolce, familiare. «Più selezionato» mormora Carl, e tutti gli occhi si spostano su di lei. «Spiegati meglio» la incoraggia Zayne. «Be', media come la televisione e i cartelloni pubblicitari sono costosi e diffusi, giusto? Si spendono un sacco di soldi, ma si raggiungono persone che non compreranno mai il tuo prodotto. Ma le campagne sui social media possono essere davvero economiche. E si possono raggiungere persone scelte in base ai mi piace e alle condivisioni degli amici, per esempio. È più probabile che acquisti un prodotto comprato da un amico che da un perfetto estraneo, no?» «Ben detto, Carleigh» la loda Zayne, e sorride, e questo mi dà il voltastomaco. Io sono il signor Green, ma lei è Carleigh. Continua a parlare di campagne virali e di come non necessitino nemmeno di un vero prodotto per essere efficaci, ma io non riesco a smettere di pensare a come ha sorriso a Carl. D'un tratto smetto di pensare a lui come a un insegnante e lo vedo come un tizio attraente i cui occhi si posano un po' troppo spesso su una diciottenne sexy da morire. E il fatto che lei sia in gamba e continui a fare quelle che lui definisce acute osservazioni di certo non la rende meno affascinante. Questa volta non mi precipito fuori dall'aula quando Zayne ci congeda. Resto seduto, a osservarlo attentamente: guarda Carl un secondo di troppo mentre lei si avvicina alla porta. Stasera daremo la nostra prima festa e io dovrei dare una mano con i preparativi, ma sono distratto. Continuo a pensare a Zayne che guardava il culo a Carl mentre lei usciva dall'aula. E il non capire se si tratta di gelosia o di un atteggiamento protettivo mi impedisce di pensare ad altro. Resta il fatto che in ogni caso non mi riguarda. Scaccio quel pensiero dalla mente e vado ad assicurarmi che gli alcolici siano arrivati, ignorando la battutaccia di un tizio che propone di aggiungere un piccolo extra per rendere le ragazze più disponibili. Coglione del cazzo. Lo allontano dal punch e decido di tenerlo d'occhio. Qualche ora dopo, la casa brulica di corpi e musica. Non riesco a evitare di chiedermi se Carl avrà il fegato di presentarsi. «Ciao, Tucker.» Una ragazza mi guarda sbattendo le ciglia e sorridendo in modo allusivo. «Ci conosciamo?» le chiedo, e dal mio vago biascicare deduco di essere più ubriaco di quel che credevo. «Ben mi ha detto che sei il nuovo difensore.» Cerco Ben con lo sguardo e lo vedo dall'altro lato della stanza. Solleva la birra a mo' di saluto... come se mi stesse facendo un regalo. Come se avessi bisogno del suo aiuto per trovarmi una ragazza, cazzo. Probabilmente sono l'unico in questa casa che non si è ancora scopato nessuna dall'inizio del semestre, ma le occasioni non mi sono di certo mancate. Ma che cazzo, è passata solo una settimana! Mi costringo a scrutare la ragazza che ho di fronte, ma non mi dice niente. È carina, certo, ma non mi suscita il minimo interesse. E in quel momento vedo Carl. È dall'altro lato della stanza, con la stessa ragazza che era con lei quella sera al bar. La sua compagna di stanza, immagino. Non riesco a credere che abbia avuto la faccia tosta di venire. Perlomeno ha la decenza di sembrare nervosa, e i suoi occhi dardeggiano in giro ansiosamente mentre stringe la birra che ha in mano. «Ehi?» Mi rendo conto che nel frattempo questa ragazza ha continuato a parlare e io non ho afferrato neanche una parola. «Eh?» «La conosci?» Merda. Ha seguito il mio sguardo. «Chi?» faccio il finto tonto. La ragazza – una rossa tinta, con troppo trucco sulla faccia – alza gli occhi al cielo. Agita il proprio bicchiere. «Ti va di offrirmi un'altra birra?» Veramente no. Il mio sguardo torna su Carl, e stavolta mi vede anche lei. Prima mi fissa terrorizzata, e poi con quella che ha tutta l'aria di essere gelosia quando nota la Rossa. Interessante. «Certo» mento, e poi la seguo in cucina. Prima Carl ha la faccia tosta di presentarsi qui, poi crede di avere il diritto di essere gelosa perché parlo con una ragazza? Specie dopo che, l'ultima volta che abbiamo parlato, mi ha ricordato di essere single? Sono io che ho voluto troncare, ma è lei quella che ha mentito fin dal nostro primo bacio. Anzi, da molto prima. Carl mi ha mentito fin da quando eravamo bambini. 


Tutti si danno da fare per preparare un biglietto d'auguri per la Festa del papà. La signora Finch mi ha suggerito di prepararne uno da dare a mia madre, ma non capisco perché. Gliene ho dato uno per la Festa della mamma. Non so perché, ma questa settimana è stata una rottura peggiore del solito. Mio padre non è meno morto solo perché domenica c'è una festa inventata dalle multinazionali per favorire il consumismo. O perlomeno così diceva sempre mio padre. Anche se si è sempre prestato al gioco volentieri, fingendosi elettrizzato da cornici fatte con la pasta e altri bruttissimi progetti d'arte che gli ho regalato quando ero piccolo. Quando era ancora in lui. Non riesco a ricordare cosa gli ho regalato l'anno scorso, e questo mi rattrista molto. Le cose andavano già male. Era già malato e non voleva preparare il barbecue né vedere i parenti né andare al mare. Siamo rimasti a casa. Buffo, ma riesco a ricordare solo quello che non ho scelto. Tutte le cose che ho preso in considerazione prima di decidere altrimenti. Ricordo di aver pensato che non aveva senso prendergli una cravatta, visto che non era in condizione di andare a lavorare, o le bistecche Omaha che gli avevamo preso un anno o due prima, perché non era in vena di fare la grigliata. Ma per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare che diavolo gli ho comprato per la sua ultima Festa del papà che ha passato su questa terra. È allora che noto che nemmeno Carleigh sta preparando un biglietto. I lunghi capelli biondi sono legati in una treccia e le ciglia le creano delle ombre sulle guance, fluttuando di tanto in tanto come ali di farfalla. Sembra triste, così vado a sedermi vicino a lei senza neanche pensarci. Lei alza lo sguardo e sorride. Mi piace il suo sorriso. Mi piace che sorrida anche con gli occhi. È un sorriso sincero. Come lei. Dice sempre quello che pensa e fa quello che vuole, e anche questo mi piace. Per quanto la prenda in giro, incassa sempre e mi risponde a tono. Non si arrabbia mai, non piange... nemmeno quando eravamo piccoli. Non credo che la prenderei in giro, sennò. Non voglio vederla piangere. «Non prepari un biglietto d'auguri?» le chiedo. Carleigh fa spallucce. «Che senso ha? Mio padre non ci sarà.» Suo padre lavora un sacco e a casa non c'è mai. Non mi ricordo nemmeno che faccia ha... sempre che lo abbia conosciuto. Tutti vanno alla postazione dei brillantini, ma Carleigh resta qui con me. «Mi dispiace. Per tuo papà» dice. «Grazie» dico in automatico. «Credevo che stesse migliorando» mormora. «Sai, quando è tornato a casa dall'ospedale e...» «Già. Ci speravamo. Ma poi...» Non finisco la frase. Sa già come finisce. «È proprio uno schifo» dice Carleigh. La fisso per un istante, un po' sorpreso. Tutti dicono sempre cose del tipo: "Almeno è in un posto migliore", oppure: "Adesso è con Dio", e via dicendo. Ma Carleigh non è una che dice sciocchezze. E ha ragione. È proprio uno schifo. «Mi dispiace che tuo padre non ci sia mai» le dico. «Sono sicuro che ci sarebbe, se potesse.» Lei sorride tristemente. «No, invece.» Ma non vuole che la consoli. Lo dice come un dato di fatto. Non lo capisco proprio. Se Carleigh facesse parte della mia famiglia vorrei stare sempre con lei. «Ehi, ti va se domenica ci vediamo?» mi chiede all'improvviso. «Potremmo andare al cinema o da qualche altra parte.» Al cinema. E allora mi ricordo cosa avevo regalato a mio padre per la sua ultima Festa del papà. Un cofanetto con tutti i film di Rocky, i suoi preferiti. Voglio ringraziare Carleigh per avermi aiutato a ricordare, perché adesso mi sembra la cosa più importante che abbia mai fatto in vita mia, ma invece le dico che sì, voglio andare al cinema con lei, e d'un tratto questa settimana non sembra più tanto schifosa 

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora