26

191 0 0
                                    

TUCKER 

Oggi

 Restiamo per un po' alla mensa dopo aver finito i nostri caffè, ma so che Carl vuole essere presente quando Billy si sveglierà, quindi poco dopo torniamo nella sua stanza. Ci vogliono ancora un paio d'ore prima che cominci a muoversi, e io resto in disparte mentre Carl e Nicole siedono al suo capezzale, chiamandolo sottovoce e cercando di mantenere viva la sua attenzione. Nel frattempo sono arrivati Rory, Cap e Beth, e decidono di andare allo spaccio "a prendere qualcosa in grado di rallegrare la stanza di Billy". È una scusa per lasciare soli gli Stanger, e razionalmente so che dovrei andare con loro, ma per prima cosa devo assicurarmi che Carl stia bene. Un'infermiera viene a controllare i parametri di Billy, che risultano stabili, e ci raccomanda di "non farlo agitare troppo". Billy comincia a fare domande sull'incidente e Carl scoppia in lacrime. Tra un singhiozzo e l'altro gli racconta della sera del Ringraziamento e della mattina seguente, ma Billy ricorda quasi tutto ciò che lo ha spinto ad andar via in macchina con Kyle. Ero preoccupato che potesse aggrapparsi al proprio risentimento per la lite con Carl. Invece continua a scusarsi, ancora piuttosto sbalordito, e io colgo l'occasione per lasciar loro un po' di privacy. Faccio un giro per l'ospedale, incapace di smettere di chiedermi se Carl mi vuole ancora qui. Torno da Billy per la terza o quarta volta – ho perso il conto – e in corridoio trovo Nicole che parla con un medico, mentre Carl e Billy stanno ridendo di dio sa cosa. Resto sulla soglia, non voglio interromperli, specie adesso che entrambi sono di buonumore. Ma Billy mi vede e aspetto che reagisca alla mia presenza. Non dice niente, si limita a fissarmi, con sguardo impassibile, forse un tantino stordito dai farmaci. «Lieto di vederti di nuovo ridere come una ragazzina» lo prendo in giro. Non riesco a farci niente. È questo il rapporto che abbiamo, ci rompiamo le palle a vicenda come due fratelli. O perlomeno lo facevamo finché non ho lasciato sua sorella. Con mio grande sollievo, mi rivolge un sorriso irregolare. «Come no, stronzo. Sei solo invidioso perché mi sparano in vena la roba buona.» Mi avvicino al letto, mi fermo accanto a Carl, che mi guarda con un sorriso sollevato. Faccio ancora qualche battuta, ed entrambi ridono. Nicole fa capolino per dirci che va da Kitchen Cabaret a prendere un po' di zuppa, così Billy non dovrà mangiare le "schifezze dell'ospedale". Mi vibra il telefono in tasca: è Cap, dice che stanno tornando. Bene. Possono tenere compagnia a Carl mentre io parlo con Billy. Strofino il palmo sulla spalla parzialmente scoperta di Carl, passando il pollice sul muscolo alla base del collo come piace a lei. Si volta non appena la tocco, e mi guarda negli occhi. «Cap dice che stanno tornando. Credi che potrei parlare un attimo con Billy?» Carl mi guarda con la fronte corrugata, ma non fa domande. «Sì, ma certo» mormora, e si alza dalla poltrona. Rivolge a Billy un sorriso forzato e gli dice che sarà proprio lì fuori. Odio vederla dubbiosa, specie quando si tratta di me, e le afferro la mano mentre passa, stringendola per rassicurarla. Fidati di me. La stringe anche lei... fiducia che non merito. Ma la meriterò. Mi siedo accanto al letto, sollevando le sopracciglia con fare ironicamente melodrammatico – un tentativo di allentare lo stress delle folli circostanze in cui ci troviamo – e le labbra di Billy si curvano in un mezzo sorriso. «Come ti senti?» gli domando. Cerca di dare un'alzata di spalle, ma fa una smorfia. «Dolorante» ammette. «Ma non tanto male, grazie alla medicina moderna.» Sorride svenevole e indica la flebo con la morfina. «La medicina moderna serve a ben altro che a stordirti, sai.» Il sorriso di Billy svanisce all'istante. «Lo so.» Il suo tono funereo è più che eloquente. Ma non gli nascondo nulla. Gli racconto tutto. Gli racconto come ha reagito Carl quando ha saputo dell'incidente, di come è scoppiata a piangere durante il tragitto in macchina. Gli spiego come si è trattenuta per non crollare mentre aspettavamo in purgatorio che ci dessero notizie, quanto si è sentita responsabile dell'accaduto. Gli descrivo il suo viso quando ci hanno comunicato l'esito dell'intervento, il suo sollievo palpabile. E poi gli racconto cosa si prova a ricevere notizie contrarie, a sapere che non rivedrai mai più una persona che ami. Gli descrivo cosa si prova a svegliarsi e a dimenticare per un millesimo di secondo che se n'è andata per sempre, per poi venir schiaffeggiati dalla realtà, ancora e ancora, ogni giorno, per mesi... anni. Gli racconto tutto. Piange. Anche a me vengono le lacrime agli occhi. Ma ha capito. E so che c'è ben altro sotto la superficie, e spero che prima o poi parleremo delle ragioni che lo hanno spinto a comportarsi così. Ma adesso non è il momento. Quando Carl ritorna con i nostri amici, suo fratello è un po' più consapevole di quanto lei gli voglia bene, di quanto le sue azioni l'abbiano sconvolta. E posso solo sperare che qualunque cosa stia affrontando, la prossima volta ci penserà due volte prima di mettere a repentaglio la propria vita, o il cuore di sua sorella. Adesso che Billy è stato dimesso e pare che Nicole Stanger abbia deciso di essere un po' più presente e fare la madre, Carl è tornata al campus e sembra di nuovo se stessa. Il giorno del rientro dalle vacanze ho messo Ben alle strette e l'ho ascoltato giurare e spergiurare che non aveva cattive intenzioni. Ha ammesso di aver sbagliato e si è scusato profusamente con me e con Carl. Capisce quanto sia stato pericoloso quello che ha fatto, o almeno è questo che dichiara. Non ne sono così sicuro. Muoio ancora dalla voglia di fargli il culo, ma Carl mi ha chiesto di lasciar perdere. L'ho supplicata di denunciarlo, ma lei gli crede e non vuole rovinare il suo futuro per uno stupido errore. È troppo compassionevole. Ma con riluttanza accetto che sia lei a gestire la cosa. Quindi mi concentro su altre questioni. Questa settimana presenteremo il nostro progetto per il corso di web marketing, e mentre filmiamo la scena finale di un paio di sveltine nella lavanderia della residenza di lacrosse – o cerchiamo di farlo – non riesco a smettere di guardare Carl. Mi ha già sorpreso due volte a farlo, e la terza non mi premuro di distogliere lo sguardo. Mi limito a mangiarmela con gli occhi finché non si morde il labbro per trattenere un sorriso compiaciuto. È colpa sua. Sa che effetto mi fanno quelle minigonne – l'orlo che sfiora le sue cosce flessuose – e non credo di essermi immaginato quell'ancheggiare provocante mentre va in cucina a prendere una bottiglia d'acqua. Ne servirebbe un po' anche a me per calmarmi, così gliela strappo di mano e ne tracanno metà in tre sorsate. «Ehi.» Mi colpisce sul braccio e se la riprende. Sono talmente distratto da lei che sento a malapena Julia che dice "stop" e "grazie" ai nostri attori volontari. Ha un corso serale, quindi saluta tutti e li accompagna fuori. Manny controlla il girato sul computer, assicurandosi che finisca direttamente dalla telecamera al Cloud, come aveva programmato. «Questi sono i nostri moduli di consenso?» mi domanda Carl, fissando con gli occhi sgranati il casino organizzato di fogli che ho sul tavolo. «Sì.» «Oh, Tucker. Sei disordinato da morire» mi sgrida, e inizia a sistemarli in ordine alfabetico. «Ehi, il mio compito era farli firmare, non abbellirli» le ricordo, e lei alza gli occhi al cielo. Mi si gonfia il petto. Mi era mancato tutto questo. Carl che non ha paura di rispondermi a tono. «Mentre voi due elevate un battibecco al livello dei preliminari, me ne torno al dormitorio a creare un capolavoro» ci prende in giro Manny mentre raduna le sue cose. «Cosa?» dice stupita Carl, ma io sorrido. Anche Manny alza gli occhi al cielo e ci saluta prima di andare, ma il fatto che ci abbia smascherato ha chiaramente messo a disagio Carl, e questo mi infastidisce. «Questi sono tutti stropicciati» si lamenta mentre cerca di lisciare un foglio di carta sul tavolo di piegatura che teniamo in lavanderia. «Almeno sono tutti firmati» ribatto. «Non tutti» mi corregge, ma si sbaglia. Vengo dietro di lei e allungo una mano per prendere il modulo che ci ha dato tanti problemi. Una reazione particolarmente divertente di una ragazza che non aveva ricevuto il promemoria che spiegava che stavamo seguendo un copione. Ha sentito qualcuno proporre di alterare il punch con il Roipnol e ha perso le staffe. Era una reazione fantastica per il nostro video, ma senza il suo consenso non potevamo usarla. Non c'è stato verso che Carl e Manny riuscissero a convincerla, ma due giorni fa ho scoperto il suo punto debole: bastava supplicare un po' e sfoderare il mio sorriso, ed ecco fatto. Trovo il foglio in questione e lo liscio davanti a Carl. Si volta a guardarmi negli occhi. «Ce l'hai fatta! Ma come?» «Ho usato la mia arma segreta.» «E sarebbe?» Non mi sfugge la sua voce ansimante, e come risultato i miei jeans diventano infinitamente più stretti. «Tu che dici?» Inarco le sopracciglia. Stiamo già praticamente scopando a questo punto, ma che posso dire? Non resisto. «Quel che è giusto è giusto, no? Un consenso in cambio di un altro... consenso.» Lei mi osserva dubbiosa, e un po' mi brucia che mi creda capace di tanto, lo ammetto, ma la cosa mi diverte da morire. Mi spinge sul petto, ma non le permetto di muoversi. «Oh! Sei disgustoso!» sibila, e visto che non riesce a spostarmi mi volta le spalle... pazienza se è intrappolata tra me e il tavolo mentre finge di radunare i documenti. Avvicino le labbra al suo orecchio. «Che ti prende, principessa? Pensavo ne saresti stata felice. L'ho fatto per il gruppo.» «Non ti azzardare a chiamarmi così.» Ignoro la sua ira. Dio, quanto adoro farla infuriare. Ma se crede davvero che mi prostituisca per un progetto di studio, allora la pagherà cara. «Che ti prende, Carl? Sei gelosa?» la stuzzico col respiro sulla nuca. La sua irritazione non nasconde la pelle d'oca... o il rossore che si diffonde sulla sua pelle. Digrigno i denti per impedirmi di assaggiarla. «Perché dovrei essere gelosa, Tucker? Sono già stata a letto con te, no? Un sacco di volte» dice con disprezzo. «Immagino che la tua arma segreta stia perdendo la sua magia.» Certo, come no. Lascio che le mie labbra le sfiorino il lobo mentre parlo. «È per questo che hai il respiro affannato?» Mi chino su di lei e le sfioro la carotide con le labbra. «O che le tue pulsazioni sono aumentate?» Le sue spalle si irrigidiscono nel tentativo di resistere all'effetto che le faccio. «No. È perché mi stai mettendo a disagio» mente. Per fortuna, sono un maestro nell'arte della lettura di Carl Stanger. «La cosa è reciproca» gemo, e chiudo le mani attorno ai suoi fianchi sensuali, attirandola a me, e le premo sul sedere la prova del mio disagio. Carl ansima prima di riuscire a trattenersi, la testa che ciondola contro la mia spalla in fuggevole resa prima che lei riguadagni il controllo e si raddrizzi. «Peccato che io abbia degli standard.» «Li hai alzati nell'ultima settimana?» la schernisco, sfiorandole delicatamente la gola con i denti e poi con la lingua, incapace di resistere. «Vaffanculo, Tucker.» La costringo a voltarsi. Adesso sono proprio incazzato. Cerca di distogliere lo sguardo, così la afferro per la mascella e la costringo a guardarmi negli occhi. «Quanto mi conosci?» le domando. «Non bene come pensavo!» ribatte lei, rabbiosa. La guardo con gli occhi socchiusi. «Chiaramente no, cazzo, se credi che potrei scoparmi la prima che passa per farle firmare un maledetto modulo di consenso!» Gli occhi di Carl si spalancano per un istante, ma poi alzano un muro di diffidenza. «Be', come diavolo faccio a sapere chi ti scopi e chi no.» Non è una domanda. So che il suo atteggiamento è dettato dall'autoconservazione, generata dall'insicurezza, e so anche che è colpa mia. Mi piego abbastanza per arrivare al suo livello, addolcendo il mio tono. «Tu sei l'unica persona che lo sa, Carl.» Sei l'unica che mi scopo. Anche se lo abbiamo fatto solo due volte negli ultimi mesi, quindi tecnicamente non stiamo scopando. Ma mentre cerco di riportare la nostra amicizia in carreggiata, anche se so che è troppo presto per cercare di più, non vedo alcun motivo per torturarci con l'astinenza. Non siamo mai stati tipi che fanno le cose in modo tradizionale. Riesco a capire che l'ho convinta, ma l'ho innervosita a tal punto che il suo petto si alza per il respiro pesante, e le sue splendide tette si sollevano invitanti. «I miei occhi sono qui, Tucker» mi rimprovera, mordendosi il labbro inferiore per nascondere la propria ilarità. Io continuo a fissarle il petto. «Sì, ma le tue tette perfette sono proprio qui.» Mi allontano per chiudere la porta a chiave, poi torno da lei. La mia mano scivola lentamente dal suo fianco, su, finché le dita non le stuzzicano il seno. Incontro il suo sguardo, trovandolo offuscato di desiderio, e le faccio vedere quanto la desidero anch'io. Le dita seguono l'estremità del suo top, tracciando la scollatura, il dito medio che scivola sotto il tessuto di cotone. Entrambi fissiamo la mia mano, e io mi prendo tutto il tempo necessario, ma lei non fa nulla per fermarmi. Lascio che sia solo la punta a esplorare la pelle di seta, guardando con soddisfazione la scia di pelle d'oca che lascia. Ha un davanzale bellissimo. Non ha i seni grossi, ma sono perfettamente tondi e pieni. Faccio il mezzo passo che mi porta a ridosso del suo corpo irresistibile e con l'altra mano le prendo il viso e lo sollevo. Sembra così delicata... fragile. «Tuck» sussurra. Adoro il suono del mio nome sulle sue labbra... l'ho sempre adorato. «Mi fai impazzire» ammetto. Gliel'ho già detto, molte volte, e non è meno vero adesso rispetto al passato. «Ti desidero così tanto che non riesco nemmeno a pensare lucidamente quando ci sei tu.» Faccio scendere la mano sulla sua coscia. «Sapevi che effetto mi avrebbe fatto questa gonna.» Inconsciamente si lecca le labbra, che mi attirano come una sirena, e la mia bocca attacca la sua senza pensarci. Mi cinge con le braccia attorno al collo mentre ci consumiamo a vicenda, i nostri respiri che si mescolano e le nostre lingue che lottano. La inchiodo contro il tavolo, ansioso di avvicinarmi, la lingua che saccheggia la sua bocca con impazienza. Carl sta praticamente ansimando, e quando i suoi fianchi premono contro la mia coscia perdo il controllo. La afferro per i glutei e la sollevo, allineando i nostri corpi e avvolgendomi le sue splendide, lunghe gambe attorno alla vita, e la poso sul tavolo. Meglio. Ma ancora non ci siamo. Il tavolo è troppo basso... o forse sono troppo alto io, così senza staccarmi dalla sua bocca, la sollevo di nuovo e mi volto per adagiarla sulla lavatrice. Perfetto. I nostri fianchi sono perfettamente allineati e il mio uccello è dolorosamente consapevole di essere vicino al suo obiettivo. Le sue ginocchia si schiudono e io vado alla carica, afferrandola per i fianchi e trascinandola in avanti, ma lei mi spinge indietro, sorprendendomi finché non mi rendo conto che lo ha fatto per liberarci delle barriere che separano i nostri corpi. Ottima idea. Carl inizia con l'ostacolo numero uno – i miei jeans – slacciandomi la cintura. Le sue mani non si fermano abbastanza a lungo perché le tolga la maglietta, così la tiro su sopra le spalle e il reggiseno. Porca. Troia. Sa quanto mi eccita il pizzo bianco. Molte ragazze pensano che sia più sexy il rosso o il nero, ma Carl mi ha iniziato al fascino erotico del bianco... un colore che non avevo mai considerato sexy finché non gliel'ho visto addosso. E l'effetto non è meno esplosivo adesso, con i capezzoli rosa che si tendono attraverso il tessuto trasparente, e la mia bocca si abbassa sul gonfiore che trattiene, baciandolo e assaporandolo. Carl geme, e quel dolce suono sexy esaurisce i miei ultimi scampoli di pazienza. Mi abbasso jeans e boxer lungo le cosce, liberando la mia furiosa erezione e sollevandole la gonna attorno alla vita. Vengo quasi all'istante. Mutandine. Di. Pizzo. Bianco. Devo chiudere gli occhi e respirare profondamente per riguadagnare il controllo di me stesso. Carl peggiora la situazione e allunga audacemente le dita, ma io la prendo per i polsi prima che possa toccarmi e metter fine a tutto prima ancora che cominci. Le faccio scorrere le mani lungo le cosce, allargandole mentre procedo. Le mie dita afferrano il sottile materiale impalpabile delle mutandine e le lacerano con un rapido strappo. Carl sussulta per la mia ferocia, ma non può nascondere quanto è eccitata. «Nessun uomo ti farà mai godere così, principessa. Solo io.» Voglio che le sia chiaro. Per assicurarmi che sappia che non ha senso cercare altri uomini mentre tecnicamente non stiamo insieme. Lei fa una smorfia, come se lo avessi detto come una sorta di punizione. «Lo so.» Il suo tono è rassegnato, quasi triste, e mi provoca un dolore al petto. Pensa ancora che non tornerei mai con lei, e vorrei tanto dirle che si sbaglia. Che me la riprenderei subito se mi volesse. Ma poi dovrei anche dirle che l'ho trattata come spazzatura per mesi senza una cazzo di ragione. Che ho avuto l'audacia di credere che sapesse di mio padre e avesse scelto di tacere. E la conosco abbastanza bene da prevedere la sua indignazione, il dolore che le causerebbe, e non sono pronto per questo. Prima che si renda conto che ho mandato tutto a puttane devo ricordarle quanto stiamo bene insieme. E conosco un solo modo per fare questo. La accarezzo fra le gambe, meravigliandomi di quanto sia già pronta per me. «Ti scoperò così forte, principessa» le sussurro ruvidamente all'orecchio. «Crederai che sia ancora dentro di te la settimana prossima.» «Sei sempre dentro di me, Tucker» sussurra lei, e le sue parole sono frecce che mi colpiscono dritto al cuore. Ecco, io sto qui a dire sconcezze, e Carl se ne esce con qualcosa di meraviglioso. Mi lascia senza parole, cazzo. Ma posso esprimermi in altri modi. Le catturo la bocca con la mia, e la bacio trasmettendole tutto ciò che provo... ogni desiderio, ogni rimpianto. Ma in questo momento è il bisogno di possederla che è più forte, e le trascino i fianchi sul bordo della lavatrice e scivolo dentro di lei. Ingoio il suo lungo gemito strozzato, assaporando la sua perfezione mentre resto immobile dentro di lei. È stretta e calda, e io chiudo gli occhi e mi abbandono alle sensazioni. «Tuck» mugola lei. Mi avvolge le gambe attorno alla vita per incoraggiamento, come se volesse tenermi come una parte di sé, come se senza di me stesse perdendo qualcosa di vitale. Almeno è questa l'impressione che ho, e la adoro. Dio, adoro ogni cosa di lei. È sempre stato così. La afferro delicatamente per i capelli e le tiro la testa indietro così è costretta a sdraiarsi, e la sovrasto con il mio corpo. Tiro indietro i fianchi finché non mi sono ritirato quasi del tutto e poi spingo lentamente, deliberatamente finché non arrivo fino in fondo. Di nuovo, mi fermo. Sono travolto da un'ondata di umiltà travolgente. Non mi merito tutto questo, ma non ho la minima intenzione di rinunciarvi, cazzo. Non di nuovo. Non sul serio. «Tuck, ti prego.» Non c'è nulla a questo mondo paragonabile al sentirla implorare. È un brivido inebriante, e il mio corpo prende il controllo, dandole ciò che ha chiesto. I miei fianchi cominciano ad aumentare gradualmente ritmo e intensità, e lei mi asseconda, spinta dopo spinta. Come sempre, le mie parole si riversano fuori senza filtro, e le dico che meraviglia è stare dentro di lei, quanto è calda. Mi nutro dei suoi gemiti di piacere, lasciando che mi alimentino, finché i nostri corpi non cozzano come animali, cercando con tutto ciò che abbiamo di lasciare un pezzo di ognuno nell'altro. Lei viene per prima, esplodendo intorno a me in contrazioni che mi uccidono, e poi vengo dentro di lei, marchiandola il più a fondo possibile. Ansimiamo entrambi in cerca d'aria, sospesi nel tempo. In questo momento, in questo preciso istante, è ancora mia e non voglio tornare a una realtà in cui ci ritroviamo al punto di partenza. In cui siamo solo due amici che fanno sesso. «Tuck...» Sollevo il viso nascosto nel suo collo e mi perdo nel mare color smeraldo dei suoi occhi. «Dovremmo andare.» Sospiro. Non riesco a credere di trovarmi di nuovo in una lavanderia con una ragazza che mi mette fretta di andarmene. Una ragazza che dovrebbe stare ogni notte nel mio letto. Che vita di merda. Mi allontano con riluttanza e comincio a rivestirmi, mettendomi in tasca le sue mutandine strappate. So che il mio silenzio la mette a disagio, ma non so cosa dire. Non so per quanto riuscirò ad andare avanti così. Devo dirle cosa provo. Continuo ad aspettare l'occasione giusta per provarle che sono davvero alla sua altezza... per avere la garanzia che quando confesserò di aver incasinato tutto lei mi riprenderà lo stesso. Ma forse sono solo un vigliacco. La guardo che si liscia la gonna sgualcita, si passa le dita tra i capelli arruffati. Vorrei tanto spazzar via la sua incertezza. E lo farò. Solo, non adesso. Ma quando arriverà il momento giusto lo farò. Presto. Qualcuno bussa alla porta. «Ehi, Green! Qui c'è gente che deve fare il bucato!» grida Sherman dall'altro lato della porta. «Un attimo!» rispondo. Carl si è risistemata in pochi secondi e adesso sta radunando i moduli firmati mentre io mi tiro su la cerniera. «Bello, la mia ragazza ha lezione tra un'ora!» Carl mi rivolge un'occhiata interrogativa e io alzo gli occhi al cielo. «Gli fa il bucato» le spiego con un ghigno, sapendo come reagirà. Il suo cipiglio mi fa sorridere. Mi volto per aprire la porta. 

«Tuck.»

 «Mmm?»

 poso la mano sulla maniglia. «Tuck!»

Mi giro a guardarla, ha gli occhi sgranati e pieni di panico, dritti sul cavalletto di Manny, nell'angolo della stanza, con la videocamera ancora puntata sulla lavatrice, la spia di registrazione che ammicca minacciosamente. Porca troia. «Tuck.»

«Cazzo.» 

«Tuck, è accesa.» «Cazzo.» 

Balzo su quell'aggeggio come se fosse vivo e premo il tasto di spegnimento, poi tiro fuori la memory card e la guardo. Ma so già che la videocamera caricherà tutto nel Cloud, e quindi nel laptop di Manny. «Tuck.»

 «Lo so!» sbotto. 

«Merda, scusami.» Allungo una mano verso di lei, ma mi scansa. Grandioso, adesso uscirà di testa. Merda, io uscirò di testa. 

«Che facciamo?» Mi guarda come se avessi tutte le risposte, ma io non so che cazzo fare. «Magari il filmato non si è caricato» azzardo. 

«Dici?» Non lo so. Ma la sua ansia mi colpisce allo stomaco e non posso fare a meno di rassicurarla, anche se è una balla. «Sì. Aveva già scaricato il materiale per il progetto. Quindi anche se fosse finito tutto nel Cloud, non è detto che lui lo abbia trovato.» 

Spero. 

«Sì.» 

Carl vuole credermi, ma non è sicura. 

«Tuck...» 

«Andrà tutto bene» la rassicuro, ma lei scuote la testa. 

«Ben mi ha detto che un suo compagno l'anno scorso è finito in panchina perché aveva ottenuto una pessima valutazione da una compagna e Zayne gli ha abbassato il voto.» Eh? E questo cosa c'entra? «Sì. Lo so. Crauper. Si è scopato una del suo gruppo e la cosa gli si è ritorta contro.» 

Le sorrido. «Mi stai minacciando di farmi abbassare il voto?»

Ma lei non è divertita. Scuote la testa freneticamente come se mi sfuggisse qualcosa.  «No. Ascolta. Ne ho parlato con Zayne e lui ha detto che non aveva importanza che la ragazza avesse mentito, perché andare a letto con un compagno manca di professionalità a prescindere.» «E allora?» Chiude gli occhi e fa un respiro profondo come se stesse perdendo la pazienza. «A Manny non vado a genio. E nemmeno tu. E se vede questo...» Finalmente ho capito. «Allora avrebbe una prova che abbiamo scopato.» Merda. Il cuore mi martella nel petto. Se mi gioco il voto di questo progetto, mi gioco il voto finale. Potrebbero revocarmi la borsa di studio e sarei costretto a lasciare l'università. Ma non lo dico a Carl. Non voglio che si preoccupi. Allungo una mano e stavolta mi permette di stringerla tra le braccia. Ignoriamo i colpi furiosi alla porta.  «Andrà tutto bene» le giuro. «Mi assicurerò che sia così.» «Come?»  «Troverò il modo.»

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora