TUCKER
Oggi
Non ci vedo dalla rabbia. L'unica cosa che mi trattiene dal prendere a pugni Ben è Carl. Ha bisogno di me. «Cos'ha bevuto?» domando. Ben scuote la testa, la preoccupazione scolpita sul viso. «A cena ha bevuto qualche shot di tequila e una birra» mormora con cautela, pensieroso. Cazzo. Non li regge i superalcolici. La guardo, i lineamenti delicati arrossati e la pelle sudaticcia. Il suo respiro è troppo lento, il ritmo sconnesso... qualcosa non quadra. Conosco Carl, se beve troppo le gira la testa e farfuglia, al massimo si addormenta, ma non si riduce in questo stato. I suoi occhi – quando riesce a tenerli aperti – sono offuscati e privi di concentrazione. «Carl.» Cerco di attirare la sua attenzione. «Ti senti bene? Quanto hai bevuto?» Non mi fido di quello stronzo di Ben. Carl mugola e sbatte le palpebre. Il mio sguardo torna su Ben. «Che cazzo sta succedendo, Aronin?» E poi il pensiero mi attraversa il cervello. Trattengo il respiro per impedire l'arrivo di Hulk. «Le hai dato qualcosa?» Ben spalanca gli occhi, sconvolto dall'accusa. «Certo che no! Ma vaffanculo, Green!» «Perché cazzo dovresti portarla nella tua stanza? Perché è ridotta così?» Il cuore mi batte all'impazzata. Ho paura. Carl è stordita... e se stesse male? La paura si mescola alla rabbia e le concentro entrambe su Ben, le cui sopracciglia si incontrano per la preoccupazione mentre muove nervosamente i piedi. So che nasconde qualcosa, e mi rendo conto che non ha ancora risposto alla domanda. Quindi la ripeto. «Perché. È. Ridotta. Così?» Lui si morde il labbro. «Aveva mal di testa. Le ho detto che le avrei dato qualcosa. Ha fatto subito effetto, ma... credo che ne abbia preso troppo.» «Troppo di cosa? Tylenol?» Ben scuote la testa, la vergogna palpabile dalla sua riluttanza a rispondere. «Percocet.» Perdo la testa. «Brutto figlio di puttana!» Carl sussulta al mio grido e la stringo al petto sussurrandole parole di scuse prima di posare di nuovo lo sguardo adirato su Ben. «Le hai dato un oppiaceo? E dopo che aveva bevuto? Ma che cazzo ti è venuto in mente?!» Ben distoglie lo sguardo. Non ci posso credere, il Percocet. Me lo hanno prescritto l'anno scorso per una brutta distorsione al polso. Sono bombe, cazzo. Non si possono prendere per un mal di testa. «Quante?» Ben si acciglia imbarazzato. «Due» risponde. «Dieci mg. Ciascuna.» Cazzo. Una pillola da cinque mg è la dose prescritta per una terapia canalare. Ma quattro volte tanto? E Carl è minuta. Cazzo. Non è una dose in grado di metterla in serio pericolo, ma è sufficiente per stordirla di brutto. E insieme all'alcol? Praticamente è in orbita. «Qual era il tuo scopo? Farle perdere i sensi e scopartela? Impasticcarla e trascinarla nella tua stanza?» Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! Ben apre la bocca per difendersi, ma non mi interessa. Devo occuparmi di Carl. «Avanti, principessa, ti metto a letto. Andrà tutto bene» le prometto. Inchiodo Ben con lo sguardo. «Se in questo momento non dovessi pensare a lei, saresti morto, Aronin. Lo sai questo?» «È stato un errore, amico. Aveva mal di testa. Pensavo le avrebbe fatto bene. Ne ho dato una a Courtney per l'emicrania la scorsa settimana e ha funzionato. E anche lei si sentiva meglio.» Indica Carl con un cenno del capo. «Ma poi ha cominciato a comportarsi in modo strano e ho iniziato a preoccuparmi. Stavo per metterla a letto e tenerla d'occhio. Tutto qui.» Sembra sincero, ma non me ne frega un cazzo. Ha messo Carl in pericolo. E potrebbe benissimo essere un bravo attore. I tipi come lui di solito sono così. Per quello che ne so aveva tutte le intenzioni di aspettare che svenisse per poi scoparsela. Dio, il solo pensiero mi provoca un istinto omicida. Ma cosa cazzo aveva in testa Carl per prendere degli antidolorifici così potenti? E dopo aver bevuto, per giunta. Non è proprio da lei. Sono talmente frustrato dalla sua mancanza di giudizio che potrei ucciderla io stesso. Ma nulla di tutto questo ha importanza adesso. Quel che conta è assicurarsi che Carl stia bene. Ben fa un passo avanti, osservandola con apparente preoccupazione. «E a te comunque cosa importa? Carleigh è mia amica. Magari ho combinato un casino, ma pensavo che a te non importasse di lei... non mi hai detto così, Green? Perché dovrei fidarmi a lasciarla con te? Qualche settimana fa non te ne fregava niente e adesso dovrei permetterti di portarla in camera tua a "occuparti di lei"?» Scuote la testa. «Non penso proprio.» Ma che cazzo ha, si è bevuto il cervello? Sono talmente sbalordito dalla sua faccia tosta che mi ci vuole un secondo per rendermi conto che sta per afferrare Carl per un polso. «Me ne occupo io, Tucker.» La tiro dietro di me. «Col cazzo!» Carl comincia a tremare. «T-tuh...» Merda, non riesce nemmeno a pronunciare il mio nome. «Lèvati dalle palle, Aronin» gli ordino. Ben si pianta davanti a me, ma se crede che gli lascerò portare Carl nella sua stanza sarà meglio che mi uccida. «Carleigh» dice, con voce melliflua nel tentativo di tranquillizzarla. «Non avrei dovuto darti quelle pillole, scusami. Starai meglio, però, voglio solo prendermi cura di te. Vuoi venire con me?» Le tende il palmo aperto, e per un millesimo di secondo ho il terrore che lei accetti. Perché chi cazzo sono ormai per lei? Ma le sue dita tremanti mi afferrano con più decisione, e sento il suo respiro già compromesso farsi più irregolare. «T-tuck.» Chino la testa per guardarla dritto negli occhi. «Carl...» «Ti prego. N-non lasciarmi.» I suoi liquidi occhi di giada mi supplicano come le sue parole. Allontano Ben con una spinta, la mia occhiata è più che eloquente. Carl si regge a malapena sulle gambe, e a metà corridoio decido di prenderla in braccio. Mi stringe le mani attorno al collo, e io le sussurro che starà bene, che ha solo bisogno di dormire. La adagio sul letto e le sfilo le scarpe, scostando il copriletto sotto di lei. I jeans li levo o li lascio? Merda. Non posso mettermi a spogliare la mia ex. «Carl, apri gli occhi» la incoraggio. Lei geme debolmente. «Solo un secondo. Per favore.» Li apre. «Vuoi dormire coi jeans addosso o vuoi che te li levi?» Le sue palpebre si richiudono come trascinate da un peso. «Leva» sussurra. Sospiro. Non so se stia agendo con giudizio, ma ne ha avuto abbastanza per scegliere tra me e Ben – che conosce appena – così spero che sappia quello che fa. Tiro giù la zip e glieli sfilo. Li appoggio sullo schienale della mia sedia e mi siedo sul letto accanto a lei. Tiro fuori il telefono e cerco su Google il farmaco per assicurarmi che le mie ipotesi sul dosaggio fossero accurate, e tiro un sospiro di sollievo. Ha esagerato, ma non c'è bisogno di portarla in ospedale. Devo solo tenerla d'occhio... assicurarmi che il suo respiro non diventi troppo flebile. «T-tuck.» I suoi occhi restano chiusi. Mi sdraio su un fianco per guardarla. Le scosto i capelli dal viso e li sistemo delicatamente dietro l'orecchio. «Sì, Carl?» «Non... non mi sento bene.» Le passo una mano tra i capelli per calmarla, come se fosse una bambina. «Lo so. Ma starai di nuovo bene. Devi solo dormire, domani ti sentirai meglio.» La sua mano scivola lenta e tremante verso di me finché non trova la mia maglietta e la afferra, come se volesse assicurarsi che non possa allontanarmi, ma i suoi occhi restano chiusi. «Ti prego, resta con me» sussurra. Il fatto che pensi che potrei lasciarla sola è come una coltellata al petto. «Non vado da nessuna parte, principessa.» Fa un respiro profondo, per la prima volta da quando l'ho trovata con Ben nel corridoio. «Come ti senti?» le chiedo. Le palpebre le si chiudono, corruga la fronte prima di riaprire gli occhi. «Mi gira la testa» geme. «Ho la nausea.» «Mi dispiace» sussurro. «E mi sento... fatta» aggiunge. «Lo ha fatto di proposito?» Sta chiedendo se Ben si è confuso o ha fatto qualcosa di peggio? Ho i miei sospetti, ma so che è una cosa che è meglio non dirle adesso. «E tu?» ribatto. «Mmm mmm» mormora lei. «A...prina.» «Cosa?» «'Sprina.» «Eh?» Cha cazzo dice? E poi capisco cosa sta cercando di dire. «Aspirina?» La sua testa ricade in avanti in un debole cenno d'assenso. Quindi ha creduto di prendere dell'aspirina. Lo uccido nel sonno quello stronzo. Probabilmente adesso dorme come un sasso, del tutto indifferente alle conseguenze delle sue azioni. Cerco di non pensare alle dita di Carl sullo stomaco, ma non c'è verso. Il suo modo di stringere le dita sui miei addominali fa evaporare il cotone sottile che separa la sua pelle dalla mia, e il solo starle vicino mi provoca un'erezione dolorante. Sarà una lunga notte. Credo che si sia addormentata, ma d'un tratto si mette a parlare sottovoce. «Ti prego, Tuck, non odiarmi. Solo per una notte.» Lo dice in un sussurro, ma è una pugnalata. «Io non ti odio, Carl.» Probabilmente domattina non se la ricorderà nemmeno questa conversazione. Eppure non sono sicuro che dovrei ammettere quello che provo... e cioè che non ho la più pallida idea di cosa provo. «Io certe volte mi odio.» Non credo che volesse dirlo ad alta voce. Non credo nemmeno che se ne sia resa conto. Ma mi fa star male, cazzo. Carl non è quel tipo di ragazza. Non ha mai mostrato un briciolo di insicurezza né disprezzo per se stessa. Non è frivola o presuntuosa. Anzi, è sempre stata piena di fiducia e rispetto per se stessa. E questo in parte è la ragione per cui mi sono innamorato di lei. «Non è vero, Carl. Non dire così.» «Mmm...» Non è d'accordo. Non dice nulla, in realtà, ma dal tono si intuisce. E mi rendo conto di quanto la fine della nostra storia l'abbia cambiata nel profondo. E questo mi distrugge. «Carl, è impossibile odiarti.» Fisso il suo dolce viso a forma di cuore, gli occhi chiusi, ma in un certo senso la sua espressione è più aperta e sincera della sera in cui mi ha detto di amarmi. Le sfioro la guancia con il pollice. «Fidati, principessa» sussurro.
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Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle Pearl
ChickLitQuesto libro è stato scritto nel 2017 da Danielle Pearl. Il primo amore non si scorda mai. Eppure, la bellissima Carleigh Stanger combatte da tempo con se stessa per dimenticare i meravigliosi ricordi vissuti con Tucker Green, il suo ex fidanzato. L...