25

139 1 0
                                    

TUCKER 


Oggi

 Mi fermo fuori dalla porta della stanza di Billy, continuando a sgranocchiare il biscotto che mi hanno dato dopo la donazione. È la voce altezzosa di Nicole Stanger che mi blocca e mi fa quasi venire voglia di tornare sui miei passi. «Lascia perdere, mamma. Non mi va di parlare di Tucker.» Sussulto sentendo il mio nome. Probabilmente dovrei andarmene. Carl non ha più bisogno di me adesso che c'è sua madre, ma non voglio abbandonarla in caso non sia così. Nicole sospira, un sospiro lungo e drammatico. «Ti colpevolizzi ancora?» «Lascia perdere, ti ho detto.» Carl sembra già esasperata. Probabilmente perché parlano di me, e per lei sono un tasto dolente. Un altro sospiro di Nicole. «Non sono insensibile, sai. So che è dura dimenticare il tuo primo ragazzo. Perché è questo che è, Carleigh. Il tuo primo ragazzo. Il primo di molti, probabilmente. So che quando si è adolescenti ogni emozione è amplificata, ma questa faccenda dell'anima gemella... non è reale. Se lo fosse, lui sarebbe ancora qui.» Io sono ancora qui!, vorrei urlare. «Metaforicamente parlando» si corregge. Ma anche in questo senso ha torto marcio, e mi trattengo dal fare irruzione nella stanza per dirle il fatto suo. Però le sue parole rispecchiano i sentimenti che Carl ha espresso a casa di Cap, quando mi ha detto che se l'avessi amata davvero non avrei rinunciato a lei per niente al mondo. Cavoli, sono state le mie parole che le hanno messo quell'idea in testa. Ed erano vere. Perché io non ho rinunciato a lei. Ci ho provato, con tutte le mie forze, ma per quanto mi abbia fatto soffrire... non riesco a smettere di amarla.È questo che ero venuto a dirle stamattina quando sono entrato nella sua stanza a casa di Cap. Che è cieca se crede che abbia rinunciato a lei. «Sì» mormora Carl, a voce così bassa che quasi non la sento. «Comincio a capirlo.» È una pugnalata al cuore. Ma comincia a capire cosa, esattamente? Sono le stesse cazzate che ha detto da Cap sul fatto che non l'ho mai amata abbastanza? O è qualcosa che ha capito su se stessa? Sui suoi sentimenti? Cazzo. «Col tempo capirai quanto sia stato ridicolo da parte sua incolpare te di ciò che ha fatto tuo padre» le dice Nicole. «Non è così» la corregge Carl, e io ringrazio dio che almeno sappia questo. Ma la sua voce è così flebile, così sconfitta, che mi spezza il cuore. «Cioè, forse lo avrebbe fatto comunque. Inconsciamente. Ma mi ha lasciato perché sono una bugiarda.» Si lascia sfuggire una risata amara. «Lui mi raccontava tutto. Cose che non ha mai detto a nessuno. E io non gli ho mai detto una parola.» Stringo i pugni. Non voglio sentire queste stronzate. Non voglio che mi si ricordi quanto mi ha fatto soffrire. «Cos'avresti potuto dire?» la schernisce Nicole. «Non sapevi che ci fosse un legame con i Green.» Un momento, cosa? «Lo sapevo. Ma anche prima che me lo dicesse... si è confidato con me su ogni cosa, e io volevo dirgli la verità, ma tu ci hai inculcato a tal punto l'idea che non potevamo. Che tutti ci avrebbero giudicati. Le stesse cose che hai detto a Billy. E io ho continuato a ripetere le stesse bugie per così tanto tempo... che papà era via per lavoro, o in vacanza... Quando ho finalmente capito di volermi confidare con Tuck...» Un'altra risata amara. «Non volevo che pensasse che ero un bugiarda.» Mi conficco le unghie nei palmi solo per tenere a bada l'agitazione. È un incubo stare qui, senza poter ribattere. Perché sì, è una sofferenza sapere che mi ha mentito per anni, ma è stato sentirla ammettere che sapeva del legame tra suo padre e il mio che trovavo imperdonabile. Almeno finora. «Quindi, è colpa mia?» dice Nicole con indignazione. «No. È soltanto colpa mia. Avevo paura che se gli avessi raccontato la verità, e se avesse capito che gli avevo mentito sin dall'inizio... temevo che mi avrebbe lasciata.» «Non puoi biasimarti per questo. Gli uomini non sono stati esattamente una presenza stabile nella tua vita» dice Nicole, ma Carl continua come se non avesse sentito una parola. «È stato solo a Miami che mi ha detto ciò che provava e ci siamo messi insieme ufficialmente. E io mi sono detta che ero finalmente pronta a dirgli tutto. Ma me lo ha raccontato lui prima che ne avessi la possibilità. Che suo padre era un cliente di papà.» Il mio cuore si ferma. Io gliel'ho detto? No. Lo ha sempre saputo. È quello che ha detto lei. Che lo sapeva. Quello era la chiave di tutto. «Cioè, lui non sapeva che stava parlando di papà. Lo ha chiamato Stanley, ha cominciato a dire che meritava di peggio che la prigione. E che anche la sua famiglia meritava di soffrire quanto avevano sofferto lui e sua madre.» Carl trattiene un lieve singhiozzo, e io vorrei disperatamente vedere il suo viso per sapere con certezza che quello che sta dicendo è vero. Ma non posso. Perché mi scoprirebbero a origliare. «E come fa a essere colpa tua?» Il respiro profondo di Carl è udibile anche nel corridoio. «Avrei dovuto dirglielo» dice con voce risoluta. «Nell'istante in cui ho capito cosa stava dicendo. Nell'istante in cui ha detto Stanley. Avrei dovuto dirglielo. Avrei potuto dirglielo un centinaio di volte in seguito. E ci ho provato. Sul serio. Ma ogni volta che aprivo la bocca rivedevo l'odio nei suoi occhi, sentivo quelle parole astiose. Non credevo di riuscire a sopportare che guardasse in quel modo anche me.» Nicole borbotta qualcosa che non riesco a sentire. «E invece ho scoperto di riuscirci. Visto che ha finito per odiarmi comunque.» «Pensavo che adesso foste amici.» «Credo di sì.» Carl sbuffa e poi parte con uno sproloquio sul fatto che Billy dovrebbe poter parlare della propria vita e della propria famiglia con chiunque voglia, che Nicole dovrebbe essere più presente, ma io smetto di ascoltare. O non riesco più ad ascoltare. Perché è tutto attutito dal rumore del sangue che mi ronza nelle orecchie mentre cerco di dare un senso a quello che ho appena sentito. Prima di Miami Carl non sapeva nulla? No. È impossibile. Gliel'ho chiesto, cazzo. Le ho chiesto se lo sapeva e non dimenticherò mai il suono di quelle due parole che mi hanno strappato il cuore dal petto. Lo sapevo. Ma... quando lo ha saputo? E ha importanza? Lo ha detto lei stessa... avrebbe dovuto dirmelo quella mattina a Miami. Ha avuto un migliaio di occasioni per dirmelo dopo. Non avrei dovuto scoprirlo in quel modo. Ma mentre ricordo la nostra conversazione di quella mattina di primavera, le parole cariche d'odio che non sapevo fossero rivolte a suo padre – a lei – non sono nemmeno sicuro di poterla biasimare. Non sono sicuro che avrei fatto le cose diversamente se fossi stato nei suoi panni. Cazzo. Devo muovermi. Devo dare un senso a quello che ho appena sentito. Perché tutta la mia vita è stata distrutta da quelle parole, e se non sono vere... allora forse l'ho lasciata senza motivo. Supero le porte automatiche, ho un disperato bisogno d'aria. Penso alla mattina in cui ho scoperto la verità. Quando Cap è venuto da me, mi è bastato vedere la sua faccia per capire che il mio mondo stava per incrinarsi. Non voleva dirmi cos'aveva scoperto suo padre. Ma soprattutto non voleva essere testimone della mia reazione, e ho dovuto praticamente aggredirlo. Abitavo a meno di dieci minuti da Carl, ma il tragitto mi è sembrato durare un'eternità. Per tutto il tempo ho continuato a ripetermi che non lo sapeva. Non poteva saperlo. Ma le è bastato uno sguardo alla mia espressione per capire perché ero lì, e a me uno sguardo alla sua per comprendere che la mia era soltanto una patetica fantasia. E in quell'istante è finito tutto. Non avevo mai creduto nelle relazioni in generale, ma avevo fede nella mia ragazza, e lei l'ha cancellata con quelle due parole. Lo sapevo. Ma lei non lo sapeva, cazzo. Non finché non ho deciso di scaricarle addosso i panni sporchi della mia famiglia a Miami, e inavvertitamente le ho detto che era stato suo padre a rovinare il mio, senza neanche rendermene conto. Mi appoggio alla facciata dell'edificio, cercando di dare un senso a ciò che ho fatto. Ma la mia mente è ancora persa in quella mattina... l'espressione sbalordita di Carl mentre la guardavo piangere, lacrime rivelatrici del suo senso di colpa. Ero sicuro che lo avesse sempre saputo. Che lo avesse tenuto segreto per manipolarmi, ansiosa di mantenere l'immagine di ricchezza e successo che lei e sua madre avevano scrupolosamente dipinto per tutti questi anni, in cui l'unico crimine di suo padre era trascurare la figlia per creare più ricchezza e successo. Credevo che avesse fatto tutto di proposito. Che si fosse approfittata del mio affetto per lei, interpretando abilmente il ruolo della povera ragazza ricca per catturare la mia simpatia. Che mi avesse raggirato per spingermi ad amarla. Ma anche mentre cerco di razionalizzare il mio processo di pensiero quel giorno – e di molti altri a seguire – so di essermi disastrosamente sbagliato. Quel che è peggio è che avrei dovuto capirlo fin dall'inizio. In preda a rimorso e frustrazione, mi volto verso il muro, in cerca della calma di cui ho bisogno per tornare di sopra. Invece sbatto il palmo contro il cemento implacabile. Come ha potuto Carl starsene lì e lasciarsi insultare? Perché non si è difesa? Ma so già perché. Carl ha pensato che avessi ragione. Che meritasse la mia collera e il mio disprezzo. Così quella mattina, quando le ho chiesto se lo sapeva, non aveva idea che intendessi fin dall'inizio. Per lei era comunque un tradimento imperdonabile. E io ho peggiorato le cose dandole della bugiarda e – cazzo – della puttana. Eppure lei ha passato mesi accettando il mio disprezzo come se lo meritasse davvero. Penso alle cose orribili che le ho detto, a come l'ho trattata, e non riesco a respirare. Le ho detto che era un'estranea. Che non c'era nessun noi... che non era mai esistito. Non so cosa fare. Carl è lassù, convinta che non l'abbia mai amata. E ho capito solo poche ore fa che invece non ho mai smesso... che non potrei mai smettere di amarla. E adesso – adesso che ho scoperto che non ho mai avuto un motivo per cercare di smettere? Che cazzo faccio? Vado su a implorare il suo perdono? So cosa dovrei fare. Cosa farebbe un uomo migliore. Accetterebbe il proprio fallimento e rinuncerebbe a lei. Ma so già di non esserne capace. Sono troppo egoista. Il mio telefono vibra per l'arrivo di un messaggio. 

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora