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CARLEIGH 


Oggi

 Nonostante i miei tentativi di eludere il sonno, il solido cuscino caldo costituito dal petto di Tucker si alza e si abbassa con il suo respiro lento, placandomi fino all'incoscienza. Ma è quando bevo che i miei sogni sono più vividi, e stanotte non fa differenza. Sfortunatamente il mio subconscio sceglie di riportarmi indietro a una delle mattine peggiori della mia vita. Torno dalla corsa e mi avvicino a quel colosso di casa nostra, entrando dal cancello di alluminio lavorato con l'intento di sembrare antico ferro battuto. È come il resto della casa, e come tutti coloro che la abitano. Solo apparenza, per ostentare ricchezza e successo. Una fortuna da fare invidia. In realtà è tutto fabbricato con materiale scadente. Non saccheggiato da un castello francese, ma fabbricato in Asia, probabilmente da bambini sfruttati. Poso il piede sullo scalino più alto e piego il ginocchio per fare un po' di stretching. Ho scelto un percorso più lungo del solito e mi bruciano un po' i tendini. Di solito quando mi sforzo così è per via della frustrazione o dell'angoscia. Ma oggi no. Stamattina, quando mi sono svegliata e ho indossato l'abbigliamento sportivo, l'ho fatto con il sorriso perpetuo che ha lasciato a malapena il mio volto da settimane. Quello che ha lasciato le mie guance indolenzite, come altre parti del mio corpo... tutti piacevoli effetti collaterali di Tucker Green. Non sapevo di poter essere così felice. Io, Carl Stanger, con problemi d'abbandono e tutto il resto, sono innamorata, felice ed eccitata per il futuro. Be', il futuro prossimo, comunque. Perché sotto la superficie, la maligna verità su chi sia mio padre e sul suo legame con la famiglia di Tucker ticchetta come una bomba a orologeria, una minaccia costante di devastante rovina. Ho cercato di dirglielo tantissime volte. A un certo punto mi sono persino convinta che l'avrebbe superata. Ma ogni volta che aprivo la bocca la mia mente rievocava il ricordo della sua espressione derisoria, delle sue parole astiose con cui augurava a mio padre ben di peggio che la prigione, e uguale sofferenza alla sua famiglia... a me. E ogni giorno che lascio passare, divento sempre più una bugiarda, che pianta un altro chiodo nella bara che un giorno metterà fine alla nostra storia. Ma se devo scegliere tra perderlo adesso o in seguito, quando mio padre verrà rilasciato e la verità inevitabilmente verrà fuori, ho preso la decisione egoistica di tenermelo stretto il più a lungo possibile. Di accogliere ciò che abbiamo finché lo avremo, vivere il presente... perché vivere nel terrore costante di essere scoperta distruggerebbe il tempo che abbiamo a disposizione. Vengo colta alla sprovvista dal ruggito di un motore, pneumatici che stridono troppo velocemente, e mi giro a vedere chi è tanto impaziente. Spunta il pick-up di Tucker, e il mio cuore, che aveva appena cominciato a placarsi dopo la corsa, riprende a battere alla velocità della luce mentre lui scende dal veicolo. Il mio sguardo percorre le sue cosce fasciate dal denim, i fianchi stretti, e indugia su come il cotone della maglietta aderisce al torace e alle spalle ampie. È sempre stato un bel ragazzo, ma vederlo trasformarsi in quest'uomo splendido – l'incarnazione di bellezza e forza mascoline – è stato un vero privilegio. E lui è tutto mio. Mi immobilizzo quando vedo la sua espressione. È decisamente sconosciuta e mi coglie alla sprovvista. È totalmente imperscrutabile, seria e solenne, e mi è completamente aliena. Tucker è sempre stato trasparente. Gioia, rabbia, ilarità, frustrazione, desiderio... ciò che prova gli si è sempre letto in faccia. Ma in questo momento il suo viso sembra scolpito nella pietra – duro e indecifrabile – e la paura mi afferra nelle viscere. Tucker osserva la casa alle mie spalle, una casa che ha visto centinaia di volte, ma questa volta le sue labbra trasmettono sdegno. La verità mi colpisce come un fulmine, cancellando il mio fragile diniego. Lo sa. Ho mentito a Tucker per anni, pur sapendo che i miei segreti lo avrebbero sconvolto in modo monumentale, e qualunque speranza avessi di essere perdonata viene spazzata via dalla sua espressione. Quando alla fine parla, la sua voce è bassa e calma. «Dimmi, Carl, dov'è tuo padre?» Apro la bocca tre volte prima di riuscire a pronunciare qualche parola. «Lo sai dov'è.» Tucker annuisce. «Come hai fatto a scoprirlo?» chiedo tremante, anche se adesso non sono sicura che abbia importanza. Tucker si lascia sfuggire una risata sarcastica. «Ero preoccupato per te.» Scuote la testa, quasi rimproverandosi. «Avevo chiesto al padre di Cap di fare qualche indagine su tuo padre... quindi, se sai dov'è, presumo anche che tu ne conosca il motivo, no?» Lo fisso, in attesa di svegliarmi da questo incubo, ma so che non c'è scampo. Che non lo riavrò indietro alla fine di questa conversazione. Tucker prende il mio silenzio per l'assenso che è. «Quindi ogni volta che hai detto che tuo padre era via per lavoro mi hai mentito?» Non ho scuse. Me ne sto lì, in un silenzio assordante. «Ogni volta che mi confidavo con te sulla mia vita, su mio padre, tu mi guardavi negli occhi e mentivi, ancora e ancora?» Non dico nulla. «Sapevi esattamente chi era tuo padre, ma hai continuato a mentire, persino a Miami, quando...» Si passa una mano tra i capelli, scuotendo la testa con fare accusatorio, nei confronti di entrambi. Gli sfugge un'altra risata amara. «Quando ho confidato i miei segreti più oscuri alla ragazza che pensavo di amare, cazzo.» Le parole riecheggiano in modo crudele nella mia mente: la ragazza che pensavo di amare... «E tu non hai mai detto una parola. Ogni volta che dicevi di amarmi...» «Ma io ti amo, Tuck!» grido. Sarò anche colpevole come dice, ma non gli ho mai mentito su questo. Tucker ha conquistato il mio cuore sin da quando eravamo bambini. Sarà sempre suo, anche se non lo vuole più. «Eri l'unica persona con cui parlavo di lui!» sbotta. Eri. «Lo so» mormoro. «E non hai mai pensato di dire la verità?» ringhia, ma dietro la sua furia colgo un barlume del dolore che gli ho causato, che non potrò mai ritrattare. «Mi avresti odiato.» Eravamo spacciati, qualunque cosa avessi deciso di fare. E nel profondo credo lo sappia anche lui. «Perché adesso, invece?» urla. Sussulto. «Non sapevo cosa fare» dico con voce implorante. «Tuck, ti amo...» «Lo sapevi, o non lo sapevi.» È una domanda, ma non proprio. Perché lui sa già la risposta. E io so senza ombra di dubbio che quello che dirò non avrà importanza. Nessuna scusa o spiegazione sarà mai sufficiente. Per Tucker si riduce tutto a quella domanda e l'unica risposta che ho è quella che sancirà la nostra fine. Segue una pausa eterna mentre cerco di tornare indietro nel tempo per cambiare i fatti... riscrivere il passato per salvare il nostro futuro. Ma non è possibile. «Lo sapevo.» La mascella di Tucker scricchiola e lui manda giù la rabbia, il pomo d'Adamo che si sposta tra le corde tese del collo. «Abbiamo chiuso» sentenzia. Mi si secca la gola e i polmoni si bloccano. Non riesco a parlare. Ma anche se potessi, non ci sarebbe nulla da dire. Come posso controbattere? Lui merita di meglio e io merito... questo. Devastazione. Tucker gira sui tacchi, torna al suo pick-up e le mie lacrime sono così copiose che quando si volta ho la vista offuscata, ma sfortunatamente non abbastanza per non vedere la sua ira, il suo evidente disgusto. Ma è più di questo. Più del solo disprezzo. Tucker mi guarda come se non mi conoscesse nemmeno. Come se fossi irriconoscibile... un'estranea. Mi perfora il petto, e le sue parole successive penetrano più a fondo nella ferita, svuotandomi finché non resta più nulla di ciò che mi rende la persona che sono... finché non divento un'estranea anche per me stessa. «Tuo padre è rivoltante. Sapeva esattamente cosa stava facendo. Lo sapeva e ha accettato mio padre come cliente. Sapendo che alla fine lo avrebbe rovinato. E mio padre è morto per questo.» Il mio cuore smette di battere. Sento come un peso di piombo allo stomaco. Non è peggio di ciò che mi ha detto a Miami, ma sentirglielo ripetere, riferendosi proprio a mio padre... mi strazia. «Ecco chi è la tua famiglia. Chi sei tu. Stanger... Stanley, come cazzo vi chiamate. Esibite un sorriso convincente per nascondere i vostri sotterfugi, eh? E tu sei la peggiore di tutti, Carleigh, perché hai detto di amarmi.» Ha un cedimento sull'ultima parola, l'unico segno di vulnerabilità nella sua armatura di derisione. «E per tutto il tempo mi hai guardato negli occhi, sapendo cos'aveva fatto tuo padre, e mi hai distratto aprendo le gambe. Pazienza se mio padre era morto per causa tua.» Ogni parola mi pugnala a fondo, scavando un altro pezzo di me. L'uomo che amo mi ha praticamente dato della traditrice e della puttana. Ma è il fatto che mi abbia chiamato Carleigh che mi ferisce più di ogni altra cosa... e lui lo sa bene. Eppure mi merito ogni parola. «Bugiardi, tutti quanti» borbotta prima di tornare al pick-up. Si ferma accanto alla portiera. «Non voglio vederti mai più, Carleigh Stanger. Mi hai capito? Ti odio. Non so nemmeno più chi cazzo sei!» Apre la portiera e finalmente i miei piedi si liberano e faccio un passo in automatico nella sua direzione. E poi un altro. Non posso difendermi, ma il mio corpo è fisicamente incapace di lasciarlo andare via senza cercare di fare qualcosa... qualunque cosa. Ma lui batte il palmo sul tetto del veicolo e il suo avvertimento rimbomba per tutta la via. Mi scuote le ossa, mi paralizza completamente, se si eccettua un irrefrenabile tremore. «Resta dove sei» mi ordina. «Dico sul serio.» E poi sale a bordo, mette in moto e se ne va. Mi trattengo a metà in un sogno, chiedendomi perché mi sembra di essermi svegliata nel passato. Le mie dita corrono automaticamente alla base della gola in cerca del ciondolo d'oro bianco a forma di corona che Tucker mi ha regalato prima del diploma l'anno scorso, per ricordarmi che sarei sempre stata la sua principessa. Ma sempre non è durato, e le mie dita non trovano nulla mentre ricordo di essermelo strappato di dosso e di averlo infilato senza tante cerimonie nel cassetto del bagno qualche minuto dopo che lui mi aveva spezzato il cuore. Il sottile profumo di sapone, dopobarba e sudore tende un agguato ai miei sensi. I miei occhi si aprono in uno svolazzare di ciglia per trovare il sorgere dell'alba che penetra attraverso gli scuri. È ancora piuttosto presto, dubito che ci sia qualcuno in piedi, ma che sia un minuto oppure un'ora, non appena Tucker aprirà gli occhi so già che mi chiederà di andarmene. Ci vogliono un paio di secondi per registrare lo schema del suo respiro, troppo intenso per indicare il sonno, e mi irrigidisco sopra di lui. Deglutisco in preda all'ansia e alzo lo sguardo, riluttante. Mi sta osservando, con sguardo impassibile, ma le sue braccia non si muovono. Le sue dita danzano, leggere come piume, in fondo alla mia schiena, e mi chiedo se sia stato questo a svegliarmi. Mi schiarisco la voce, anche se non ho la minima idea di cosa dire in questo momento. Ma Tucker parla per primo. «Non potrà accadere di nuovo. Lo sai, vero?» Annuisco. Non saremo mai amici se continuiamo a oltrepassare il limite in questo modo. Non parlo solo del sesso. Ma di questo. Dell'intimità. Potrebbe distruggerci. Distruggere me. In un istante, la foschia della lussuria di stanotte comincia a dileguarsi e l'ansia prende il sopravvento. Perché dubito che riuscirei a sopravvivere se mi spezzasse il cuore una seconda volta, ed è esattamente ciò che mi aspetta. Mi sono scavata la fossa da sola e adesso devo cercare di liberarmi prima che sia troppo tardi. «Non dovremmo stare a letto così» gli dico. Il suo sorriso è nostalgico. «Lo so.» Ma non muove un dito per allontanarsi da me. Anzi, fa l'esatto contrario, la sua mano vaga senza fretta lungo la mia spina dorsale. La scosto dal mio corpo e mi metto a sedere, di scatto. «Smettila di fare così» sbotto. «Di toccarti?» Corruga la fronte. «No! Sì. Di toccarmi e dirti d'accordo con me ma continuare lo stesso con questo... questo affetto.» «Mi dispiace» mormora, poco convinto. «No, non è vero.» Si acciglia quando do uno strattone al lenzuolo e me lo avvolgo attorno. «Forse ho sbagliato io» ammetto. «A venire qui stanotte. Forse sono stata stupida a credere di poter fare sesso con te e andarmene come se niente fosse. Ma se volevi solo scopare, perché non lo hai fatto e basta?» Le mie parole trasudano rimpianto. «Non puoi dire certe cose, sui miei occhi, su cosa pensi di me... non puoi guardarmi in un certo modo o chiamarmi principessa. Non è giusto.» «Carl...» «No, Tuck. Sai cosa provo per te. E lo hai detto tu stesso. Quando ami qualcuno, non rinunci a lui per nessun motivo.» Lo fisso con eloquenza. «Nessuno.» Tucker scuote la testa, gli occhi segnati dall'esasperazione. «Carl, ho cercato di parlartene stanotte...» «No, Tuck. Adesso lo so» lo rassicuro. «E forse avrei dovuto capirlo molto tempo fa. Ma tu lo hai capito, vero? O perlomeno lo stai facendo adesso.» «Capire cosa?» Sembra sbalordito. Lo osservo, cercando di determinare se si sta prendendo gioco della mia intelligenza o se sono io che non riesco a spiegarmi. «Forse allora credevi davvero di amarmi.» «Carl...» «O forse mi amavi davvero. Solo, non abbastanza.» Non mi preoccupo nemmeno di trattenere le lacrime. E Tuck rinuncia a ogni tentativo di spiegarsi. Mi guarda, in un silenzio stupefatto, e sospetto che finalmente afferri il peso delle proprie parole. E io comprendo che solo adesso si rende conto davvero delle loro implicazioni. La verità è ovvia e crudele e ormai posso smettere di interrogarmi. Posso smetterla di analizzare le sue parole e cercarvi un significato nascosto. Perché adesso so. Alla fine Tucker sospira, passandosi le dita tra i capelli come fosse in cerca di parole in grado di placarmi. Ma non voglio il suo senso di colpa, e di sicuro non voglio la sua pietà. Distolgo lo sguardo e vedo il suo borsone alla mia destra. Ci infilo la mano dentro e prendo il primo indumento che trovo, per fortuna una maglietta. La infilo con rabbia. Lo guardo di nuovo, sentendomi del tutto sconfitta. «Hai rinunciato a me.» Sappiamo entrambi cosa dice questo del suo amore, ma qui non si tratta di trovare un colpevole... si tratta di accettare la verità. Di voltare pagina. «Quindi lasciami andare» lo supplico, e poi corro fuori dalla porta.

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora