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TUCKER


Un anno fa

Sono totalmente sopraffatto. Travolto da un oceano di emozioni, spinto onda dopo onda in flutti di pura estasi, che rischiano di infrangersi nella paura. Carl è mia. La amo. È tutto ciò che ho sempre desiderato, anche da prima di rendermene conto, ma adesso che so di avere il suo amore, sono consapevole che corro il rischio di perderla. Mentre me ne sto sdraiato sul soffice materasso dell'albergo, stretto alla mia ragazza, ancora non riesco a chiudere gli occhi. Questa vacanza a Miami era nata con l'intento di spassarcela tra amici prima di affrontare gli esami. Ma Carl e io abbiamo raggiunto il punto di rottura, e dopo quasi un anno di tira e molla, emozioni negate e un'attrazione che ha raggiunto i limiti dell'ossessione, qualcosa doveva pur spezzarsi. Ovviamente ci voleva una delle nostre colossali litigate per spingerci a confessare i nostri sentimenti, ma adesso che finalmente lo abbiamo fatto, non riesco a smettere di guardarla... come se non averla sotto gli occhi rendesse tutto meno reale. La luce del mattino filtra da una fessura tra le tende, sottolineando il lieve bagliore dei suoi capelli dorati, e premo le labbra sulla sua tempia per quella che deve essere la centesima volta da quando ci siamo infilati a letto poche ore fa. Non mi sono mai sentito tanto vulnerabile in vita mia. E la cosa non mi piace per niente. Il senso di perdita ormai mi è familiare. È stato una presenza costante nella mia vita fin da quando avevo tredici anni. Quindi non ho bisogno di un promemoria che mi ricordi quanto mi senta improvvisamente allo scoperto. Quando ha pronunciato le parole che non avrei mai pensato di sentire dalle sue labbra perfette, non potevo crederci. Ma era vero. Mi ama, cazzo. Per tutti questi anni avevo accettato il fatto che non sarei mai stato alla sua altezza. Ma Carl ovviamente non la vede in questo modo. Non lo ha mai fatto. Mi ama. E per la prima volta mi concedo di immaginare un futuro. Ed è bellissimo, cazzo. Osservo la sua figura addormentata e mi si gonfia il petto d'orgoglio. Mi manca. Lo so che è stupido, ma in questo momento, anche se sono vicino a lei, mi manca. Non dovrei svegliarla. Non è ancora l'alba. Ma mi manca, e voglio parlare con lei per qualche minuto... per avere la certezza che è davvero qui con me, che è mia. Poi la lascerò tornare a dormire. Faccio scorrere le labbra lungo la sua lunga gola delicata, fino alla clavicola esposta. Carl ha sempre avuto il sonno leggero e infatti si riscuote all'istante. La sua pelle è incredibilmente morbida sotto le labbra. Faccio guizzare fuori la lingua per sentirne il sapore. «Tuck?» sussurra lei. Già mi pento di averla svegliata. La mia bocca è occupata con la curva della sua spalla. «Torna a dormire, piccola» le dico, facendomi strada a suon di baci verso il suo mento. «Tuck...» Stavolta è quasi un gemito, e mi fa cambiare di nuovo idea. La voglio sveglia. «Hai un sapore delizioso, principessa. Adoro la tua pelle.» «Mmm... Solo la mia pelle?» mi punzecchia, la punta delle sue dita che danza lungo la mia nuca. Il cuore batte un po' più svelto e i boxer si fanno stretti. La mia ragazza è sveglia e ha voglia di giocare. «Mmm. Fammi pensare» la stuzzico anch'io, mentre la mia mano trova la sua coscia agile e procede verso l'alto. Lei fa scivolare la gamba attorno al mio fianco, accogliendo la mia mano avida sul sedere sodo. Dio, adoro il suo sedere. «Anche questo non è male» le dico. «Non è male?» Si finge offesa. «Bene, allora. Non devi per forza...» Ma prima che possa torturarmi, tirandosi indietro per scherzo, le mie dita affondano dentro di lei e la mia bocca si impossessa della sua. Lei reagisce all'istante, le labbra che divorano, che conquistano e allo stesso tempo accolgono le mie. Questa è la mia ragazza. Dà e prende, sempre, e io adoro ogni singola parte di lei. Mi ritraggo, d'un tratto sopraffatto dall'emozione. Dal peso del mio amore per Carl, e dal brivido di sapermi ricambiato. La fisso, desiderando di poter articolare ciò che provo. «Ti amo, principessa» dico molto semplicemente. Ma lei comprende il milione di parole che non riesco a esprimere, perché i suoi occhi si addolciscono, leggermente lucidi, e io premo le labbra su ciascuno. «Anch'io ti amo, Tuck.» La bacio sulla fronte, sulle guance, sul mento prima di trovare di nuovo le sue labbra. Voglio baciarla ovunque. Afferro l'orlo della sua canottiera e lei solleva le braccia per aiutarmi a sfilarla. Le sue tette nude sono morbide e piene, e la sensazione di questa morbidezza sul mio petto me lo fa venire duro. Le sfilo le mutandine, sollevando il mio peso quel tanto per toglierle. Le dita di Carl scivolano sotto l'elastico dei boxer. Mi afferra il sedere come se fosse di sua proprietà, ma è intrappolata sotto di me e non può fare molto senza il mio consenso. Tende l'elastico e lo lascia andare, poi geme quando il mio uccello preme contro di lei. «Tuck... via tutto» ordina, strattonando più forte la mia biancheria, e io obbedisco. La mia erezione punta come una freccia ciò che desidera. Sa bene qual è la sua destinazione. Carl avvolge le gambe attorno a me, ma per quanto desideri entrare dentro di lei, dovrà aspettare. Prima voglio assaggiarla. L'ho fatto soltanto come preliminare, ma stavolta non abbiamo fretta, e muoio dalla voglia di farla venire con la lingua. Le sfioro le tette perfette con le labbra, godendo di questa visione mentre procedo verso il basso. Affondo la lingua nel suo ombelico... e quando arrivo a destinazione Carl trattiene il respiro. Inizio lentamente, un ritmo costante, e la sento fare lunghi respiri profondi. Faccio ruotare la lingua in cerchio, sempre più veloce, e poi comincio a succhiarla. Lei si mette a gridare quando le infilo la lingua dentro. Cazzo, non esiste un'altra sensazione come questa. Comincia a muovere i fianchi seguendo il mio ritmo, e io le faccio scivolare dentro due dita, senza allontanare la bocca da lei. «Tuck!» Adesso comincia ad ansimare, le cosce che mi stringono la testa mentre i suoi fianchi si muovono smaniosi, e so che ci siamo quasi. Ripete il mio nome. È un avvertimento. Perché di solito è in questo momento che scivolo dentro di lei. Ma stavolta non ci sono genitori che potrebbero rientrare da un momento all'altro, né amici che potrebbero venire a cercarci, né fratelli minori di cui preoccuparsi... ci siamo solo noi due, e ore per dire con i nostri corpi ciò che non riesco ad articolare a parole. Il suo orgasmo è improvviso e bellissimo. Sono combattuto tra la scelta impossibile di guardare e continuare ad assaporarla, e mi sforzo di riuscire a fare entrambe le cose. E solo quando l'ho prosciugata di ogni scossa di piacere ripercorro pigramente il suo corpo a suon di baci. Non sono mai stato tanto eccitato in vita mia. Sorrido se ripenso a quante volte l'ho pensato con Carl. È passato quasi un anno dalla prima volta che abbiamo fatto sesso e da allora è stato sempre meglio. Potrei tranquillamente passare il resto della vita con lei, e avere solo lei. Ma un pensiero mi assilla. So che in realtà non ha importanza, ma glielo chiederò, perché sono un masochista. «Principessa...» Lei inarca le sopracciglia, gli occhi ancora semichiusi... uno sguardo che accarezza sia il mio ego sia la mia eccitazione. «Dimmi, sono stato il primo a fare così?» Sono piuttosto sicuro di sì, ma voglio sentirlo dire da lei. Le sue labbra si curvano in un lieve sorriso. «Tucker, sei l'unico che lo abbia fatto.» «E che mi dici di questa splendida bocca?» Sfioro con un bacio le sue labbra rosse, turgide. «Sono l'unico a essere entrato qui dentro?» Lo sguardo di Carl sostiene il mio con più intensità del previsto, e un insolito rossore le si diffonde sulla pelle. «Tuck» sussurra con un tono che mi fa trattenere il respiro. «Sei l'unico uomo che sia stato in una qualunque parte di me.» La fisso sbalordito. È una specie di metafora? Si riferisce per caso al suo cuore? «Anche tu mi hai preso il cuore» dico sottovoce, d'un tratto pronto a cambiare argomento. Carl scuote la testa. «No, Tuck. Non intendevo solo metaforicamente.» L'unico a essere stato in ogni parte di lei? Letteralmente? Mi sembra di essere travolto da un carico di mattoni. «Non sei andata a letto con nessun altro?» Un lento cenno di diniego. Il cuore mi batte all'impazzata. «Quella mattina nella mia camera...» «È stata la mia prima volta» conferma lei. Mio. Dio. Sapevo che aveva poca esperienza. Ma come ho fatto a non rendermi conto che era vergine? E perché non me l'ha detto? Non solo quella mattina, ma per tutto questo tempo? E poi tornano l'orgoglio e il possesso. Carl è mia. È solo mia, cazzo. È sempre stata mia. Però... «Perché?» «Perché volevo farlo.» Dà un'alzata di spalle. «Sei l'unico che abbia mai desiderato. E continuavi a tormentarmi, a flirtare con me, e io pensavo che mi stessi prendendo in giro come sempre. Ma non ne ero sicura. E se non era così, allora... non volevo perdere l'occasione.» In che razza di universo alternativo sto vivendo, in cui Carl mi ama e non voleva perdere l'occasione di scopare con me? «Sei matta.» Scuoto la testa, incredulo. «Ma perché non me l'hai detto? Io pensavo...» E adesso mi sento uno stronzo. Perché ho dato per scontato che non fosse vergine? «A essere sincera, Tuck, non volevo farne un affare di stato. E ho pensato che se lo avessi saputo ti saresti tirato indietro.» Tirarmi indietro? Ma non mi conosce per niente? «Dio, Carl, avresti anche potuto dirmi che eri una serial killer e che volevi uccidermi non appena ti avessi fatto godere, e nemmeno questo mi avrebbe fermato. Ma vorrei tanto che me lo avessi detto, principessa» dico con un filo di rimpianto. Le sue dita giocano con i capelli cortissimi sulla mia nuca. «Perché, se tanto non avrebbe fatto differenza?» ribatte lei. «Non ho detto che non avrebbe fatto differenza, solo che non mi avrebbe fermato.» «Che intendi dire?» Le sfioro il viso con le labbra. «Non so. Avrei cercato di renderlo più... speciale, credo.» Si lascia sfuggire una risata. «Con cosa? Petali di rose? Candele?» «Forse.» È l'unica ragazza al mondo per cui sarei disposto a fare certe cose. Il suo sorriso svanisce. «O magari non te ne saresti andato via subito dopo?» dice sottovoce, distogliendo lo sguardo. Cazzo. Quello deve averla proprio ferita. Si è comportata come se niente fosse, ma Carl è abilissima a nascondere le proprie emozioni. Cos'avrei fatto di diverso se lo avessi saputo? Non me ne sarei andato subito dopo. Dio sa che non lo avrei mai fatto se avessi avuto scelta. Ma Bits era quasi morta e Cap aveva bisogno di me. «Me ne sarei andato comunque, Carl.» Sono ancora mezzo sdraiato sopra di lei eppure percepisco la sua delusione. Devo spiegarmi meglio. Ma come faccio? Ho promesso al mio migliore amico che non avrei mai tradito il segreto di sua sorella. Finora non l'ho fatto. Ma lui non è l'unica persona importante della mia vita. Posso fidarmi e raccontarle tutto? La prendo delicatamente per il mento e la costringo a guardarmi negli occhi. «Meritavi di meglio, principessa, ma non ho avuto scelta.» Lei corruga la fronte, confusa. «La sera prima era successo qualcosa. Non volevo lasciarti, Carl... avevo appena fatto sesso con la ragazza dei miei sogni, sarei anche potuto morire in quel letto.» Cerca di nascondere un lieve sorriso. «Cos'era successo?» Sospiro. Ci siamo. «Quando ho controllato il telefono quella mattina c'erano dei messaggi di Cap. Una marea. Beth... era in ospedale.» Carl sgrana gli occhi. «Beth?» So che posso fidarmi di lei. E so che non farebbe mai nulla per tradire la mia fiducia. Eppure mi sono tenuto tutto dentro per così tanto tempo che la mia bocca si rifiuta fisicamente di pronunciare queste parole. «Ha cercato di uccidersi.» La mia voce è un sussurro, sono sorpreso dall'emozione che ancora vi percepisco. Fa ancora male ripensare a Bits in quello stato. «Dio, Tuck» è tutto ciò che riesce a dire lei. Deve aver capito quanto mi sconvolga questo ricordo, perché mi stringe forte a sé. «Già» mormoro. I minuti passano così, nessuno dei due si muove. Che bella sensazione. Starle così vicino. Come se fosse proprio questo il mio posto. «Non me ne sarei andato, Carl. Ma Cap era fuori di sé, e Bits...» «Shhh» cerca di calmarmi lei. «Mi ha chiesto di non dirlo a nessuno. Così non ho potuto dirti perché dovevo...» «Tuck, è tutto a posto. Lo capisco.» Ma certo. Sa quanto sia importante la famiglia di Cap per me. Ed è una delle poche persone che sanno la verità su mio padre, quanto sia stata dura per me. Sollevo la testa quel tanto per incontrare il suo sguardo. «Però mi dispiace. Lo sai, vero?» Lei respinge le mie scuse... come se le ritenesse superflue e quindi fosse inutile accettarle. Sorrido impercettibilmente. Che testarda, la mia ragazza. «Quel bastardo di Brian Falco.» Pronuncia il suo nome con evidente disgusto. «Già. Ma sai, c'era ben altro. Lui può essere stato la causa scatenante, ma... non fai una cosa del genere solo per un ragazzo.» Carl non mi chiede di spiegare, e gliene sono grato. Sono affari di Bits e Cap, e quel coglione di suo padre e i problemi di famiglia non c'entrano nulla adesso, in questo letto, con questa splendida ragazza. Faccio scorrere le labbra delicatamente dal suo orecchio, lungo la mandibola, finché non raggiungo le sue. Siamo ancora tutti e due nudi e muoio dalla voglia di entrare dentro di lei. La sua bocca si schiude per me e il nostro bacio si fa più profondo, finché non restiamo senza fiato. Le sue gambe mi avvolgono i fianchi a mo' d'invito. Mi allontano per alzarmi dal letto. «Tuck...» «Sì, principessa?» «C'è un'altra cosa che devo dirti. Ho iniziato a prendere la pillola un mese fa.» Mi irrigidisco, gli occhi spalancati e il cuore che mi martella nel petto. Sa già che ho fatto le analisi per l'inizio della stagione di lacrosse. Tutto è cominciato durante una delle nostre solite liti senza senso, quando pensava che ci avessi provato con una a una festa. Ha finito per darmi del "puttano" – a ben poco è servito informarla che non ero più andato a letto con nessun'altra dopo la nostra prima volta – e dirmi che non mi avrebbe più toccato con un dito se non avessi fatto il test. Pensavo scherzasse, ma una settimana dopo mi ha chiesto se avevo ritirato il referto. Così ho fatto il test. Perché quando l'unica ragazza con cui vuoi scopare pone delle condizioni al raggiungimento del tuo scopo, le accetti. E poi non avevo mai fatto sesso senza preservativo, quindi sapevo di andare sul sicuro. Non avevamo parlato dell'eventualità che prendesse la pillola. Se lo fa, e ha deciso di dirmelo... «Cosa mi stai dicendo principessa?» Non voglio dare niente per scontato, ma il mio cervello di maschio non può fare a meno di andare a parare lì, e il pensiero di avere libero accesso al suo corpo mi scatena un'erezione talmente devastante che credo l'uccello mi si staccherà per fiondarsi direttamente dentro di lei. E non potrei proprio dargli torto. «Sto dicendo che non c'è bisogno che tu prenda un preservativo.» Cazzo. Sì. Ma quello non era l'unico motivo per cui mi sono alzato. Le sorrido. Vado lo stesso in bagno. «Dove stai andando?» piagnucola lei. «Pazienza, principessa.» Prendo le due candele che l'albergo ha lasciato accanto alla vasca, e Carl mi osserva con sospetto mentre le accendo e le sistemo sui comodini. Poi prendo le violette che hanno portato ieri con il servizio in camera e strappo i petali. Li cospargo sul letto attorno a lei. La coglie una risata irrefrenabile. «Che stai facendo?» Torno sopra di lei, assaporando il suono della sua ilarità. Voglio sentire questa risata ogni giorno della mia vita. «Petali e candele per la mia principessa» mormoro, e le poso le labbra sulla gola. I suoi risolini si trasformano all'istante in gemiti. Percorro tutto il suo corpo con le labbra, dicendo mentalmente al mio uccello che dovrà aspettare ancora un po', ma questa volta non arrivo sino in fondo. Aspetto di sentirla ansimare e contorcersi per poi posizionarmi sopra di lei. Mi fissa, gli occhi di giada che praticamente gridano il loro amore per me, e io lo assorbo come un uomo affamato. Entro lentamente, come se fosse la sua prima volta, e scelgo un ritmo lento e dolce. Adoro fare l'amore con lei. E mentre scivolo dentro e fuori dal suo corpo perfetto, il mio peso che la inchioda sotto di me, i suoi arti che mi cingono e mi trattengono come una morsa, mi sento completo. E mentre le mie spinte aumentano di potenza e ritmo, mentre geme pronunciando il mio nome, riesco solo a pensare che è mia, e io sono suo, e a soli diciotto anni sono a posto. È questo ciò che voglio, e lo voglio con lei, e non vorrò mai più nient'altro. Carl si contrae sotto di me, e mentre la colmo di me stesso per la prima volta, non riesco a non provare il piacere primitivo della rivendicazione. Mia. Facciamo l'amore una seconda volta e ancora non mostriamo la minima intenzione di lasciare questo letto. La mia sensuale sveglia mattutina comincia finalmente a mostrare i suoi effetti, e dopo il terzo sbadiglio di Carl propongo di cercare di dormire un po', e la stringo a me. Ma dieci minuti dopo è ancora sveglia, gli occhi fissi sulla lama di luce che penetra dalle tende. «Principessa?» Non si muove. «Mmm?» «A che cosa stai pensando, a Rory?» tiro a indovinare. Lei scuote il capo lievemente. «A dir la verità, pensavo a Beth» mormora. Mi sposto per guardarla negli occhi. Adesso che le ho raccontato la verità, sento di essermi tolto un peso, proprio come quando le ho raccontato del suicidio di mio padre. È confortante avere qualcuno di cui fidarsi ciecamente. Qualcuno cui raccontare i tuoi segreti più strazianti... qualcuno con cui desideri confidarti, anche solo perché questa persona conosca un altro pezzetto di te. Ed è gratificante sapere che non solo non tradirà mai la mia fiducia, ma che farà altrettanto con me. Perché so bene che Carl mi mostra parti di sé che tiene nascoste a chiunque altro. Credo che lo abbia sempre fatto. «Adesso sta molto meglio» la rassicuro, e lei annuisce vagamente. «So che hai detto che in realtà non lo ha fatto per Brian Falco, ma non posso fare a meno di pensare che se lui ci fosse andato più cauto con lei... o meglio ancora, se lei non lo avesse mai conosciuto...» Si interrompe. «L'ho pensato anch'io» ammetto. «Cioè, quello stronzo ha parecchie colpe. Ma quello che ha fatto Beth quella sera non è una di queste... non del tutto, comunque. Un sacco di ragazze vengono scaricate, principessa. Ma non tutte buttano giù un flacone intero di sonniferi.» L'angoscia nella mia voce è palpabile, perché non posso fare a meno di pensare a mio padre, che ha scelto un modo simile per mettere fine alla sua vita. «Stava affrontando altri problemi, da molto tempo, e quando è arrivato Falco e le ha rivolto tutte quelle attenzioni, l'ha distratta, capisci? Le altre questioni c'erano ancora, ma Falco la rendeva felice, e nascondeva il resto. Quando le ha portato via anche questo, lasciandole il cuore spezzato... è stato troppo per lei.» L'empatia di Carl è evidente dalla sua fronte corrugata. Le vuole bene. E io la amo ancora di più per questo. Mi fa venire voglia di continuare a parlare, di raccontarle tutto ciò che ancora non sa. «È stato lo stesso con mio padre. Ha sempre avuto dei problemi. Finiva in queste fasi depressive senza una ragione. Ma riusciva a gestirle, sai? Era bravo al college, poi ha guadagnato un sacco di soldi, che non comprano la felicità, okay, ma di certo rendono tutto più facile.» Carl abbassa lo sguardo, e io credo che si vergogni. Ma non era mia intenzione colpevolizzarla perché è nata in una famiglia agiata. Le sollevo il mento. «Ehi.» Mi guarda. «Credi che non sappia che vorresti che tua madre pensasse di più a te che agli abiti firmati? Che bruceresti la gigantesca casa in cui vivi se questo significasse avere tuo padre al tuo fianco?» Carl si mordicchia il labbro, non dice niente. Ma non ho bisogno delle parole. Mi ha già dato abbastanza. Si è lamentata con me dei commenti sarcastici e delle critiche sprezzanti di sua madre. Si è confidata con me su suo padre... non molto, ma abbastanza per farmi sapere cosa prova. Che risente dei suoi continui viaggi di lavoro, e io giuro in silenzio che non diventerò mai quel tipo d'uomo. Che metterò sempre la famiglia al primo posto... Carl al primo posto. «Quando gli affari di mio padre andavano bene, riusciva a cancellare i suoi problemi spendendo... sai, comprava gioielli a mia madre e giocattoli costosi per me, biglietti per le partite dei Knicks... stronzate simili. Credo che lo facesse per sentirsi più appagato. Come se quella fosse la sua idea di capo famiglia, e finché avesse rispettato a quel ruolo sarebbe riuscito a gestire i periodi critici.» Faccio un respiro profondo, sostenendo lo sguardo di Carl, per assicurarmi che sia ancora con me. «Poi l'economia è crollata, e in un batter d'occhio era tutto finito. Cioè, era un consulente finanziario, e metà dei suoi clienti era andata in bancarotta nel giro di poche settimane, così gli affari sono andati a puttane. Io ero ancora piccolo, ma ricordo tutto. Sembrava di vivere in un'altra casa. D'un tratto era in uno stato di panico costante, e si percepiva, sai? Come se fossimo tutti sotto stress. «Quando alla fine ha dovuto chiudere, ho pensato che le cose si sarebbero calmate...» Mi interrompo, ricordando le urla attutite dietro la porta chiusa della camera dei miei, i singhiozzi isterici di mia madre. Ricordo il momento in cui ho capito cos'era successo. La mia rabbia. Il mio disprezzo per qualcuno che non conoscevo nemmeno, ma che odiavo con ogni fibra del mio essere. Le dita di Carl mi sfiorano delicatamente la barba e la mia rabbia si attenua parzialmente. La mia voce è più bassa, tesa quando le dico: «Pensavo che avrebbe iniziato una nuova attività. O che si sarebbe trovato un altro lavoro. Che avrebbe tirato avanti con i risparmi, nel frattempo, e roba così. Non conoscevo i dettagli, ma sapevo di avere un fondo per il college, e ricordo di aver pensato di dir loro di usarlo. Che avrei ottenuto una borsa di studio sportiva, che non avevano motivo di preoccuparsi». «Tuck» sussurra lei, e sento che soffre per me, e questo mi aiuta ancora di più. «Ma è saltato fuori che mi sbagliavo. Non avevo un fondo per il college. Non più.» Le sopracciglia sottili di Carl si incontrano, ma mi fissa senza battere ciglio. «Mio padre lo aveva investito. Con un broker molto in gamba. O così sembrava. Ma quando il mercato è crollato, il tizio non è riuscito a restituire i soldi, e si è scoperto che non li aveva investiti affatto. O ne aveva investito una parte, ma l'aveva persa, e poi aveva mentito... Non so bene come sia andata. Ma lo ha fatto con un sacco di gente.» Gli occhi di Carl brillano di lacrime. Evidentemente capisce dove sto andando a parare... che quel pezzo di merda che si è fregato fino all'ultimo centesimo della mia famiglia è stato il detonatore di mio padre. Il suo Brian Falco. E mio padre è morto. E anche se so che tecnicamente giustizia è stata fatta, quel bastardo non è mai stato punito per questo. Faccio scivolare il palmo della mano sul collo di Carl, cercando di restituire il favore e alleviare la tensione che la mia storia ha causato. Ma lei è tesa e ansiosa, e mi chiedo se non dovrei smettere di parlare. Ma so che ha già capito, così tanto vale che lo dica. «Mio padre non riusciva a sopportare di vivere così. Elemosinare prestiti per pagare le bollette ogni mese. Le lettere di sollecito, le minacce di pignoramento. Sì, aveva già avuto dei problemi prima, ma lo stress di tutta questa storia... comunque, se non fosse stato per Stanley, mio padre forse sarebbe ancora vivo. Quel pezzo di merda lo ha ucciso.» Non nascondo la mia ostilità. Non voglio più nasconderla a Carl, mai più. «E sai una cosa, non ha mai pagato per questo. Certo, è in prigione, e hanno recuperato parte dei soldi rubati, ma quel poco che abbiamo riavuto è stato a malapena sufficiente per pagare qualche bolletta arretrata, ed è arrivato troppo tardi. Mio padre era già morto. Quel bastardo merita di peggio della prigione. Merita di soffrire come ha sofferto mio padre. La sua famiglia merita di soffrire come è successo a noi. Come succede a noi.» Carl fa una smorfia come se le mie parole la lacerassero, e mi fermo per respirare e calmarmi. È difficile non scaldarsi quando parlo dell'uomo che ha rovinato la mia famiglia. Mi chiedo se si sia almeno reso conto delle conseguenze delle proprie azioni... «E non abbiamo nemmeno potuto prendergli una lapide come si deve per colpa di quel bastardo» le dico. «Mio padre aveva sempre amato l'acqua – laghi e cose del genere – e il Beth Moses Cemetery ha questo piccolo stagno, ma i lotti lì vicino erano troppo costosi. Questo ha distrutto mia madre: dover scegliere tra una bella lapide e un posto vicino all'acqua perché non potevamo permetterci entrambi. Mia madre si è torturata per giorni ma... sapevo che lui avrebbe voluto stare lì, vicino all'acqua.» «L'acqua trasmette un senso di pace» dice Carl tremando, deglutendo a fatica l'emozione che le blocca la gola. «Sì. Però detesto la lapide che abbiamo scelto. La più piccola, del materiale più economico. È solo una lastra di pietra. Me ne pento ogni volta che vado al cimitero. Ma poi guardo l'acqua...» Mi interrompo. Parlare di mio padre mi spinge a interrogarmi di nuovo su quello di Carl, e voglio darle l'opportunità di contraccambiare la confidenza... svelare una di quelle carte che si tiene tanto strette al petto. Non è che voglia ficcare il naso, ma vorrei che sentisse di potersi aprire con me. Ma da come i suoi occhi di giada si riempiono di lacrime, capisco che adesso non è il momento. Deve ancora metabolizzare tutto quello che le ho confidato. Le poso un dolce bacio sulla tempia e decido di cambiare argomento. «Tuck...» La voce di Carl è fragile ed esitante. Ma il mio telefono vibra prima che possa continuare e credo che entrambi accogliamo con sollievo la distrazione mentre mi allungo oltre la sua spalla per prenderlo dal comodino.

E comunque non voglio più pensare al passato.

Ruin me. Ogni volta che mi spezzi il cuore - Danielle PearlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora