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CARLEIGH 


Oggi 

È solo quando afferro la maniglia che ammetto perché sono qui. Non sto pensando con il cuore. L'ho seppellito in un posto sicuro, insieme al cervello, che giace inattivo ormai da più di un'ora. Le mie decisioni dipendono da una parte di me che è stata tristemente trascurata dalla notte in cui ho accettato di arrendermi a una sessione di sesso rovente dettato dall'odio – be', solo per quanto riguardava lui – diverse settimane fa. Ma il suo odio si era consumato, e a sentir lui adesso potevamo essere amici. E ieri sera mi è sembrato davvero così. E gli amici possono divertirsi, no? Una volta lo facevamo. Mi aggrappo alla speranza che il suo desiderio per me non sia morto con il suo amore. Che riesca a vedere al di là del risentimento che ancora lo consuma, abbastanza per soccombere all'attrazione che è sempre esistita tra noi. Stringo il pugno, tremante per l'alcol e la tensione. E il desiderio. Apro la porta ed entro nella sua stanza. La richiudo frettolosamente, dimenticando di fare piano, e il tonfo risuona esplosivo nel silenzio della casa addormentata. Ma Tucker non dorme. Il display del suo telefono proietta la sua luce sul bel viso aggrottato e la mascella serrata in una familiare espressione furiosa, prima che sia eclissata dal suo shock per l'improvvisa interruzione. E poi il mio sguardo segue un po' più in basso la sua mano che emerge da sotto le lenzuola, e capisco perché l'espressione mi era tanto familiare. Era lussuria. Mi riecheggia tra le gambe e stringo inconsciamente le cosce. Mi mordo il labbro mentre lui silenzia il telefono, interrompendo i gemiti di chiunque stesse guardando così intensamente. «Carl?» La sua voce roca mi riverbera nelle vene, facendomi ribollire il sangue. «Ciao.» Dio, a quanto pare ho dimenticato come si fa a essere sexy. Tucker si tira indietro per mettersi seduto contro la testata del letto. Il mio sguardo si ferma sulla sua mano, quella che fino a poco fa era posata sulla parte di lui che non riesco a smettere di guardare. Se la passa tra i capelli arruffati. «Quello che ho detto su Cap e Rory...» esordisce. «No, Tuck. Non voglio discutere di questo.» Perché deve parlarne proprio adesso? «Ma...» «Non importa. Ho capito, okay? Avrei dovuto arrivarci.» «Carl...» «No. Basta, Tuck. Ti prego» lo supplico. «Adesso non importa. Nulla ha importanza adesso. Nemmeno il passato. Solo il presente. Se possiamo essere amici, allora facciamolo. Altrimenti...» Lo fisso e deglutisco in preda all'ansia, ignorando la ferita che ha riaperto tanto incautamente. Un conto è perdere ciò cui più tieni al mondo, ma scoprire che non l'hai mai avuto? Che non è mai esistito? È un peso decisamente diverso da sopportare. Ma mi costringo a scacciare quei pensieri. Non servono a nulla, di sicuro non adesso, quando tutto ciò che voglio è sedurlo. Ma mi sto rendendo conto in ritardo che in questa nostra nuova dinamica sconosciuta non ho la minima idea di come agire. Sposto il peso da un piede all'altro, mordicchiandomi nervosamente il labbro inferiore mentre mi chiedo come fargli capire il vero motivo per cui sono qui. Ma non riesco a impedirmi di temere la sua reazione, e non sono sicura di voler correre il rischio dell'umiliazione che potrebbe seguirne. O forse è ben più di questo. Forse non voglio correre il rischio di scoprire che mi sbagliavo... che dopotutto la sua attrazione per me è svanita insieme alla nostra relazione. Abbassa lo sguardo su ciò che tende in modo impressionante le lenzuola. Non è tipo da imbarazzarsi facilmente, e infatti sogghigna. «Scusa per lo spettacolo. Non mi aspettavo compagnia.» «Non smettere per causa mia.» Vorrei sembrare allusiva, ma la mia voce sembra quasi timida. Le narici di Tuck si dilatano, e mi chiedo se lo sto eccitando. Faccio due passi esitanti verso il letto. Tucker striscia verso di me, al suo corpo muscoloso basta un solo movimento per raggiungermi. «Non posso ritenermi responsabile delle mie scelte in questo momento, principessa. Sai che ho bevuto tutta la sera. La mia capacità di giudizio è un tantino distorta. Tu quanto sei ubriaca?» mi chiede con cautela. «Non più di te» ribatto. Mi osserva con circospezione, i pugni serrati sulle lenzuola, come per impedirsi di afferrarmi. Adesso dipende da me. E so quello che voglio. «Mi sento così sola, Tuck. So che non significa nulla. Che siamo solo amici. Ma mi sono stufata del mio vibratore e non mi va di uscire a rimorchiare il primo che passa per una botta e via. Io...» Mi salta addosso. Vengo trascinata sul letto e con un rapido movimento inchiodata sotto di lui sul materasso, le braccia sopra la testa, afferrate per i polsi da una delle sue mani forti. Le mie gambe si schiudono di propria volontà e i suoi fianchi vi si posizionano in mezzo, la camicia da notte che mi si solleva sulla pancia tremante. «Niente sconosciuti» geme lui, e poi la sua bocca si impossessa della mia, le labbra che sfiorano e succhiano, la sua lingua che reclama la mia con una furiosa smania di possesso. Oh, dio, sì. «Niente botte e via.» La sua bocca continua l'assalto del mio collo e giù lungo la gola, e poi di nuovo su finché non mi mordicchia il lobo dell'orecchio, più aggressivo di quanto sia mai stato prima d'ora. E io mi abbandono a tutto questo. Ne ho bisogno. «Okay» mugolo mentre le sua erezione coperta dai boxer mi sfiora come acciaio pulsante, il pizzo inconsistente delle mie mutandine che non fa nulla per mitigare il calore tra noi. «Cazzo, mi fai impazzire, Carl. Un attimo prima sto guardando un porno, immaginandoti legata alla testata del letto, e subito dopo arrivi tu con quest'affare addosso che mi fa quasi esplodere l'uccello all'istante.» Solleva il satin della camicia da notte e lo stringe nel pugno. «E voglio solo strapparlo come se fosse la carta di un regalo.» Adoro le cose che mi dice a letto. «E allora fallo» lo sfido. Si ritrae, gli occhi in cerca di conferma. Annuisco e lui fa un lungo, lento strappo verticale nel satin. Fa scivolare i due lembi lungo le mie spalle e mi aspetto che affondi il viso tra i miei seni, ma non lo fa. Lascia che sia il suo sguardo ad accarezzarmi, a contemplare il mio corpo come un amore perduto da lungo tempo. È una cosa quasi romantica, e io devo soffocare con forza la falsa speranza che so di non potermi concedere. Questo è solo sesso, ricordo a me stessa. Solo sesso. Ma il messaggio arriva forte e chiaro quando il desiderio che leggo negli occhi di Tucker – no, la bramosia – viene accentuato da un basso grugnito di apprezzamento mentre le mie mutandine fanno la stessa fine della camicia da notte, gettate ai piedi del letto. «Non hai idea di quanti porno abbia guardato ultimamente.» Mi aspetto di vederlo sorridere, ma è completamente serio. «E ogni volta, Carl – ogni cazzo di volta – mi ritrovavo a chiudere gli occhi e a immaginare questo.» Le sue dita tracciano lievi la linea della mia clavicola e poi giù tra i seni, girano attorno all'ombelico e poi lentamente ancora più giù finché non indugiano fra le mie cosce. «E solo quando mi arrendo al fatto che sto pensando a te riesco a venire.» Mi bacia ancora, ma è decisamente più lento, addirittura più dolce. Tira indietro la testa, il suo sguardo arde di promesse mentre io aspetto che sia lui a fare la prima mossa. Sono talmente eccitata che non potrei nasconderlo neanche se volessi. La prova è proprio lì sotto le sue dita, che continuano a stuzzicarmi. «Mettiti carponi» mi ordina. «Ho intenzione di scoparti così forte che domani non riuscirai a respirare senza sentirmi ancora dentro di te.» Nessuna traccia di romanticismo. Ottimo. È così che deve essere. Non siamo più quelli di una volta. Obbedisco immediatamente, bramosa del piacere di cui ho bisogno, e lui fa un respiro profondo carico di soddisfazione. Gli piaccio così. Eccitata e obbediente. Gli piace perché sono così diversa da come sono fuori dal letto. Si china su di me, una mano che mi afferra per i capelli e mi tira la testa indietro affinché le sue labbra possano venerare la mia gola. Chiudo gli occhi per godermi la sensazione della sua calda bocca bagnata su di me. È un maestro in questo. Le sue mani continuano a reclamare ciò che è sempre stato suo, e un lieve gemito mi sfugge dalle labbra. La sua mano si chiude con violenza sulla mia bocca e io ansimo, e poi la sua voce è proprio vicino al mio orecchio, mi impone di non far rumore, ricordandomi dove siamo. Ma non sono in una delle camere per gli ospiti dei Caplan. Sono in un universo parallelo, lontana nel tempo e nello spazio, da nessuna parte e ovunque, con una persona con cui non ho diritto di essere, l'unico uomo con cui mi sembra giusto stare. Tucker mi dà un lieve strattone ai capelli. «Puoi fare piano per me, bambina?» Usa le dita per rendere la sua richiesta quasi impossibile, e la mia voce mormora contro la sua mano, che ancora mi copre la bocca. «Non ci siamo, Carl.» Allontana le dita per punizione e io protesto gemendo. Lui ride sommessamente prima di rinnovare le sue cure. Mi mordo il labbro inferiore per dar voce al mio piacere. Di nuovo mi conduce vicino al limite e proprio quando sono a un passo dal culmine rallenta, e io mi faccio sfuggire un breve brontolio, ma a quanto pare non gli importa. È troppo occupato a godersi i suoi giochetti. Un altro brusco mugolio mentre mi avvicino alla beatitudine e un'altra crudele negazione. «Maledizione, Tucker!» Ma esce un borbottio attutito dietro il palmo della sua mano e la mordicchio per accentuare la mia frustrazione, e lui ride di nuovo, ma toglie la mano. «Non muoverti» mi ordina, e comincia a baciarmi lungo la spina dorsale, tracciando ogni vertebra con la lingua. Mi afferra le natiche, per poi schiaffeggiarle entrambe, e io sussulto. Questo mi fa guadagnare un'altra sculacciata. «Ho detto non muoverti» dice, chiaramente divertito, mentre strizza e manipola. «Dio, adoro il tuo sedere. È il sedere più fantastico della storia.» Rido, e lui si china e mordicchia la parte del mio corpo che dice di adorare così tanto. Ma la fitta svanisce mentre lui dirige le sue attenzioni più in basso, e all'improvviso ho la sua testa fra le cosce. Non inizia lentamente, va dritto al punto, leccando e succhiando, senza pietà, e neanche un minuto dopo digrigno i denti per non svegliare tutta la casa. I miei arti si liquefanno e sono ancora mezza in orbita quando mi afferra per i fianchi e scivola lentamente dentro di me. Trattengo il respiro finché non mi ha penetrata completamente, ascoltando il suo lungo gemito strozzato. «Com'è possibile, Carl? Eh? Com'è possibile che ogni volta sia meglio di quel che ricordavo?» Potrei fargli la stessa domanda, se solo riuscissi ad articolare le parole. Tucker comincia a muoversi con lunghi affondi. Mi intrappola con il suo corpo, reclamando il completo possesso di me. «Oh, dio, Tuck» gemo sottovoce. «Esatto. Sono io. Non un perfetto estraneo. Non un tizio da una botta e via.» Punteggia le proprie parole con spinte che diventano quasi punitive, del tutto selvagge. «Nessun altro sa farti godere così. Lo sai, vero? Rispondi!» mi ordina. «Sì. Dio, sì, Tuck. Lo so» grido. Certo che lo so. È per questo che sono qui, dopotutto. Tuck mugola di soddisfazione, poi improvvisamente si ritrae, e vengo gettata sulla schiena. Ma non faccio in tempo a registrare quel movimento che lui è di nuovo dentro di me, e le mie gambe istintivamente gli cingono la vita. E poi supero di nuovo il limite, esplodendo in un arcobaleno di colore e luce, solo lievemente consapevole di portarlo con me mentre attutisce il rumore del mio orgasmo con un bacio. Poi crolla su di me. Braccia e gambe restano avvinghiate a lui. Non sono pronta per lasciarlo andare. Non lo sarò mai. Bandisco quel pensiero. È una verità spaventosa che promette una vita di sofferenza, e accettarla ha delle implicazioni che preferirei negare. Alla fine rotola via da me, e io aspetto le sue indicazioni. Se vuole che me ne vada adesso, lo farò. Gli ho offerto del sesso occasionale e non posso risentirmi con lui se si limita a questo. Ma lui invece mi attira a sé, facendomi aderire perfettamente al suo corpo febbricitante, e io cedo al suo abbraccio. Ma so che non dovrei. Gli amici non si fanno le coccole... almeno non dopo un round di sesso selvaggio. Però la mia parte razionale non ha riguadagnato il controllo, e mi rannicchio tra le sue braccia, timorosa di dire una parola, non volendo spezzare questo incantesimo. Lui non dice nulla per un bel po', e mi chiedo a cosa stia pensando... sempre che stia pensando a qualcosa. Alla fine corro il rischio di voltarmi quel tanto per vedere il suo splendido, pensoso volto che mi osserva. «Principessa?» «Non dovresti chiamarmi così» gli ricordo con una certa riluttanza. «Lo so» sospira. «Ma ti chiamo così fin da quando eravamo bambini. È un riflesso involontario. Mi sembra sbagliato chiamarti in un altro modo.» Mi pizzicano gli occhi e sento un peso crescente al petto per la disperazione di ciò che siamo diventati. «Ci sono tante cose che sembrano sbagliate, Tuck.» Odio la nostalgia che sento nella mia voce. Sembro sul punto di piangere. «Carl...» «Lo so. Scusa. Dovrei andare.» Cerco di tirarmi su, ma le sue braccia mi si stringono attorno per protesta. Dice soltanto: «Resta». «Tuck...» Dovrei discutere, ma non c'è una sola cellula nel mio corpo che voglia farlo. «Solo per stanotte.» La sua voce è quasi implorante. «Solo questa volta. Diremo che è colpa dell'alcol.» «Non sono più tanto ubriaca.» «Io non lo ero nemmeno prima, principessa.» Poi mi attira a sé e io mi arrendo a questa tortura dolce-amara. Chiudo gli occhi, ma non mi addormento. Non ci provo nemmeno. E va bene, okay, cerco disperatamente di restare sveglia. Per assaporare ogni secondo tra le sue braccia, dolorosamente consapevole che potrebbe essere l'ultima volta. Se un anno fa mi avessero detto che sarei diventata questa creatura patetica e affamata d'amore, avrei riso come la femminista presuntuosa e indipendente che credevo di essere. E forse lo sono ancora, in molti aspetti della mia vita. Ma non adesso. Non qui. Cerco di non ansimare quando le braccia di Tucker si stringono attorno a me. Sollevo il mento per guardarlo dritto negli occhi. Lui mi fissa con le palpebre abbassate, l'espressione stranamente cinica, seria, e io non riesco a interpretarla. Le sue mani cominciano a muoversi, le sue dita mi sfiorano lo zigomo, tracciando le linee della mascella e della gola. «Sei la donna più bella che abbia mai visto» mormora. «Lo credi davvero?» La mia voce è così flebile che non la riconosco come mia. Appartiene a questa patetica, affranta versione di me che conosco a malapena. Tucker ghigna ironicamente. «Be', non l'ho detto per portarti a letto.» Touché. Il suo viso si addolcisce. «Dai, principessa, perché non dovrei dirti la verità?» Ho un sussulto. «Giusto. La menzogna è la mia specialità.» «Non è quello che intendevo dire.» Ma questo non lo rende meno vero. Tucker sospira. «Non parliamone stasera.» Annuisco mitemente. Perché è soprattutto nel mio interesse non parlarne. «Sei bellissima» sussurra. «Specialmente le parti innocenti.» «Parti innocenti?» Un sorriso. «Sì.» Il suo dito scende sul dorso del mio naso. «Come questo nasino.» Prosegue verso il basso, danzando con le dita sul mio labbro superiore. «E questa meravigliosa bocca a cuore.» Mi solleva il mento con il pollice e l'indice. «E i tuoi occhi. Due gemme perfette. Certe volte sembrano smeraldi, altre giada. Ma sempre affascinanti.» Non posso fare a meno di ridere. «Da quando sei diventato un poeta?» Sorride timidamente. «Forse dopotutto sono davvero ubriaco.» Ricambio il sorriso. «O forse sono ingordo di punizioni» mormora, quasi tra sé. Ma le sue parole riecheggiano nel mio petto. «È questo che sono per te? Una punizione?» chiedo esitante, cercando di nascondere quanto mi abbia ferita. «A volte sembra proprio così» ammette lui. Le dita di Tucker procedono nel loro viaggio, sfiorandomi la gola e l'incavo tra i seni. Le sue labbra si curvano in un sorriso sghembo. «E poi ci sono le parti che mi spingono a prendere pessime decisioni.» So che sta cercando di alleggerire l'atmosfera, ma io percepisco solo un'altra stoccata. «Quindi adesso sono pure una pessima decisione» borbotto. Lui non replica. Sappiamo entrambi che è esattamente quello che sono. Ma non è cambiato nulla. Sono sempre la figlia dell'uomo responsabile della morte di suo padre... la ragione per cui non potremo mai avere un futuro insieme. E sono ancora la ragazza che ha giurato di amarlo, per poi mentirgli per mesi anche dopo aver capito quanto profondamente la verità lo avrebbe turbato. Aspetto che faccia la prossima mossa – che la sua mano scenda ancora più in basso o che mi faccia sdraiare sulla schiena – ma non lo fa. La sua mano invece mi si posa sulla nuca e mi spinge il viso contro il suo collo, fermandolo con il proprio mento, le sue dita che affondano nel cuoio capelluto come se fosse disposto a fare qualunque cosa per tenermi qui. Con l'altro braccio mi cinge la vita, e io amo e odio il fervore con cui mi abbraccia. Dice così tanto e così poco allo stesso tempo. Perché so che non può significare quello che credo.

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora