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TUCKER 


Oggi

 Il petto mi esplode in agonia, e per la prima volta da quando è morto mio padre ho il viso striato dalle lacrime. Un bastardo sta per violentare Carl e io non posso fare un cazzo per fermarlo. Billy mi fissa con gli occhi pieni d'orrore, e io non riesco a sostenere il suo sguardo. Non posso dargli conforto. Invece mi rivolgo alla madre di Carl, le cui lacrime saranno anche reali, ma sono troppo poche, troppo tardive, e vorrei solo urlarle contro che è tutta colpa sua. Ma il rapitore ha ragione. In parte è colpa mia. Sapevo che razza di persona è Nicole, eppure le ho permesso di parlare con il marito e di decidere il da farsi senza di me. Sì, è stata irremovibile sul fatto che non fosse compito mio spiegare la situazione al padre di Carl, ma avrei potuto insistere. Avrei dovuto insistere. Ma non potevo immaginare che avrebbe negoziato la somma del riscatto come se Carl fosse un qualche premio a una corsa di cavalli. Temo che avessi ragione, devo aver sopravvalutato i sentimenti che Tucker Green prova per te. È stata una pugnalata al petto, che mi ha spezzato il cuore in due. Ha dubitato di me. Ha dubitato di me perché le ho dato ottime ragioni di farlo, e adesso le faranno del male. Cazzo! Non posso starmene qui ad aspettare. Devo fare qualcosa. Decido di chiamare Cap. Non l'ho fatto prima perché temevo insistesse per coinvolgere la polizia, ma non posso più affrontare tutto questo da solo. Risponde al secondo squillo e io comincio a parlare a vanvera come un matto. Gli racconto cos'è successo da quando ho ricevuto la foto di Carl, legata a un letto, terrorizzata. «Le sta facendo del male. Proprio in questo momento. E io non posso fare un cazzo per fermarlo!» dico soffocando un singhiozzo. Cap è in città, ma mi promette di trovare una scusa con Rory e di raggiungermi il prima possibile. So quanto odi mentire alla sua ragazza, ma Carl è una delle sue migliori amiche ed è meglio che non sappia tutta la verità. Tanto non c'è nulla che possa fare in questo momento. Chiudo la telefonata e cerco di pensare alla prossima mossa. Ma ho la testa completamente vuota. Cazzo, non c'è nulla che possa fare per aiutare la mia ragazza. Che in questo momento viene aggredita.... Torturata, violentata e profanata. Mi cedono le gambe e scivolo a terra, prendendomi la testa fra le mani. Penso a quello che ha detto Cap: devo conoscere il responsabile, lui sa quanto Carl sia importante per me. Ci avevo già pensato. Perché non ha deciso di contattarmi per caso... no, è stata una mossa calcolata. Ma chi diavolo conosco in grado di fare una cosa simile? Il mio primo pensiero è stato Ben, ma non sa niente della famiglia di Carl. E poi l'ho chiamato ieri sera e dal rumore di sottofondo direi che era sincero quando ha detto di essere in un bar con quattro nostri compagni di squadra. Due dei quali hanno confermato quando li ho chiamati per un riscontro. Nessuno ha più sentito Carl da quando abbiamo lasciato gli uffici della S&B, incluso Zayne, che stamattina risponde alla mia seconda mail dicendo che non l'ha vista, ma che mi farà sapere se dovesse avere sue notizie. Penso all'eventualità di chiamare la polizia. Potrebbe mentire sul fatto di avere a disposizione la tecnologia necessaria per scoprirci. Ma non posso rischiare... non quando in gioco c'è la vita di Carl. Ho torchiato Nicole su potenziali sospetti, ma è difficile fare una scrematura sulla lista di nemici di uno come William Stanley. La stronza ha pure fatto presente che anch'io sono sospetto come chiunque altro, e che se non fossi lì con lei sarei il primo della lista. Non abbiamo fatto il minimo progresso, e per quanto mi scervelli non riesco a pensare a nessuno di mia conoscenza che potrebbe fare una cosa del genere. Rapimento. Minacce di morte. Stupro. Il cuore mi si serra dolorosamente nel petto. Come farà Carl a riprendersi da una cosa simile? La mia splendida, tenace ragazza, ridotta a vittima indifesa, alla mercé di uno psicopatico. La segnerà per tutta la vita, sempre che riesca a sopravvivere. Uno squillo acuto riecheggia dalla camera di Carl e io corro a vedere. Trovo Nicole che risponde al cellulare. Mi guarda con circospezione, so che è lui. So che è quel figlio di puttana che ha rovinato mio padre e che ha appena messo a repentaglio la vita della figlia per i soldi. Vado verso di lei e le strappo il telefono di mano. Non cerca nemmeno di fermarmi. Credo di cominciare a farle paura. Bene. «...Nik? Sta bene? Le hai parlato?» «Brutto figlio di puttana» ringhio. «Tucker?» A quanto pare la moglie ha fatto in modo che non servissero presentazioni. «Come hai potuto?» «Hai parlato con Carleigh? Sta bene?» William Stanley non sembra affatto come me l'ero immaginato... il pomposo uomo d'affari milionario che pensa solo ai propri soldi. Sembra disperato, impotente, terrorizzato... e la cosa mi coglie alla sprovvista. «No» rispondo a denti stretti. «Non sta affatto bene, cazzo!» «Cosa...» «Come hai potuto scegliere il denaro invece di tua figlia?» Cerco di concentrarmi sulla rabbia, ma mi si spezza la voce, e allora cerco solo di non mettermi a piangere di nuovo. «Cosa? Ma di che stai parlando?» «Gli hai fatto offrire da tua moglie cinque milioni di dollari? Ti metti a contrattare sulla vita di tua figlia?» «Cosa? No. Non era questo il piano. Doveva trasferire venti milioni.» Eh? Guardo Nicole, che sta tremando per l'ansia e la vergogna, e allora capisco tutto. È lei che ha messo a repentaglio la vita della figlia. «Be', tua moglie ha fatto di testa sua e ha detto al rapitore che gli avrebbe dato solo cinque milioni.» «Merda.» «Il bastardo ha rifiutato l'offerta.» «Oddio. Carleigh.» La sua voce trema per l'orrore. «Era preoccupato che non lo prendessimo sul serio. Ha deciso di rifarsi su Carl per chiarire il concetto.» Silenzio. Nemmeno un respiro. «Mi hai sentito?» Un singhiozzo riecheggia attraverso la linea. «Di' a Nicole che la uccido! Ho chiuso.» «Dalle le istruzioni per il trasferimento e dille di versare l'intera somma» gli ordino. «Ha già accesso a tutto quanto! A tutti i conti! È così da anni.» Mi volto verso Nicole. Se uno sguardo potesse essere usato come arma, adesso sarebbe crivellata di colpi. «Ha sempre avuto accesso al denaro...» Figlia di puttana. Aveva il potere per mettere fine a tutta questa storia. Pagare il riscatto e chiuderla lì. Ma ha agito come se non potesse fare nulla senza il marito... come se fosse l'unico ad avere accesso ai soldi. «Maledizione, Tucker, devi riportare a casa la mia bambina!» «È quello che sto cercando di fare!» ruggisco. Ma sono confuso. Perché a suo tempo i giornali dissero che aveva rifiutato di restituire i soldi contro la volontà di chiunque gli stesse intorno. Che aveva scelto di scontare una pena maggiore per tenersi più soldi possibile. Ma se ama tanto la sua bambina, perché non ha accettato di patteggiare? «Perché non li hai restituiti? I soldi, dico. Saresti già fuori di prigione a quest'ora. Non vuoi stare con la tua famiglia?» «Ma certo... più di qualunque cosa.» Sembra sincero. «Aveva bisogno di te» gli dico. «Anche Billy. Avevano bisogno di te. Non solo adesso che c'è uno psicopatico che minaccia di ucciderla. Aveva bisogno di un padre.» «Aveva Nicole. Lei aveva i mezzi...» «Nicole Stanger non è un genitore, cazzo.» Segue una pausa. «Lo so» dice poi, sconfitto. «Speravo di poter contare su di lei. Ha bisogno di certe cose per essere felice. Non è stato sempre così, o almeno io non me ne ero reso conto. Ma quando le ho detto che volevo restituire tutto per ridurre la pena, non riusciva a sopportarlo. Voleva prendere i bambini e trasferirsi dall'altra parte del paese per stare vicina alla sorella. Non mi era concesso di lasciare lo Stato. Non mi ha dato scelta. Ha promesso di portarli spesso in visita, ma se avessi restituito i fondi...» Sospira. «Li avrei perduti comunque, ma loro avrebbero perso tutto il resto. La casa, tutto.» «Volevi restituire i soldi?» «All'inizio sì. Ma Nik è stata irremovibile: la cosa giusta per la mia famiglia era provvedere a loro scontando una pena maggiore. Mi ha promesso di fare del suo meglio per i bambini... mi ha detto che avrebbe fatto in modo di fare per due. E io ho voluto crederle. Sai, Tucker, sei ancora giovane. Un giorno capirai. Quando ami una donna, non c'è nulla che non faresti per renderla felice. Anche quando quella donna minaccia di andarsene e di portarti via i tuoi figli.» Cazzo. Non potrei amare una donna come quella. «Non avresti dovuto fidarti di lei. E io non farò di nuovo lo stesso errore. Manda le istruzioni via mail direttamente a me, e quando quell'uomo richiamerà gli dirò che abbiamo l'intera somma.» «La ami, non è vero?» Deglutisco sonoramente. «Nicole mi ha raccontato che l'hai lasciata per via di quello che ho fatto alla tua famiglia. Non posso dirti che...» «Non voglio saperlo adesso, cazzo» sbotto. «Eppure devi sapere che Carleigh... è stata una vittima proprio come chiunque altro. Lei è tutto ciò che di buono c'è in questo mondo, nonostante i genitori che ha.» «Lo so» dico sottovoce. «So che non ho il diritto di chiedertelo, ma conto su di te, Tucker. Non posso fare niente da qui. Devi aiutarla tu.» «Lo farò» prometto. Non per lui, ma per la ragazza che amo. Gli do il mio indirizzo e passo il telefono a Nicole. Le grida di Stanley rimbombano attraverso il telefono, e Nicole sussulta. Vado nel bagno di Carl a sciacquarmi il viso e mi guardo attorno in cerca di un asciugamano. Ne trovo uno nel cassetto in alto. Sotto, c'è la sua spazzola. Fisso i lunghi fili biondi incastrati tra le setole. Profumano di shampoo, e quel profumo mi riempie di rimorso. Uno scintillio dal cassetto attira il mio sguardo, e rovistando trovo la catenina che Carl deve aver nascosto sotto la spazzola. Pende dalla mia mano, deridendomi per la mia stupidità. Il ciondolo a forma di corona che le ho regalato per il diploma, quello che sarebbe dovuto rimanere per sempre attorno al suo collo delicato, gettato con indifferenza in un cassetto. Traccio i contorni della corona con l'indice. Mi aveva attirato subito nella vetrina del gioielliere e ho dato fondo ai miei risparmi per comprarlo, ma volevo che avesse qualcosa di speciale per ricordarle chi è per me. La mia principessa. Se vuoi rivedere la tua preziosa principessa... Il mio cuore si ferma. Lo sapeva. Sapeva come la chiamavo. E mentre il mio cervello ha sbloccato all'improvviso un ricordo che finora non ho ritenuto pertinente, la verità mi colpisce come un autotreno. L'ho chiamata così ieri. Davanti a Zayne. Va' pure, principessa. Ci vediamo dopo. Infilo la collana in tasca ed esco dal bagno. Nicole è seduta sulla poltrona di Carl, a piangere in modo teatrale, ma non riesco a provare un briciolo di pietà per lei. Billy è seduto nell'angolo, sul pavimento, rifiutandosi di guardare la madre. Non posso di certo biasimarlo. «Nicole.» Cerco di attirare la sua attenzione. Non si muove nemmeno. «Nicole!» Solleva lo sguardo, terrorizzata da ciò che potrei farle. «Conosci qualcuno che si chiama Zayne Stevens?» Corruga la fronte. «Stevens?» Le mie sopracciglia si sollevano per l'impazienza. «Zayne Stevens. Sì. È il figlio di Art. Il vecchio socio di Will.» Bingo. «È lui che ha preso Carl.» «Il figlio di Art? Sei sicuro?» «È possibile, secondo te?» Nicole dà un'alzata di spalle. «Era piccolo l'ultima volta che l'ho visto. La moglie ha lasciato Art quando lui ha perso i suoi soldi. Credo che Zayne sia rimasto con il padre.» Ed ecco il movente. «Era il nostro insegnante al corso di marketing.» Billy salta in piedi. «Zayne? Il tizio che ci ha riaccompagnato a casa la sera di Halloween?» Annuisco. «È stato qui?» strilla Nicole. «Sì, Nicole. È stato qui. E se tu fossi una madre decente saresti stata qui anche tu. Lo avresti riconosciuto e lui non avrebbe mai avuto modo di rapire Carl.» Ma per quanto abbia voglia di insultarla, non ho tempo. «Sai dove abita Art?» «Ho il suo vecchio indirizzo, ma sono sicura che siano stati costretti a vendere la casa.» A differenza di te. Tu hai dovuto solo mandare tuo marito al fresco per tenertela. Chiamo Manny, che ha un talento come hacker pari a quello per il montaggio, e gli ricordo che mi deve un favore. Mi tormenta per sapere perché mi serve l'indirizzo di Zayne, ma la verità richiederebbe tempo, e io non ne ho, quindi gli offro dei soldi. Un centone stuzzica il suo interesse, ma non mette a tacere la curiosità, ma con cinquecento dollari mi garantisco i suoi servigi senza domande. E qualche minuto dopo mi manda le informazioni via mail sull'appartamento di Zayne al campus. Dubito che sia lì che tiene Carl, e chiedo a Manny di cercare un altro indirizzo, anche a nome di Arthur Stevens. Poi prendo le chiavi e corro di sotto. Billy mi ferma nell'ingresso «Vengo con te.» «No che non vieni, cazzo.» Non ho tempo per discutere con lui. Mi viene dietro nel vialetto. «È mia sorella!» «E mi ucciderebbe se ti mettessi in pericolo, Billy.» «Non puoi andare da solo.» «Non sarò da solo.» Salgo in macchina e chiamo Cap mentre mi allontano dal vialetto. «È il nostro insegnante» gli dico. «Zayne Stevens. Suo padre è il vecchio socio del padre di Carl.» «Merda.» «C'è ancora quella Glock nella cassaforte di tuo padre?» Io e Cap abbiamo scoperto la combinazione quando avevamo quindici anni e siamo rimasti scioccati quando abbiamo trovato la pistola. «Dubito che l'abbia spostata.» «Bits conosce la combinazione?» «Credi che le darei accesso a una pistola?» Già, non ha torto. «Chiamala. Dille di prendere la pistola e i proiettili, e di venire davanti a casa mia tra dieci minuti.» «Sei sicuro, Tuck?» «Fallo. Subito.» Ricevo la chiamata di Manny non appena riattacco. Mi dice che Arthur Stevens è ricoverato in una casa di cura per malattie mentali e che la loro casa di famiglia è stata venduta nove anni fa. Ma dove cazzo possono essere? Dubito che Zayne userebbe il proprio appartamento, ma dico a Cap di andare lì, visto che è più vicino di me al campus. Bits mi aspetta nel vialetto. Mi porge la borsa con una certa esitazione, come se potesse esplodere da un momento all'altro. Controllo che ci sia tutto. «Tuck? Che succede? Sammy ha detto che ti serviva questa, ma... voi due mi state facendo paura.» «Non ho tempo di spiegarti adesso, Bits. Ma ti ringrazio.» Torno in macchina. «Resta a casa e non dire niente a nessuno!» le dico. Poi torno verso il campus. Cap dovrebbe essere già arrivato ormai e infatti mi chiama in questo preciso istante. «Non c'è nessuno» dice. «L'appartamento è vuoto e il vicino dice che non lo vede da giorni.» Merda. «Okay. Ti richiamo io.» Cerco di restare calmo, ma ho esaurito le idee. Dove cazzo sono? Mi squilla il telefono. È quella maledetta app, e il cuore mi batte all'impazzata per il terrore. Ma non è una chiamata. È un messaggio. Con una foto. Lo apro e vengo travolto dalla nausea e dal disprezzo alla vista del corpo mezzo nudo di Carl, marchiato dalla prova del possesso di Zayne, lo sperma schizzato sul suo stomaco nudo. Devo fermarmi. Apro la portiera appena in tempo per vomitare sull'asfalto. Zayne la pagherà per questo. Morirà per questo. Nicole sceglie proprio questo momento per chiamarmi. «Che c'è?» le ringhio contro. È il bersaglio perfetto per la mia furia. «L'hai trovata?» mi chiede tremante. «No.» Lei tira su col naso. «Devi riflettere, Nicole. Dove altro potrebbe averla portata? Hanno una casa delle vacanze? Un parente che viveva nelle vicinanze?» «Io... No, non credo.» «Pensaci!» sbotto, ma lei piange più forte. Poi ricordo una cosa che ha detto Zayne. Qualcosa di strano, criptico, sul fatto che sarebbe accaduto dove tutto era cominciato. Lì per lì non ci ho fatto caso. Manny mi ha già detto che la casa di famiglia è stata venduta anni fa, ma Art aveva comprato quella casa dopo che avevano cominciato a far soldi. Ho letto che Will e Art hanno fondato la società nell'estate dopo il secondo anno alla University of Pennsylvania. Così doveva ancora vivere con i genitori allora. «Devo andare.» Riaggancio e richiamo Manny. Gli chiedo di trovare l'indirizzo dei genitori di Arthur nell'anno in cui hanno fondato la Stanley Stevens, e gli bastano cinque minuti. Sto per fare una pericolosissima inversione a U per andare là, ma poi Manny mi dice che anche quella casa è stata venduta. Che ci vive un'altra famiglia. Cazzo! Nicole mi richiama e io rispondo con un verso irascibile. «Forse... forse dovremmo chiamare la polizia, Tucker.» «Non metteremo a rischio la sua vita. Will mi ha mandato le istruzioni, adesso trasferirò il denaro.» «Sì, sì, dovresti» dice astiosamente. «Ma... e se non la lascia andare?» Dà voce alle mie più cupe paure. «Ha detto che sarebbe avvenuto dove tutto è cominciato. Ma la casa che i genitori di Art possedevano quando è stata fondata la società è stata venduta anni fa. Non riesco a capire dove possa averla portata.» «Art non viveva con i suoi quell'estate.» Cosa? «No, avevano litigato perché Art voleva sospendere gli studi per fondare la società con Will. Gli hanno dato un ultimatum, così è andato a stare dai suoi nonni. Hanno fondato la società da loro... nel garage.» Dove tutto ha avuto inizio. Ci sono! Dev'essere per forza così. In cinque minuti Manny trova l'indirizzo, la casa è ancora intestata a Morton e Edith Stevens. Pigio sull'acceleratore e percorro Old Country Road, bruciando un giallo e rischiando di farmi speronare da un'altra auto. Chiamo Cap, gli do l'indirizzo e gli dico di raggiungermi là. Cerca di farmi promettere di aspettarlo, ma non posso. Non vuole che entri da solo, e so che probabilmente ha ragione, ma non posso permettere che Carl soffra un istante di più. I dieci minuti del tragitto sono i più lunghi della mia vita. Riesco solo a pensare a Carl, e prego in silenzio che possa perdonarmi per non aver fatto più in fretta.

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora